«Il Patto di sviluppo del Veneto? Non parla di Porto Marghera»

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«Se uno pensa in una regione come il Veneto di parlare di industrializzazione e salta Porto Marghera, sta parlando di farfalle. Non sta parlando di cosa fare concretamente». È questo il giudizio espresso in merito al Patto di Sviluppo per il Veneto, il documento per rilanciare l\’economia della regione oltre la crisi, voluto dal governatore Luca Zaia e firmato solo dalla Cisl e non da Uil e Cgil. «C\’è un piccolo particolare nel documento – ha detto Susanna Camusso -: che manca Porto Marghera.
È di sicuro un particolare significativo». Secondo la segretaria della Cgil «non si può continuare ad avere un doppio binario, in particolare quando si ha un presidente di Regione della Lega che è quello che dopo aver spiegato per anni l'importanza di fare il federalismo, poi, quando si affrontano i problemi, questi sono sempre dello Stato nazionale e non ci sono mai, invece, le risorse, le responsabilità e le scelte locali. Invece il tema molto importante per il nostro Paese – ha precisato – è come si costruisce un concorso tra ciò che deve fare in termini di investimento pubblico il Paese, lo Stato, la Cassa Depositi e Prestiti, ma anche ciò che dovrebbero fare le amministrazioni locali, a partire dalle Regioni».

È la prima volta che Susanna Camusso, da quando è segretario della Cgil, attraversa i cancelli del Petrolchimico di Porto Marghera per partecipare al direttivo dei delegati e lancia un messaggio chiaro. «Un'area come quella di Porto Marghera – dice – deve avere una prospettiva industriale. Non si può immaginare di fare tabula rasa di quello che c'è e magari ci facciamo una spiaggia perchè, questa logica, determina il declino del paese». Porto Marghera è considerato il centro nevralgico della crisi in Veneto, una regione che, stando ai dati diffusi dalla segreteria locale del sindacato, presentava un tasso di disoccupazione del 3%, oggi salito al 7%, mentre la quota di disoccupazione giovanile ha superato il 20%. Oltre 80 mila lavoratori sono stati espulsi dal lavoro; 152 mila sono invece i disoccupati e altrettanti o giovani che non studiano e non lavorano. Il dato di Venezia è peggiore di quello del Nordest e nazionale (-4,8% dei lavoratori e -6,9% giovani under 25 tra il 2009 e il 2010).

Per cambiare rotta Susanna Camusso propone di partire dalle «forze che ci sono. Questo è un territorio nel quale sono insediate le grandi imprese, i cosiddetti 'campioni nazionali', quelli che hanno anche profitti e tecnologie. Quindi si parta da quali investimenti, quali innovazioni posso costruire questi gruppi e su questo – confida – si costruisca un'idea industriale innovativa per questo territorio». Perchè, ribadisce la segretaria confederale, «nessun rilancio industriale seriamente può prescindere dalle grandi filiere industriali che sono quella chimica e meccanica. Tra l'altro l' Eni – puntualizza – è un grande gruppo che è assolutamente in grado di diversificare e il cui abbandono della chimica ha determinato per l'Italia molti guai e non delle possibilità».

Parlando di porto Marghera, Susanna Camusso ha posto la questione del rilancio dell'area e «cessi il processo, ampiamente diffuso, di progressiva desertificazione e declino. In questo, – evidenzia – volendo contrastare due culture che sono sempre presenti: una pò semplicistica e cioè che si può chiudere l'industria per dedicarsi al turismo e quali chissà altre attività, immaginandosi un paese che non c'è e non ci può essere. Dall'altro l'idea – conclude – avuta per tanti anni che quello del Nordest è l'unico modello di riferimento: è solo la somma della piccola impresa, degli artigiani che determina un modello di sviluppo di una regione complessa, di un paese complesso come il nostro. Bisogna partire dai grandi campioni industriali o dalle grandi aziende partecipate, da chi ha le competenze, la ricerca e le risorse per decidere quali investimenti fare nel nostro paese».

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