Cleto Sagripanti, Assocalzaturifici: “Il divario con il mercato interno si sta trasformando in un baratro”

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Il termometro congiunturale del settore calzaturiero italiano fa segnare una lieve crescita per i primi nove mesi del 2013, ma la forbice tra i mercati continua ad allargarsi e tra la domanda interna e quella estera si è aperta ormai una voragine. Mentre molti mercati esteri recuperano le perdite del 2012 e confermano, soprattutto nel terzo trimestre, i segnali di ripresa dell’economia mondiale, sul fronte interno è avvenuto un vero e proprio crollo dei consumi, segno che la ormai prolungata crisi si fa sentire su molte fasce della popolazione e non soltanto sui ceti più poveri. La situazione descritta nell’indagine dell’ufficio studi di Assocalzaturifici, l’Associazione che rappresenta i calzaturifici italiani – che, come ogni anno, ha promosso una rilevazione sulle proprie aziende associate – ha confermato come la congiuntura del settore calzaturiero abbia ancora molte luci “estere” e molte ombre “interne”.
LA PRODUZIONE A +2,9% IN VALORE E +1,4% IN QUANTITÀ (NEI PRIMI 9 MESI 2013)
La produzione delle aziende calzaturiere torna a crescere grazie anche ad una accelerazione nel terzo trimestre dell’anno che ha permesso di avere una variazione positiva non solo in valore (come già rilevato nel primo semestre), ma anche in volume. L’incremento medio della produzione nei primi 9 mesi del 2013 risulta dell’1,4% in quantità e del 2,9% in valore.
“Si tratta comunque di un recupero molto parziale e conseguito rispetto a bassi livelli di partenza, che – se anche trovasse conferma nei risultati dell’ultimo trimestre – non permetterà di compensare neppure la flessione evidenziatasi a consuntivo 2012 (che chiuse con un -4,4%, pari a oltre 9 milioni di paia prodotte in meno, rispetto al 2011) – spiega Cleto Sagripanti, presidente di Assocalzaturifici. Ciononostante è un segnale della vitalità delle aziende calzaturiere italiane che non sono state a guardare, ma che si sono guadagnate spazio sui mercati internazionali conquistando ogni possibile opportunità di crescita”.
LE IMPRESE CHE TRAINANO: LE MULTINAZIONALI TASCABILI
Anche sul fronte della crescita della produzione però, la situazione è disomogenea: il 47% del campione ha sperimentato nei primi 9 mesi una contrazione, che per il 23% dei casi si è rivelata superiore al 5%. A queste si contrappone un 35% dei rispondenti che invece ha dichiarato un aumento dei volumi realizzati e, tra questi, sono soprattutto le imprese più grandi ad avere le migliori perfomance.
“Le aziende più grandi – chiarisce il presidente Sagripanti – hanno avuto la possibilità di differenziare meglio i propri mercati, rendendosi più impermeabili alle tempeste congiunturali che colpiscono i singoli Paesi. Sono delle vere e proprie multinazionali tascabili che hanno saputo prima delle altre cogliere i segnali di ripresa. Le imprese meno grandi, e soprattutto quelle ancora troppo focalizzate sul mercato interno, continuano a soffrire”.
TUTTE LE AREE EXPORT IN CRESCITA CON POCHE ECCEZIONI: +4,4% IN VALORE
I dati elaborati da Assocalzaturifici mettono in evidenza che l’export nei primi nove mesi dell’anno è cresciuto del 4,4% in valore e dell’1,5% in volume, facendo raggiungere un nuovo record di valore esportato con circa 6,3 miliardi di euro per 173,5 milioni di paia vendute oltre confine.
Sei calzature su dieci dirette all’estero sono scarpe con tomaio in pelle (+4,5% in valore e -0,2% in volume), che rappresentano l’83% del fatturato.
L’Unione Europea, dove vendiamo 7 scarpe su 10, sebbene di segno positivo mostra però incrementi inferiori alla media (+1,2% in valore, registrando un +0,8% in volume). Tra i principali Paesi comunitari è cresciuta ulteriormente la Francia (+8,6% in valore), che ha rafforzato così il primato tra i nostri mercati di sbocco; stenta ancora invece la Germania (+0,2% in valore, -1,5% in volume); male Paesi Bassi e Spagna (-8,5% e -9% rispettivamente). Il Regno Unito cresce solo in valore (+4,2%).
Ma è sui mercati extra-UE (+8,3% nel complesso, con un +3,2% in quantità) che si sono evidenziate le performance più favorevoli: hanno trovato conferma il recupero negli Stati Uniti e in Canada (+4,2% e +13% rispettivamente in valore) e, soprattutto, l’espansione in Russia, Kazakistan e Ucraina (+10,5%, +9,1% e +7,9%) e sui mercati del Far East (+11,8% globalmente). Tra questi ultimi, in aumento del 25,2% la Cina e del 12% la Corea del Sud.
SALDO COMMERCIALE CRESCE A DUE CIFRE: +10,6%
Le importazioni di calzature sono in frenata anche nel 2013: -0,2% quantità e -1,5% valore, con un ulteriore decremento dell’1,3% nei prezzi medi rispetto a gennaio/settembre 2012. Questo, insieme alla crescita dell’export, ha favorito l’aumento del saldo commerciale: l’attivo è salito a 3.262 milioni di euro nei primi 9 mesi, con un +10,6% sull’analogo periodo 2012.
CONSUMI INTERNI: -4,8% IN QUANTITÀ NONOSTANTE GLI SCONTI
I consumi, nei primi nove mesi del 2013, si sono ridotti del 4,8% in volume e del 7,1% in valore, segno di un ulteriore abbassamento dei prezzi medi dovuto principalmente a due fattori. I consumatori sono più attenti a quello che acquistano e la domanda si è spostata verso un prodotto con un rapporto qualità/prezzo più favorevole, ma allo stesso tempo, il sistema distributivo ha dovuto “rincorrere il consumatore” con politiche di sconto aggressive.
“Il dettaglio tradizionale – spiega ancora il presidente Sagripanti – risulta tra i canali distributivi più colpiti dalla crisi, con cali a doppia cifra nei negozi specializzati in calzature. Se ciò non bastasse sconti/svendite/saldi incidono oltre il 50% sulle vendite complessive, per l’aumento delle promozioni durante tutto il corso dell’anno e non solo nel canonico periodo dei saldi. Questa sofferenza ci preoccupa perché la distribuzione specializzata italiana rappresenta un anello importante della nostra filiera e uno sbocco ancora rilevante per molte delle nostre aziende. Inoltre le difficoltà del dettaglio si traducono spesso in ritardi di pagamento e piccoli default nei crediti che finiscono per minare il sistema finanziario della intera filiera, trasmettendosi da cliente a fornitore, da valle fino a monte”.
SENZA UNA VERA RIPRESA GENERALIZZATA, SOFFRE L’OCCUPAZIONE
I primi 9 mesi 2013 registrano infatti la perdita di 1.455 posti di lavoro rispetto a dicembre 2012 (-1,8%) e un saldo negativo nel numero di calzaturifici pari a 142 unità (-2,7%), tra industria e artigianato.
“È indubbio – continua il presidente – che senza una ripresa che parta anche dal mercato interno e che cambi strutturalmente le condizioni di competitività delle imprese italiane, con regole nuove e certe, sarà difficile che il settore possa generare in modo sistematico occupazione. Un piccolo passo avanti Assocalzaturifici lo ha fatto, in collaborazione con i sindacati, con il rinnovo del contratto di lavoro di alcune settimane fa. Abbiamo costruito un’intesa basata sulla revisione di vari istituti contrattuali quali l’apprendistato, l’inquadramento, il sistema di orari per maggior flessibilità, le modalità diverse nel godimento delle ferie e le modalità di contrattazione di secondo livello nelle aziende e nelle situazioni territoriali di filiera. Siamo infatti convinti che il sistema calzaturiero debba essere posto nelle migliori condizioni per competere e consolidare aziende e posti di lavoro, adattandosi alle nuove condizioni del mercato e potenziando i nostri vantaggi competitivi basati sull’artigianalità e la professionalità dei nostri collaboratori”.

LE PREVISIONI: ANDAMENTO DUALE DEI MERCATI E LA VERA RIPRESA ANCORA NON SI VEDE
Le attese per la prima metà del 2014 sono per un perdurare dell’attuale situazione. Risultano ancora maggioritarie, per il primo semestre del prossimo anno, le previsioni di un incremento degli ordini da parte delle imprese intervistate, ma ben il 38% si attende un decremento della produzione. Le raccolte ordini saranno più penalizzanti per il mercato interno rispetto a quello estero, come nel 2013.
“Ancora una volta – spiega Cleto Sagripanti – la congiuntura presenta luci ed ombre: alla grande intraprendenza delle nostre aziende sui mercati esteri più lontani si contrappone un mercato interno in crollo verticale e un mercato europeo che, pur crescendo, perde il passo di fronte ai mercati più lontani. Ormai nel nostro settore non basta più esportare ed esportare in più Paesi: occorre realmente essere globali, vendere quasi ovunque e strutturarsi come piccole multinazionali della calzatura italiana”.
“Per fare questo – conclude il presidente di Assocalzaturifici – occorre però risolvere un altro dei problemi strutturali del nostro Paese oltre a quello del costo del lavoro e del cuneo fiscale: l’accesso al credito. Il 39% dei rispondenti alla nostra indagine ha denunciato un aggravio delle garanzie richieste per ottenere un credito, il 42% la crescita dei tassi di prestito applicati e ben il 58% l’aumento dei costi di gestione, ovvero delle commissioni richieste dagli Istituti bancari. Se a questo si aggiunge il problema degli insoluti e dei ritardati pagamenti, si capisce come la disponibilità di credito diventa il primo vincolo alla crescita delle aziende italiane e quindi il primo vincolo all’internazionalizzazione”.

Per approfondimenti: http://static.contactlab.it/anci/pbc/economics-6-2013.html

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