Creare valore per gli stakeholder guidati da un nuovo spirito di cooperazione e fraternità

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Economia sì, ma che sia civile. È questo il binomio che si sta imponendo per un business che mantenga competitività e valore ma al contempo sia in grado di rispondere agli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 e, soprattutto, recuperi la centralità dell’uomo come forza ed energia imprescindibile per crescere e crescere bene. 
È il concetto chiave su cui sta concentrando il suo lavoro di analisi e proposta, Fabio Storchi, dopo la recente nomina alla presidenza della sezione Ucid di Reggio Emilia. Storchi analizza le trasformazioni avvenute nel modo di fare economia e impresa nell’ultimo quarto di secolo, con l’imporsi del capitalismo finanziario globale. Le conseguenze del sovvertimento di alcuni principi storici ha generato «un modello di crescita fondato su una sfrenata competizione volta esclusivamente ad un profitto, fine a stesso».
Un modello non più sostenibile, e neppure appetibile, per i tempi contemporanei,  in cui le crisi succedutesi nel primo ventennio del Duemila hanno reso evidente alcuni aspetti strategici per le imprese: «Innovazione è la parola salvifica, ma l’imprenditore non è in grado, da solo, di gestire l’intero processo di innovazione, ha sempre più bisogno di buoni collaboratori – premette Storchi -. Collaboratori che possano fornire anche un contributo di intelligenza, non solo esecutivo. C’è bisogno di forza non solo fisica, ma anche intellettuale condita di passione e cuore. Occorre creare valore condiviso, che permetta un continuo confronto e una visione che porti la persona al centro della vita aziendale».
Se ciò richiede ai lavoratori di «essere sempre più qualificati», per l’imprenditore è tempo di cambiare i paradigmi organizzativi e dirigersi verso una economia di comunione che realizzi un equilibrio tra le esigenze di innovazione e quelle di sostenibilità ambientale, economica e sociale».
È tempo, cioè, di «economia civile – sottolinea il presidente Storchi -. Un’economia che non disdegna il profitto ma lo rende giusto, fondandosi sulla cooperazione e la fraternità. Una dimensione in cui il mercato è pensato come luogo di mutuo vantaggio, la società come luogo di fioritura umana e personale, che ha come fine la promozione della felicità pubblica». Una realtà «inedita», la definisce il presidente, che si avvicina «alla razionale visione del “Fare insieme”», il monito che già nel 2016 Papa Francesco consegnò agli Imprenditori durante il Giubileo di Confindustria.

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