“In Italia, la questione della parità di genere rimane irrisolta, e ciò è percepito da gran parte della popolazione. Il 54% degli italiani ritiene che l’uguaglianza tra uomini e donne non sia stata raggiunta nel mondo lavorativo, il 58% la vede ancora lontana nelle imprese e il 61% nelle istituzioni politiche. Queste percentuali indicano una disparità percepita che è il doppio rispetto a quella dei Paesi scandinavi e ben superiore a quella di altre Nazioni europee come Germania e Regno Unito”. La riflessione è di Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A., che analizza il tema nel nuovo appuntamento della sua rubrica.
“La disuguaglianza di genere- spiega- si manifesta soprattutto nel settore lavorativo. Nonostante le leggi europee e nazionali che mirano a promuovere l’uguaglianza, il divario salariale persiste in molti ambiti. Nel 2023, il gender pay gap era di circa il 12%: le donne guadagnano il 12% in meno rispetto agli uomini per lo stesso lavoro o per mansioni simili. Le cause di questa disparità sono diverse. Le donne tendono a concentrarsi in settori meno remunerativi come assistenza, educazione e servizi, mentre gli uomini prevalgono in quelli più redditizi come ingegneria e tecnologia. Inoltre, le donne accedono meno frequentemente a ruoli dirigenziali, dove le retribuzioni sono più alte. Le interruzioni di carriera dovute alla cura della famiglia, più comuni tra le donne, riducono le opportunità di avanzamento. Infine, le donne lavorano spesso con contratti part-time, che generalmente prevedono una retribuzione oraria inferiore rispetto ai contratti a tempo pieno”.
“È evidente- prosegue Livolsi- che l’occupazione femminile aumenta in presenza di politiche di supporto alla famiglia. Tuttavia, in Italia, la spesa pubblica per famiglie e infanzia è tra le più basse in Europa, come evidenziato dall’Unione europea. Questa carenza di sostegno influisce negativamente anche sulla natalità, che continua a diminuire. Al 1° gennaio 2024, la popolazione italiana (pari a 58.990.000 unità) è scesa di 7.000 unità rispetto all’anno precedente, confermando una tendenza demografica negativa già osservata nel 2022. Il governo Meloni, con la manovra 2025, punta a rafforzare il sostegno alle famiglie numerose, incrementando l’assegno unico e introducendo nuove detrazioni fiscali per spese legate all’istruzione, allo sport e ai trasporti. Si sta considerando anche l’esclusione dell’assegno unico dal calcolo dell’Isee per le famiglie con più figli, per semplificare l’accesso ad ulteriori agevolazioni”.
“Tuttavia- aggiunge- sono necessari interventi mirati per affrontare direttamente il problema della disparità di genere nel lavoro. Un primo passo è quello di sfruttare meglio gli strumenti già esistenti, come la certificazione di genere (Uni/PdR 125), che promuove l’equità nelle imprese. Aumentare il numero di aziende che adottano questa certificazione potrebbe favorire un maggiore equilibrio”.
“Un’altra misura cruciale- scrive ancora Livolsi- riguarda il potenziamento dei servizi per le famiglie, come asili nido, scuole a tempo pieno e incentivi fiscali per l’assunzione di colf, badanti e baby-sitter. Occorrono incentivi per favorire un’occupazione femminile più stabile e ben remunerata. Attualmente, una donna su cinque abbandona il lavoro dopo la nascita del primo figlio, spesso a causa di contratti precari o salari più bassi rispetto al partner. La direttiva Ue, che l’Italia dovrà recepire entro giugno 2026, potrebbe rappresentare un’occasione per ridurre questo divario, garantendo una maggiore equità salariale e migliori condizioni lavorative per le donne. Nella mia esperienza come consulente in economia e docente universitario, ho osservato che le donne, oltre a rappresentare una risorsa indispensabile, sono spesso più propense a esplorare nuove opportunità, come lavorare all’estero, e dimostrano grande spirito di iniziativa. Le nuove generazioni di donne non hanno nulla di diverso dai loro coetanei maschi. Il raggiungimento della parità salariale porterà benefici all’intera nazione ed il contributo delle donne è essenziale per affrontare le sfide future. Senza una maggiore partecipazione femminile nel mondo del lavoro, sarà difficile stimolare la natalità, mantenere sostenibile il sistema pensionistico o favorire la crescita economica”.
“Il Paese- conclude- si trova di fronte a una scelta cruciale: da un lato, un modello di società in cui poche donne lavorano, la produttività è bassa e la ricchezza diminuisce; dall’altro, una realtà in cui le donne sono attivamente coinvolte nel mercato del lavoro, facendo crescere la produttività e permettendo il potenziamento dei servizi pubblici”.