Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani ricorda le figure di Aldo Moro e Peppino Impastato, scomparse il 9 maggio del 1978 e accomunate dall’integrità morale e dalla tenace difesa della responsabilità civile. Entrambe le figure, seppure su fronti diversi, incarnarono l’ideale della ricerca di ciò che è giusto e della libertà kantiana.
Entrambi furono iniquamente oggetto di accuse plateali e macchinazioni indegne (Impastato) o meschine insinuazioni (Moro), che, ordite ad arte, servivano per dividere l’opinione pubblica o intaccare la credibilità di due uomini coraggiosi.
Entrambi, ancora, morirono per mano di organizzazioni criminali, il cui scopo era sovvertire la democrazia e ingenerare panico e spirito di subalternità nei cittadini. Entrambi avrebbero potuto incontrare una sorte più benevola, se solo fosse stato manifestato da parte di tutte le forze in campo maggiore sostegno e responsabilità. Entrambi rimangono nei cuori dei cittadini per l’onestà intellettuale e l’amore che nutrivano nei confronti del loro Paese.
Entrambi sono simbolo di una tensione civica che oggi andrebbe rinnovata e corroborata proprio da parte dei più giovani; in una società che insegue il benessere economico come prova “ontologia” del successo personale bisognerebbe ritrovare nella cultura e nell’appartenenza alla propria comunità le ragioni del riscatto e della realizzazione del sé. Dalle aule scolastiche, proprio dagli studenti, dovrebbero ritornare a diffondersi l’entusiasmo e l’interesse per le problematiche sociali, per il futuro, per un esercizio consapevole dei propri diritti – doveri di cittadinanza e soprattutto la passione per il dibattito costruttivo e per la discussione di soluzioni alle emergenze sociali. La scuola dovrebbe tornare a costituire il cuore pulsante di scambi, idee, progettualità, come probabilmente accadeva in misura maggiore in passato; ecco perché la formazione dei futuri cittadini non dovrebbe più essere bersaglio di scelte politiche nefaste e tagli indiscriminati.
Occorrerebbe una scuola a tempo pieno, soprattutto nelle realtà territoriali più degradate e disagiate per veicolare messaggi improntati alla consapevolezza della responsabilità civile e all’esercizio del libero pensiero.
Oggi i giovani non dispongono degli strumenti necessari per interpretare fenomeni complessi e in evoluzione come quelli della mafia e del terrorismo; molte volte l’esigenza di completare il programma diventa prioritaria rispetto ad aspetti che sono invece fondamentali per l’affinamento del senso critico e della coscienza civile. Per comprendere realtà così complesse non occorrono necessariamente convegni e seminari con relatori blasonati e autoreferenziali, ma sarebbe più costruttivo lo scambio dialettico tra gli studenti e gli esperti convocati. La forbice tra mondo esterno e istituti scolastici deve essere ridimensionata: i giovani hanno necessità di interrogarsi e interrogare gli adulti sugli eventi storici e i fatti sociali del nostro Paese. Progetti e attività didattiche non siano condotti in maniera compulsiva, ma selezionati in funzione della crescita culturale e umana degli studenti. “Amici dell’umanità… non contestate alla ragione ciò che fa di essa il bene più alto sulla terra: il privilegio di essere l’ultima pietra di paragone della verità.” (Immanuel Kant)
Romano Pesavento