Agricoltura: 6° censimento in FVG aziende in calo

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Conferma della tendenza alla progressiva riduzione del numero delle aziende e, anche se meno marcata, della superficie agricola. In un contesto in cui le imprese agricole che continuano ad operare sul mercato in ogni caso si rinforzano, sia in termini di ettari utilizzati che, in campo zootecnico, per numero di capi allevati.
Sono questi gli aspetti principali che emergono dalla lettura del 6° Censimento generale dell'Agricoltura in Friuli Venezia Giulia, curato dal Servizio statistica e Affari generali della direzione centrale Finanze, Patrimonio e Programmazione della Regione, con la collaborazione dell'ISTAT, e illustrato oggi a Trieste dagli assessori Sandra Savino e Claudio Violino. Dall'indagine, che si è protratta per quasi cinque mesi ed ha coinvolto 170 rilevatori, sono risultate attive 22.327 aziende, un terzo in meno rispetto alle censimento del 2000. Ma non altrettanto marcata è la riduzione della superficie, calata del 7,6 per cento. Si è dunque assistito ad un processo di concentrazione dei terreni, con un aumento della superficie media, che è passata da 7 a 10 ettari. Sono quindi sparite le aziende "fuori mercato", con una evoluzione peraltro in linea con la Politica Agricola Comunitaria (PAC) che mira a rafforzare il settore primario puntando su sinergie ed economie di scala.
Sotto il profilo dell'utilizzo, poco meno del 75 per cento della superficie è coltivata a seminativo (cereali, piante industriali e foraggiere). Tre aziende su dieci sono impegnate anche nel settore vitivinicolo: in dieci anni la superficie coltivata a vite è aumentata di mille ettari, anche se le imprese del settore sono calate del 46 per cento. Il 14 per cento delle aziende alleva bestiame destinato alla vendita. 3.160 in tutto gli allevamenti, con 90 mila bovini, 25 mila suini, 7 milioni di avicoli, 650 mila conigli, 15 mila tra ovini e caprini, 2 mila cavalli e 1.600 bufali. Sotto il profilo giuridico prevale comunque l'azienda familiare "la più flessibile", ma solo poco più di un quinto dei titolari ha meno di 50 anni di età. In questo quadro che, come ha sottolineato l'assessore alle Risorse agricole Violino, indica una certa "perdita di peso del comparto ma non una sua destrutturazione", capitolo a parte ha l'agricoltura di montagna, che ha registrato "un calo pauroso" (dal 2000 meno 41 per cento in termini di superficie, meno 46 per cento di aziende) divenendo progressivamente "una scelta di vita, non un'opzione economica", obbligando la Regione a pensare "ad interventi di natura sociale più che finanziari".

Quali le soluzioni possibili? "Escludere i finanziamenti pubblici a favore dell'agricoltura di montagna da quelli annoverati tra gli aiuti di Stato". La proposta, formulata a Bruxelles da diverse regioni "alpine", prevede di "attribuire alle imprese che operano in territori disagiati un ruolo per la protezione del territorio e per lo sviluppo di servizi complementari al turismo o alla difesa idrogeologica". "Sono dati importanti – ha rilevato l'assessore Savino – dalla cui analisi derivano indicazioni tecniche che ci fanno comprendere meglio quali siano tendenze del settore e in particolare le esigenze del territorio. I risultati (sebbene parziali) della programmazione 2007-2013 li abbiamo sotto gli occhi: per quanto riguarda la nuova programmazione comunitaria 2014-2020, faremo di tutto per difendere nel migliore dei modi le prerogative uniche della nostra Regione, partendo da un'analisi dei dati che ci consentirà di pianificare con maggiore precisione gli interventi futuri, in un orizzonte temporale a medio lungo termine". Una pianificazione necessaria per "aziende che devono competere in un mercato globalizzato", di cui sarà momento centrale la Terza Conferenza regionale sull'Agricoltura, che sarà programmata nei prossimi mesi.

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