Boom delle radiazioni per esportazione di automobili

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È boom di radiazioni per esportazione di automobili. Solo lo scorso anno oltre 700 mila veicoli hanno varcato il confine. Almeno sulla carta. Dietro alla crescita del fenomeno si celano infatti vari profili di illegalità, dal punto di vista fiscale, di responsabilità civile e ambientale. Un caso è quello della reimmatricolazione con targa estera: molte auto di lusso continuano di fatto a circolare sul territorio nazionale, evitando però il pagamento del superbollo, ostacolando la notifica delle multe e nascondendosi anche dagli occhi del redditometro. Non è tutto. Delle auto radiate per esportazione in alcuni casi si perde qualsiasi controllo: spesso queste non vengono più immatricolate nel paese estero, alimentando mercati illeciti di ricambi e approvvigionando centri di raccolta non autorizzati. Il grido di allarme arriva da ASSODEM, l’associazione di categoria degli autodemolitori che opera all’interno di FISE Unire/Confindustria.
Tutto passa dall’applicazione dell’articolo 103 del nuovo codice della strada. La richiesta di esportazione definitiva del veicolo all’estero può essere presentata prima che il veicolo sia trasferito e immatricolato all’estero o in un momento successivo, quando cioè il veicolo è già stato trasferito e immatricolato (con nuove targhe straniere) nel paese straniero. A inoltrare l’istanza può essere anche un soggetto proprietario ma non intestatario del veicolo. “Il fatto che venga consentito di radiare prima di esportare dà luogo però a numerose ricadute negative”, spiega a Anselmo Calò, Presidente ASSODEM, “la cancellazione dell’auto dal registro, senza la contestuale iscrizione in un Pra estero, fa entrare il veicolo in una sorta di limbo. Da quel momento si interrompe l'obbligo del pagamento della tassa automobilistica. Così come viene meno la tutela di eventuali terzi danneggiati dalla circolazione del mezzo, che non ha più un intestatario”.
Un’altra delle criticità segnalate da ASSODEM riguarda l’illecito smaltimento dei cosiddetti “end life vehicle”. “Secondo le nostre stime circa il 30-40% dei veicoli radiati per esportazioni non rientrano nella mobilità del paese di destinazione, ma finiscono per essere demoliti all’estero”, prosegue Calò, “questo avviene soprattutto nel Nord Africa e nell’Est europeo. È facile comprendere che in questo modo la normativa ambientale risulta completamente disattesa. Inoltre vengono mortificati, sia moralmente sia economicamente, tutti i centri di demolizione professionali italiani che hanno investito per essere in regola e per rispettare la salvaguardia ambientale. Ci troviamo davanti a un fenomeno di concorrenza sleale, ma le istituzioni fingono di non vedere un’evidenza che coinvolge tutti, in termine di sicurezza, di gettito erariale e di mercato”.
Un’ulteriore pratica riscontrata negli ultimi mesi dall’associazione vede invece effettuato il "saccheggio" dei pezzi dai veicoli radiati per esportazione direttamente in Italia. “Le auto vengono smontate in centri incontrollati da personale straniero”, commenta il presidente, “e i ricambi riutilizzabili sono successivamente esportati con fatturazioni di comodo, mentre le carcasse finiscono abbandonate o cedute in maniera poco trasparente a terzi”.
Ciò che sorprende è l’inerzia delle Istituzioni in vario modo interessate cui l’Associazione ha più e più volte lanciato un grido d’allarme. FISE Unire ha infatti in più occasioni denunciato la problematica: dal Ministero dell’Economia all’Interno, passando per l’Aci e il dicastero dei Trasporti. “Non servono stravolgimenti o interventi normativi”, conclude Calò, “le soluzioni sono semplici. La domanda di radiazione per esportazione va consentita esclusivamente all’ultimo proprietario intestatario del veicolo, come già avviene in caso di radiazione per demolizione”. Per tracciare le transazioni economiche “la radiazione per esportazione e la cessione del veicolo dovrebbero essere supportate da copia della fattura emessa secondo la disciplina Iva che regola l’esportazione (art. 8 e/o 41 del dpr n. 633/1972, ndr), qualora il cedente sia un soggetto passivo Iva, oppure da titolo equipollente nel caso di transazione fra privati”.
Infine, ASSODEM chiede l’introduzione dell’obbligo di far pervenire al Pra italiano le informazioni di avvenuta reimmatricolazione del veicolo nel paese di destinazione. Anche per evitare un ultimo effetto paradossale e antieconomico, che sa quasi di una beffa: l’Italia è strutturalmente in deficit di rottami ferrosi. Per soddisfare il proprio fabbisogno, deve ricomprarseli dall’estero.

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