Per amore o per forza. I destini incrociati di banche e imprese

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Salvare se stesse o le aziende? Come e con che mezzi? Stefano Caselli, nel suo nuovo libro per Egea, stimola il dibattito sul ruolo e la responsabilità che il sistema finanziario ha verso il sistema industriale, ma anche, più in generale, verso il Paese. Le banche si trovano oggi di fronte ad un bivio: salvare se stesse o salvare il paese e le aziende? Quale modello di servizio è oggi praticabile? Con quale tipo di azionisti? Le risposte coinvolgono in maniera forte accademici, manager, legislatore ma soprattutto mettono in luce come il destino delle banche sia indissolubilmente legato a quello delle imprese, chiamate anch’esse a scelte complesse e difficili sotto il profilo della strategia e della proprietà, sia essa statale o familiare.
Stefano Caselli, ordinario di Economia degli intermediari finanziari alla Bocconi, nel suo nuovo libro Per amore o per forza. I destini incrociati di banche e imprese (UBE 2014, 224 pagg., 16 euro, 9,99 e-pub), dimostra come l’urgenza di sviluppo che vive il nostro paese passa solo attraverso un sistema finanziario capace di sostenere in maniera completa, efficace e continuativa il sistema produttivo nelle sue diverse articolazioni. Ciò, non solo richiede capacità di adattamento del sistema finanziario stesso alle specifiche della domanda, ma comporta soprattutto la ricerca di una completezza di quella catena del valore che collega il sistema finanziario alle imprese e che per lungo tempo ha visto una specificità italiana legata al ruolo noto e dominante del credito bancario. La ricerca di completezza passa attraverso sfide che investono le banche e le imprese.
“L’obiettivo del lavoro”, afferma Caselli, “è quello di stimolare il dibattito in merito al ruolo e alla responsabilità che il sistema finanziario ha nei confronti del sistema industriale e del paese più in generale. Ciò non solo alla luce dell’esigenza di nuovo sviluppo ma anche di fronte alla scadenza del 2014 che sancisce il passaggio da un sistema bancario vigilato a livello domestico ad un sistema bancario realmente integrato a livello europeo, sotto il controllo della BCE. Le chiavi di lettura che si aprono sono molteplici.
Le banche devono confrontarsi con un proprio percorso evolutivo che ha visto combinare in maniera originale gli elementi portanti della strategia e della costruzione del risultato economico, attraverso un modello di presenza sul mercato di tipo istituzionale, poi universale e poi ancora divisionale e ad oggi ancora denso di interrogativi ma chiaramente guidato da una “corsa al capitale” indotta dalla regolamentazione. Non solo, ma la stessa attività di corporate banking ha conosciuto un percorso evolutivo di ascesa e di declino ed oggi di ricerca di un nuovo posizionamento non facile, collocato fra le istanze molto diverse dell’attività di investment banking e della finanza di mercato e differenziato in funzione della dimensione della clientela servita. Le imprese hanno nello stesso tempo una sfida non solo di ordine economico e produttivo ma anche finanziaria e culturale, che richiede di coordinare la dimensione della governance (spesso di natura familiare), con quella dell’apertura a fonti di finanziamento differenti da quelle bancarie, con quella della crescita e della ricerca di nuove aree di sviluppo.
Peraltro, la ricerca di uno scambio efficace fra banche e imprese investe anche le condizioni a monte dell’ambiente di riferimento che possono rendere più o meno fluido, efficiente e coerente con i fabbisogni del sistema produttivo, lo scambio di risorse finanziarie. La qualità dell’ambiente di riferimento investe: le regole di natura fiscale, che giocano un ruolo determinante nella composizione della struttura finanziaria delle imprese; la capacità della banca di coordinare l’insieme dei soggetti e degli interlocutori, finanziari e non, che si posizionano lungo la catena del valore che collega l’impresa al sistema finanziario; la capacità dell’impresa di interagire e di comunicare con il sistema finanziario stesso nella “vendita” delle proprie passività.
Il dibattito sui destini incrociati di banche e imprese diventa nei fatti un dibattito sul modello di sviluppo del paese e sui valori di riferimento che possono orientare nel bene e nel male la direzione da intraprendere. Il rischio di assistere ad una progressiva perdita di quota di banche estremamente regolamentate ma poco agili e di aziende ancorate ai valori solidi, ma da adeguare, della piccola dimensione, del familismo ad oltranza e del localismo è concreto e porta il paese sia a perdere di vista il tema della crescita, che transita lungo le diverse rotte del mondo, sia a concentrarsi solo sul tema della redistribuzione della ricchezza anziché su quello della creazione di nuova ricchezza. Le conclusioni del libro vogliono spingere a ragionare, a discutere sulla ricerca di valori che devono farci uscire dall’angolo e a superare la cultura dell’antagonismo che blocca spesso il nostro sistema: non è più tempo di localismo contro i nternazionale, di piccole imprese contro grandi imprese, di prestiti bancari contro circuiti di borsa. Viceversa, i temi della crescita delle imprese e della ricerca di una scala globale, dell’internazionalizzazione delle banche e delle imprese, dell’impiego forte e coraggioso dei mercati di borsa, della politica dei talenti, sono i valori che rendono i destini di banche e imprese intrecciati per il bene del paese.
Stefano Caselli è ordinario di Economia degli intermediari finanziari all’Università Bocconi dove è prorettore agli Affari internazionali e direttore accademico di MISB Bocconi, la sede a Mumbai della SDA Bocconi School of Management. E’ membro del comitato scientifico di centri di ricerca come l’Osservatorio MP3 Bocconi, il CER a Roma e l’ECMI a Bruxelles. Autore di numerose pubblicazioni in materia di relazioni tra sistema bancario e sistema industriale, strategia delle banche, valutazione del rischio di credito e mobilità di finanziamento delle Pmi e delle imprese familiari.

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