Dal 2006 lavori stradali tagliati del 50%: rete a rischio e settore in crisi

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Il settore dei lavori stradali è uno di quelli che sta pagando maggiormente il prezzo della crisi. Le attività di costruzione e manutenzione sono praticamente ferme, i consumi di asfalto (conglomerato bituminoso) negli ultimi 8 anni si sono dimezzati, passando dai 44 milioni di tonnellate del 2006 ai 22,5 previsti per quest’anno. Una situazione che pone a rischio la sicurezza degli automobilisti, condanna al depauperamento il nostro patrimonio stradale e alla crisi un settore che conta oltre 4.000 aziende impegnate nella realizzazione delle strade e 400 impianti di lavorazione del bitume, per un totale di 35.000 addetti diretti e un indotto di 500.000 lavoratori. Lo scenario emerge dall’analisi semestrale condotta dal Siteb – l’Associazione Italiana Bitume e Asfalto Stradale – che ha raccolto ed elaborato i dati relativi al consumo di asfalto, principale indicatore dello sviluppo dell’industria stradale.
Eppure nei primi 4 mesi dell’anno gli operatori del settore manutenzione e costruzione strade avevano registrato un incremento nel consumo bitume rispetto allo scorso anno (+8%), dovuto all’aumento degli interventi di manutenzione necessari per attutire i nefasti effetti di un inverno particolarmente piovoso che ha lasciato sui manti stradali nazionali numerose buche. L’arrivo dei mesi più caldi e intensi per le attività produttive ha però smorzato ogni rosea aspettativa riportando il trend in linea con la chiusura del 2013 (annus horribilis per il comparto). Ogni eventuale speranza di ripresa è rinviata al 2015.
La crisi del consumo di bitume si inserisce nel già negativo trend del mercato petrolifero che dal 2000 ad oggi ha perso oltre 32 mln di tonnellate di prodotti (benzine, gasoli, oli combustibili e bitume), volume equivalente alla produzione di oltre 6 raffinerie di medie dimensioni e decisamente superiore alle 17,9 mln di tonnellate perse nel quinquennio ’80 /’85, a ridosso del secondo shock petrolifero.
La chiusura di alcune raffinerie (Roma, Cremona, Mantova e Marghera) e la riduzione dei consumi continuano a far permanere incertezze sul futuro nel medio periodo del sistema produttivo e delle nostre strade.

L’Italia possiede una rete di poco meno di 500.000 km di strade principali, (850.000 km, se teniamo conto anche di quelle all’interno delle città e delle secondarie o private), un patrimonio dal valore immenso che in buona parte si sta perdendo per mancanza di una seria e programmata manutenzione. In gran parte dei casi il degrado non è superficiale (manto asfaltico), ma è dovuto al collasso degli strati di base sottostanti. Troppo spesso si interviene solo per tamponare l’emergenza, con risultati effimeri, e alla lunga si spende di più senza risolvere i problemi. Le autostrade con pedaggio vivono una situazione migliore, ma la loro estensione è limitata: circa 6.600 km.
Siteb stima che per tenere in buona salute le nostre strade occorrerebbe utilizzare almeno 40 mln di tonnellate di asfalto l’anno, quasi il doppio di quelle che saranno utilizzate quest’anno.

“Ci attendevamo decisamente di più dai primi passi del nuovo Governo. La ripresa del nostro Paese”, dichiara il Presidente Siteb – Michele Turrini, “non può prescindere da un piano straordinario di investimenti sulle infrastrutture, in primis bloccando il depauperamento della nostra rete stradale attraverso il rilancio delle attività di manutenzione, troppo spesso rinviate a tempi migliori. Dopo la politica di annunci è tempo di dare maggiore concretezza alle indicazioni espresse ‘sbloccando’ realmente il Paese, anche mediante una svolta nel sistema creditizio, la cui stretta continua a frenare gli investimenti e avviando a definitiva soluzione il problema dei ritardati pagamenti che ancora affligge le nostre aziende e non solo”.
“Troppo timido”, conclude Turrini, “l’impegno assunto dall’Esecutivo con lo ‘Sblocca Italia’. Le limitate risorse liberate costituiscono una misura non adeguata alla situazione di profonda crisi attraversata dal nostro Paese. Servono risposte di più ampio respiro”.

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