Il presidente della Regione Marche, Gian Mario Spacca, sulla Festa della Liberazione

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“Alla domanda se oggi, a distanza di 70 anni, valga ancora la pena celebrare la Festa della Liberazione, la risposta non può che essere una: sì, oggi più che mai occorre farlo. Non può lasciare indifferenti l’inconsapevolezza che le nuove generazioni – e purtroppo non solo – dimostrano verso il significato del 25 Aprile. Una testimonianza, cruda, l’ha offerta pochi giorni fa la trasmissione Ballarò. Intervistati sui motivi per cui si festeggia il 25 Aprile, tanti, troppi giovani, ma anche uomini e donne, non hanno saputo rispondere. Nulla. Neanche una vaga idea. Spallucce, mutismo o risposte del tutto fuori strada. Da gelare il sangue. E non solo perché viene un nodo in gola pensare che il sacrificio di migliaia di partigiani, donne e uomini, per lo più ragazze e ragazzi, moltissimi adolescenti, per tanti loro coetanei di oggi non è mai esistito. Non sono esistiti le torture, il dolore fisico e quello, atroce, di dover dire addio ai propri cari solo con il pensiero, senza un abbraccio, l’ultimo. Ma anche perché tutto quello che dalla Resistenza è nato, la democrazia, la Costituzione, un Paese con difficoltà ma finalmente pacificato, la Libertà, per tante, troppe persone, oggi, è un diritto acquisito. Piombato da chissà dove. E invece no. Una madre e un padre, l’Italia dal dopoguerra ad oggi, li ha. Tante madri e tanti padri: coloro che sono morti per consegnare a noi, ai nostri figli e alle future generazioni, un mondo nuovo, finalmente nostro. Condivido le parole del partigiano Umberto Lorenzoni, nome di battaglia Eros, che nella stessa trasmissione Ballarò ha commentato l’indifferenza dei giovani verso il significato del 25 Aprile: ‘Provo amarezza ma non me la prendo coi giovani che non sanno. Io ce l’ho con chi non li ha istruiti. Perché un popolo che non ricorda la sua storia rischia di rivivere gli errori del passato. E quindi sì: non solo vale ancora la pena celebrare la Festa della Liberazione. Ma è un dovere civile, un obbligo morale ed etico. E allora domani portiamo i nostri figli alle manifestazioni per il 25 Aprile. Portiamoli nei luoghi degli eccidi, tanti purtroppo, anche nelle Marche: sui monti, nei paesi e nelle città. Facciamo leggere loro i nomi incisi nelle lapidi che in ogni nostro Comune ricordano i giovani morti per liberare il Paese dal nazifascismo. Facciamo leggere loro le struggenti lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana. ‘La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio’, scrive il 18enne Giordano Cavestro. ‘L'amavo troppo la mia Patria; non la tradite, e voi tutti giovani d'Italia seguite la mia via e avrete il compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale. Perdono a coloro che mi giustiziano perché non sanno quello che fanno e non sanno che l'uccidersi tra fratelli non produrrà mai la concordia’, il ventenne Giancarlo Puecher Passavalli. E, soprattutto, facciamoli parlare con coloro che quei giorni tragici hanno vissuto in prima persona. Facciamoli guardare in fondo ai loro occhi che diranno più di mille parole”.

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