Dagli atti del processo sul caso Concordia, ben 553 pagine, emergerebbero cosi i contenuti della sentenza del Tribunale di Grosseto, già pronunciata lo scorso febbraio, nei confronti di Francesco Schettino e della società Costa Crociere S.p.A. I giudici vanno a confermare quella che già da tempo era stata additata come la causa scatenante che ha “condannato” ad una morte tragica le 32 vittime:
Una gestione dell’emergenza priva di “perizia e diligenza” fatta di “ordini a raffica” e di “annunci degli altoparlanti che ambivano a tranquillizzare ma che erano “credibili come Pinocchio”…
Da questi stessi esiti, se ne aggiungo altri, non certo meno importanti relativi al grande (e vitale) fattore sicurezza: la Concordia “era pienamente conforme alle prescrizioni, sotto il profilo del funzionamento e dell’efficienza dei sistemi di sicurezza”.
Cosa da non poco, se solo si pensa al grande polverone alzato da Report nella puntata dedicata al caso Concordia dello scorso 10 ottobre 2014, dove, senza fronzoli e giri di parole, si puntò il dito contro il R.I.N.A. e la stessa Fincantieri, rispettivamente Registro di Classifica competente e Costruttore dell’Unità.
Superflui possono essere certamente ulteriori commenti sulla vicenda Schettino, sul quale e francamente si è parlato a sufficienza. Tuttavia c’è giustamente da chiedersi, non prima di sottolineare le assodate responsabilità proprie di un Comandante, di come si sia potuto eclissare in maniera così palese sulle attività e doveri-responsabilità degli altri membri dello stato maggiore di coperta, il quale tra l’altro, non era certo composto da 3 o 4 ufficiali…
Una cosa pero è certa. Questo sinistro, come nel passato lo sono stati quelli dell’Andrea Doria e, ancora prima, quello del Titanic, darà e produrrà certamente nuove modifiche, regolamenti e best practise, atte al miglioramento e allo sviluppo del sistema marittimo; peccato che al contrario di come accade nel resto del mondo, dove vengono studiati ed esaminati anche i mancati sinistri, proprio al fine di implementare la formazione del personale e le pratiche di sicurezza, qui in Italia si sia dovuta invece attendere ( e non è la prima volta) la morte di 32 persone per comprendere, come in questo caso, che certe pratiche possono portare, alla lunga, a tragiche ed irrimediabili conseguenze.