Aeroporto di Brescia: la logistica dell’agroalimentare scommette sullo scalo

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Il Gruppo Save scommette sull’aeroporto di Brescia per potenziare il trasporto cargo e di riuscire nei prossimi anni ad affiancare a Malpensa e Fiumicino il nome di Brescia. «Abbiamo un piano di investimenti, che presenteremo nei prossimi mesi all’Enac, sicuramente entro quest’anno». Lo ha detto questa mattina a margine del «Logistic Day» di Fruit&Veg System – la start-up promossa da Veronafiere e Agrifood Consulting nel settore dell’ortofrutta – Giovanni Rebecchi, direttore della pianificazione strategica e lo sviluppo del business aviation di Save, la società quotata al mercato telematico azionario di Borsa Italiana, che opera nella gestione degli aeroporti, fra cui Venezia, Treviso e Charleroi, in Belgio, e che da ottobre 2014 detiene il 40,3% del capitale della Aeroporto Valerio Catullo di Verona spa. «Abbiamo in questo momento un sistema di quattro aeroporti nel Nord-Est – ha specificato Rebecchi -. Quello di Brescia è posizionato perfettamente al centro di un’area produttiva molto importante, con un’operatività di dogana in grado di coprire 7 giorni su 7 e 24 ore al giorno. Il sito bresciano è inoltre inserito in un tessuto infrastrutturale connesso a una rete importante di autostrade e può contare, su 2.000 metri cubi di celle a temperatura controllata».
L’obiettivo è quello di «posizionare l’aeroporto di Brescia in modo complementare rispetto a Malpensa, di gran lunga il più importante scalo cargo in Italia». Secondo Rebecchi, «le linee di business sono tre: courier, general cargo e traffico passeggeri».
Con la rete aeroportuale del Nord Est Save può contare su un traffico di oltre 13 milioni di passeggeri e quasi 100.000 tonnellate di merci. «È questo il sistema che vogliamo sviluppare», ha rimarcato Rebecchi. Senza alcuna volontà di penalizzare il Catullo. «Pensiamo di poter crescere su entrambi gli aeroporti di Brescia e Verona. Così come siamo cresciuti storicamente su Venezia e su Treviso», ha assicurato.
L’agroalimentare potrà giocare un ruolo strategico nell’operazione. «È in questo comparto che vediamo le prime opportunità, dove abbiamo dei deal potenziali – ha spiegato. A noi manca molto la parte di import e dovremo in qualche modo reperirlo, perché il tema del bilanciamento del carico è molto importante».
Nell’ottica del potenziamento del commercio internazionale, Verona è un’area di primaria importanza. Non ha dubbi il prof. Luca Lanini, docente di Logistica e supply chain management all’Università Cattolica di Piacenza-Cremona. «Verona è un sistema territoriale straordinario, non solo perché è la capitale delle fiere agroalimentari – ha detto – ma perché qui come in Veneto e in gran parte dell’Italia c’è un’ottima produzione, un ottimo sistema commerciale con validi importatori ed esportatori e commercianti di ortofrutta, c’è uno straordinario sistema di trasporto refrigerato, c’è un sistema logistico efficiente che è quello dell’interporto Quadrante Europa. Inoltre, intorno a Verona ci sono delle importanti aziende industriali che lavorano nella catena del freddo».
La sfida, secondo Lanini, «non è più interna al solo mercato comunitario, ma è l’export extraeuropeo e la conquista dei mercati internazionali che necessita di sforzi ulteriori, che dovranno portare l’Italia ad accrescere il proprio posizionamento strategico e competitivo nello scenario mondiale. Verona ha le carte in regola per emergere e per essere la porta per l’Europa e i mercati orientali e occidentali più lontani». A partire dalla Russia, che dal prossimo luglio potrebbe ritornare un mercato aperto, grazie alla fine dell’embargo.

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