Artigianato, “il grande malato d’Abruzzo”

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Per tutti è e resta “il grande malato d’Abruzzo”. Ma poi, all’atto pratico, il medico si dimentica di somministrare la medicina, limitandosi alla diagnosi. Dalla metafora medica alle crude cifre, è un duro atto d’accusa quello lanciato dal presidente della Cna Abruzzo, Savino Saraceni, alla Regione Abruzzo: argomento, la redazione del bilancio di previsione 2018, in corso di approvazione. In premessa, Saraceni riconosce alla Regione, ed al lavoro dall’assessore al Bilancio, Silvio Paolucci, di aver colto due risultati positivi: «Si è ridotto l’indebitamento di 500 milioni e non sono stati contratti nuovi debiti». Detto questo, Saraceni mette i puntini sulle “i” alla scelte della Giunta D’Alfonso: «Ci aspettavamo che con la concessione da parte dello Stato di spalmare il debito residuo in 20 anni, la cosiddetta norma “salva Abruzzo”, ci fossero risorse da destinare a un settore come quello dell’artigianato che è davvero il più disastrato tra i comparti produttivi abruzzesi, visto che dal 2010 ad oggi ha perso 5.500 imprese e oltre 12mila addetti. Ovvero – tanto per fare paragoni – come se due Sevel avessero chiuso: e invece in bilancio per i piccoli non c’è nulla. Eppure, l’artigianato, sia in termini di Pil che di occupati rappresenta qualcosa di molto consistente».
Il presidente della confederazione artigiana ricorda come «in più occasioni, la Cna e le altre associazioni d’impresa, che solo un anno fa avevano promosso una “vertenza Abruzzo” sull’artigianato con l’appoggio dei sindacati dei lavoratori, lanciando un grido d’allarme rimasto inascoltato, abbiano ribadito la richiesta di mettere in campo risorse necessarie ad aiutare il settore. Come? Finanziando alcune misure contenute nella legge regionale sull’artigianato che non sono mai state applicate per mancanza di fondi». Fondi che, contesta Saraceni citando i conti presentati dallo stesso Paolucci, pure dovrebbero esserci: «Le cifre inserite in quota “fondi liberi”, ovvero le spese senza vincoli ed obblighi di destinazione, ammontano a circa 140 milioni di euro. Ed allora, è possibile che non se ne trovino due o tre per finanziare il fondo di assicurazione regionale? O per l’aiuto allo start-up? O per la trasmissione d’impresa? O per le botteghe-scuola? O per i marchi di qualità?».
«Scorrendo infine le voci di cui si compone lo strumento di programmazione della Regione – conclude Saraceni – balza agli occhi evidente come le sole voci prive di copertura siano quelle dedicate all’artigianato e alla micro impresa. E così non va. Chiediamo al vice presidente Lolli, che ha la delega al nostro comparto, di farsi interprete di questo disagio: soprattutto, per evitare l’ennesima occasione sprecata».

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