Ancona a 50 anni dal terremoto e 40 dalla frana: il programma delle iniziative

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In occasione di due anniversari particolarmente significativi, come i 50 anni dal sisma che nel 1972 colpì la città di Ancona e i 40 anni dalla grande frana del 12 dicembre 1982, considerato il ruolo centrale del capoluogo marchigiano rispetto alle tematiche della protezione civile in prospettiva tecnico-scientifica e istituzionale, Ancona ospiterà una serie di iniziative di commemorazione, di studio e di approfondimento, che si svolgeranno nella cornice del programma Codice Rosso e che si avvarranno della collaborazione di numerosi soggetti istituzionali.

Nel 2022 ricorrono, tra l’altro, anche il venticinquesimo anniversario del terremoto Marche-Umbria del 1997, il ventesimo anniversario del terremoto di San Giuliano di Puglia del 2002, il decimo anniversario del terremoto in Emilia Romagna del 2012. Questi avvenimenti hanno costituito la base per una graduale evoluzione delle attività di previsione e prevenzione, di risposta nel contesto emergenziale, di qualificazione degli interventi per il superamento dell’emergenza.

Considerate le esperienze acquisite in questi eventi, che si uniscono a quelle più recenti del terremoto nell’Italia centrale del 2016, la prospettiva nell’organizzazione delle iniziative che nel 2022 saranno dedicate al sisma, è stata quella di contribuire dal punto di vista tecnico scientifico alla elaborazione di una proposta normativa per disciplinare in forma stabile e permanente le attività di prevenzione e ricostruzione post emergenziale, proposta che è stata approvata nella seduta del Consiglio dei Ministri del 21 gennaio scorso.

Il progetto prende avvio alla vigilia dell’anniversario della prima scossa di terremoto (25 gennaio 1972), con la conferenza stampa di presentazione, che si è svolta questa mattina con gli interventi del Capo Dipartimento della Protezione Civile nazionale Fabrizio Curcio, del Sindaco di Ancona Valeria Mancinelli, del prefetto Darco Pellos, del Comandante provinciale dei Vigili del Fuoco Mariano Tusa, del vicepresidente della Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi Roberto Oreficini, dell’assessore comunale alla Partecipazione democratica Stefano Foresi, e con le testimonianze dirette, tra le altre, di Marcello Bedeschi, responsabile della Segreteria Personale del sindaco Trifogli nel 1972 e di Fabio Costantini, capo di Gabinetto della Prefettura di Ancona nel 1972.

Dopo la commemorazione del 24-25 gennaio, si prevede un incontro aperto alla popolazione il 14 giugno 2022, anniversario della scossa più significativa. Si proseguirà poi con un’iniziativa di approfondimento tecnico-scientifico e istituzionale nei giorni 17 e 18 giugno. Per la metà di ottobre, inoltre, in occasione della settimana nazionale della Protezione civile, saranno programmati ulteriori momenti di approfondimento d’intesa con la Protezione Civile Nazionale e Regionale delle Marche. L’incontro conclusivo, aperto alla popolazione, è previsto per il 12 dicembre, anniversario della frana di Posatora, con testimonianze dirette delle persone coinvolte.

Il progetto sarà attuato con il coinvolgimento di numerosi soggetti pubblici e privati: università, centri di competenza e centri di ricerca, ordini professionali, categorie economiche e produttive, sistema assicurativo e bancario, organi di informazione, sistema scolastico, società che erogano servizi pubblici essenziali.

Ecco il programma di massima delle iniziative, che sarà implementato nei prossimi mesi con eventi ancora in fase di progettazione:

CODICE ROSSO ANCONA

Lunedì 24 Gennaio 2022

  • Ore 10,30 Comune di Ancona – Palazzo degli Anziani: conferenza stampa per la commemorazione del sisma del 1972 e presentazione del programma delle iniziative previste per il 2022

Martedì 14 Giugno 2022

  • Ore 15,30 Ancona, Teatro delle Muse – testimonianze e ricordi della sequenza sismica del 1972.

Esposizione di mezzi storici del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

  • Ore 21,15 Ancona, Teatro delle Muse (o Piazza del Plebiscito) – Concerto della Banda del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (da confermare).

Venerdì 17 giugno 2022

  • Ancona, Mole Vanvitelliana – Attività seminariale tecnico-scientifica.

ore 09,30/10,00 – Cerimonia di apertura: saluto introduttivo delle Istituzioni.

ore 10,00/13,00 – Seminario: “Previsione e prevenzione del rischio sismico”.

ore 15,00/18,00 – Seminario: “Previsione e prevenzione del rischio geoidrologico”.

Sabato 18 giugno 2022

  • Ancona, Mole Vanvitelliana

ore 9,30/12,30 – Tavola rotonda

Nell’ambito del programma “io non rischio” svolgimento, con la Protezione Civile Regionale e Nazionale, di specifiche iniziative su:

tutela e recupero del patrimonio storico-artistico;

esercitazioni – attività addestrative ad Ancona e nei comuni limitrofi sulle varie tipologie di rischio; formazione e informazione alla popolazione, con particolare riferimento a quella scolastica.

Lunedì 12 dicembre 2022

  • Ore 9,30 Ancona, Mole Vanvitelliana – testimonianze e ricordi della frana del 1982.

L’intero programma si svolgerà sotto la guida di un Comitato Istituzionale coordinato dal Sindaco di Ancona, dal Prefetto di Ancona e dal presidente della Regione Marche, con la partecipazione del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri e di altri soggetti pubblici e privati interessati.

Opera già da tempo una Commissione Scientifica presieduta dal prof. Gabriele Scarascia Mugnozza, Presidente della Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi presso il Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri. La commissione affronterà diversi aspetti tecnici. Per il rischio sismico sarà coordinata dai professori Mauro Dolce e Roberto Paolucci e per il rischio geoidrologico, dai professori Fausto Guzzetti e Armando Brath. Partecipano alla Commissione il Prof. Stefano Lenci, delegato dal Rettore di UNIVPM, anche per i collegamenti con le altre Università della Regione e l’ing. Stefano Capannelli del Comune di Ancona.

E’ stato infine costituito un gruppo di ricerca storico-documentale e delle testimonianze, coordinato da Marcello Bedeschi, Fabio Costantini e Claudio Sargenti.

A CINQUANT’ANNI DALLA PRIMA SCOSSA DI TERREMOTO ANCONA RICORDA IL SISMA DEL 1972

Era il 25 gennaio 1972 ed erano esattamente le 21, 25 minuti e 11 secondi, come riportato dai resoconti ufficiali, quando Ancona e alcuni comuni limitrofi furono colpiti da una forte scossa di terremoto: settimo grado della scala Mercalli, come si misurava all’epoca, preceduta da un forte boato che proveniva dal mare.

La città finì in un vero e proprio incubo che durò undici mesi. Fu il terremoto più forte e più lungo della storia del capoluogo. Molti quella sera scesero in strada, in gran parte inconsapevoli di quello che stava accadendo. Solo i più anziani ricordavano infatti il sisma precedente, quello del 1930. Con il passare delle ore tutti presero però coscienza del fatto che si trattava di un terremoto, un sisma che, appunto, avrebbe accompagnato per molti mesi la vita degli anconetani, con una serie di scosse, le più potenti delle quali si verificarono di notte. Lo sciame sismico ebbe il suo culmine il 14 giugno: una scossa di 15 secondi al decimo grado della scala Mercalli mise definitivamente in ginocchio la città. In mezzo a questi due eventi centinaia di scosse investirono Ancona. Tra il 3 e il 4 febbraio 1972, altra data fissa nella memoria di molti abitanti del capoluogo marchigiano, il terremoto raggiunse la magnitudo di 4.4.

Non ci furono vittime provocate dal sisma. Pochi persero la vita per lo spavento e un vigile del fuoco ausiliario proveniente dal comando di Bologna morì in un incidente stradale mentre era impegnato nelle operazioni di sgombero del vecchio ospedale psichiatrico.

Gran parte del patrimonio edilizio e in particolare il centro storico di Ancona e i quartieri più antichi furono gravemente lesionati, con danni ingenti. Risultarono inagibili 7 mila edifici, tra cui molte scuole, edifici pubblici, le Poste centrali di piazza XXIV Maggio, il Museo archeologico nazionale, Palazzo degli Anziani e molte chiese. Danni, anche se meno pesanti, si registrarono anche nei comuni limitrofi.

Fu immediata la mobilitazione della macchina dei soccorsi. Con i Vigili del Fuoco intervennero l’Esercito, la Marina militare che inviò il battaglione San Marco per l’allestimento delle tendopoli e delle cucine da campo, la Caritas diocesana, gli scout e molti volontari.

Secondo le stime ufficiali dei Vigili del Fuoco, dopo il 14 giugno 30 mila anconetani vivevano sotto le 1453 tende montate in 56 punti del centro urbano e della periferia. La più grande tendopoli fu allestita all’interno dello stadio dorico. Almeno 600 persone trovarono alloggio negli autobus parcheggiati nelle piazze, 1500 nei vagoni ferroviari fermi alla stazione, 1000 nelle palestre delle scuole agibili. Altri alloggiarono nella nave traghetto Tiziano, ancorata in porto. Chi poteva trovò ospitalità dai parenti che non avevano le abitazioni lesionate. Dal 15 al 30 giugno furono distribuiti almeno 200 mila pasti caldi e 15 mila pacchi con cibi freddi.

L’informazione sul sisma non si fermò mai. I giornali seguirono da vicino quelle giornate, i quotidiani furono sempre in edicola, la Rai, che allora dalle regioni trasmetteva solo notiziari radiofonici, allestì uno studio mobile in un pulmino.

Anche la chiesa si mobilitò: l’arcivescovo Carlo Maccari la sera stessa del 25 gennaio impegnò tutte le strutture organizzative della diocesi e aprì ai cittadini le chiese che non avevano avuto danni rilevanti. Un’altra figura particolarmente importante per gli anconetani fu quella di padre Bernardino Piccinelli, arcivescovo ausiliare, che divenne punto di riferimento per molti cittadini.

Ma soprattutto, come ricordano le cronache, in quei mesi difficili per gli anconetani, una luce accesa al secondo piano del Palazzo Comunale di piazza XXIV Maggio diventò un punto di riferimento: si sparse infatti subito la voce in città che nel suo ufficio alloggiasse il sindaco Alfredo Trifogli, poi chiamato da tutti il sindaco del terremoto. E quella luce, accesa anche di notte al secondo piano del palazzo municipale, rappresentò per gli anconetani la vicinanza di un primo cittadino che negli anni fu sempre attivo prima per la gestione dell’emergenza e poi per la ricostruzione. In particolare si ricorda la sua determinazione nel rifiuto categorico dell’ipotesi di installare baracche, per evitare che questa soluzione inizialmente provvisoria potesse perdurare negli anni. Trifogli si fece promotore, con altri parlamentari marchigiani, di una legge per la città. Il modello di gestione del sisma anconetano, attorno al quale si ritrovarono tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione, divenne un esempio per le successive calamità naturali che colpirono il Paese, a cominciare dal Friuli. Anche l’impianto moderno della Protezione civile prese le mosse proprio dall’esperienza maturata sul campo ad Ancona.

IL SISMA DEL 1972 E IL MODELLO ANCONA PER LA GESTIONE DELLE CATASTROFI E PER LA NUOVA PROTEZIONE CIVILE

La prima legge che in Italia ha disciplinato le attività di protezione civile è la n. 996 del 1970, emanata anche a seguito dell’alluvione di Firenze del 1966 e del terremoto del Belice del 1968.

La legge prevedeva che entro un anno dalla sua entrata in vigore dovevano essere predisposti appositi regolamenti, per rendere concreta e operativa la sua esecuzione.

Quando nel 1972 il territorio anconetano fu interessato dalla sequenza sismica, i provvedimenti attuativi non erano stati predisposti: il DPR n. 66 del 1981 – regolamento di esecuzione alla legge – sarà pubblicato con 10 anni di ritardo solo il 16 marzo 1981, dopo il devastante terremoto del 1980 in Irpinia.

Tuttavia, direttamente o indirettamente, la legge ispirò la gestione dell’emergenza ad Ancona e nei Comuni limitrofi, soprattutto per alcuni aspetti significativi: il ruolo fondamentale del Ministero dell’Interno, del Prefetti e delle Prefetture; le attività di soccorso affidate al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco; la partecipazione di tutte le amministrazioni dello Stato civili e militari, in particolare delle Forze di Polizia e delle Forze Armate (allora era ancora attiva la leva obbligatoria); il concorso di tutti gli enti pubblici territoriali e istituzionali, in particolare delle Provincie, dei Comuni e dei Sindaci; la previsione della partecipazione di “personale volontario”.

Per il terremoto del 1972 non fu necessario nominare un commissario. Accanto alle attività di soccorso e assistenza alla popolazione, da subito si delinearono le misure per la ricostruzione, prevedendo modalità e istituti veramente innovativi per quel periodo. Tra l’altro, le norme emanate contemplavano un contributo in conto interessi per chi stipulava un mutuo per effettuare lavori di prevenzione e messa in sicurezza in immobili abitativi privati.

Anche se ancora non esisteva il volontariato di protezione civile, per l’assistenza alla popolazione fu fondamentale il ruolo svolto dalle associazioni. Croce Rossa, Croce Gialla, Caritas, Scouts, Azione Cattolica, Pro Loco, radioamatori, e molti altri spontaneamente si coordinarono per fare in modo che nessuno si sentisse trascurato.

Per garantire maggior efficacia delle attività di soccorso legate al terremoto il Ministero dell’Interno decise di attivare a Ostra Vetere uno dei primi Centri Assistenziali di Pronto Intervento (CAPI) decentrati sul territorio. Il CAPI nel 1989 venne poi trasferito a Passo Varano di Ancona, in prossimità della stazione ferroviaria, per meglio rispondere al requisito dell’intermodalità. A seguito del decentramento operato con il decreto legislativo n. 112 del 1998 il Centro è stato successivamente trasferito alla Regione Marche.

Quando nel 1976 si verificò il terremoto in Friuli, da subito le autorità di quella regione e in particolare il commissario Giuseppe Zamberletti decisero di avvalersi del “modello Ancona” tanto che negli anni successivi le norme sulla ricostruzione venivano definite “legge Marche-Friuli”.

Sulla base delle esperienze maturate a seguito del terremoto, la Prefettura di Ancona all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso attivò, tra le prime in Italia, i ruolini del volontariato di protezione civile, creando i presupposti per quella che sarebbe poi diventata l’attuale struttura volontaristica. Nel frattempo anche la Regione Marche, sempre con la collaborazione con ANCI Marche, incominciava a ben organizzarsi per le attività di protezione civile, tanto che nel terremoto in Irpinia del 1980 era in grado di presentarsi nelle località colpite con una propria struttura mobile di assistenza e soccorso sanitario.

Quando nel 1982 si verificò la frana di Posatora la struttura locale di protezione civile, facente capo alla Prefettura, alla Provincia e ai Sindaci, con il concorso della Regione ormai operativa da qualche anno, era già attiva ed organizzata. La frana è stata la prima emergenza sul territorio a cui partecipò il neonato Dipartimento di Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Come dunque ricordato in molte occasioni anche da Giuseppe Zamberletti, considerato il padre fondatore della moderna protezione civile italiana, le esperienze e le buone prassi che hanno caratterizzato l’alluvione di Firenze nel 1966, la sequenza sismica del 1972 ad Ancona ed il terremoto del 1976 in Friuli sono state dunque decisive per la costituzione dell’attuale sistema di protezione civile.

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