Mutui, interessi sempre troppo alti

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Dalla primavera 2022 i tassi di interesse sui mutui sono tornati a crescere rispetto ai minimi storici, determinando una serie di problemi per molti mutuatari alle prese con il rimborso del finanziamento a tasso variabile. Un nutrito gruppo di persone che in passato aveva optato per questa tipologia di finanziamento allora particolarmente conveniente. L’indice Euribor, infatti, per un lungo periodo ha presentato un valore negativo, che, sommato allo spread applicato dalla banca come propria forma di remunerazione, determinava un tasso di interesse prossimo allo zero. Oggi le cose sono cambiate e  il tasso variabile è arrivato a sfiorare il 4%. In pratica, nel giro di poco più di 12 mesi l’importo delle rate mensili è salito fino a qualche centinaia di euro a famiglia, in misura più o meno accentuata a seconda del debito residuo, della durata e del piano di ammortamento applicato.

Ma cosa succede se il mutuatario non paga il debito con la banca? Le conseguenze, nel caso non si effettuino i pagamenti dovuti, possono essere rilevanti: dagli interessi di mora all’iscrizione nel registro dei cattivi pagatori, fino alla procedura di esecuzione forzata e al pignoramento dell’immobile dato in ipoteca.

Prima di arrivare a situazioni estreme, esistono tuttavia numerose azioni da intraprendere per salvare il proprio prestito senza rischiare di perdere la casa, come evidenziato dall’analisi realizzata dall’Ufficio Studi di Telemutuo.

LE 10 COSE DA FARE SE SALE LA RATA DEL MUTUO

1. Rinegoziazione

Innanzitutto, se la rata del mutuo è in aumento e si rischia di non riuscire a sostenerla, il primo passo da fare è contattare la banca che ha erogato il finanziamento e chiedere di rinegoziare i termini del rimborso. Un’operazione a costo zero, il cui obiettivo è quello di allungare la durata del piano di ammortamento: in questo modo il debito residuo sarà spalmato su un numero maggiore di anni e l’importo delle rate diminuirà.

2. Estinzione anticipata

Se si hanno da parte dei risparmi, si può pensare di rimborsare alla banca il capitale prima del termine previsto, procedendo a un’estinzione anticipata, parziale o completa, a seconda della cifra di cui si dispone. Per i mutui prima casa stipulati a partire dal febbraio 2007 non è prevista alcuna penale, mentre per gli altri vanno verificate le condizioni stabilite dal contratto.

 

3. Surroga

Una terza soluzione molto diffusa, è quella della surroga, con la quale si sposta il prestito presso una nuova banca, che offre condizioni migliori. Si possono variare la tipologia di mutuo, il tasso d’interesse e la durata, mentre non cambiano gli intestatari, la somma mutuata e l’iscrizione ipotecaria originaria. Non sono previste spese a carico del mutuatario e la vecchia banca non può opporsi al trasferimento.

Nel contesto attuale, per esempio, per chi ha un mutuo a tasso variabile risulta particolarmente conveniente surrogare passando a un tasso fisso, che oggi parte da +3,25%, a seconda delle offerte degli istituti di credito. «Si tratta di una situazione anomala -spiegano gli esperti di Telemutuo – perché storicamente il tasso variabile ha un valore inferiore, offrendo in compenso più rischi. Oggi, al contrario, con il tasso fisso si risparmia e in più ci si tutela”.

4. Opzione tasso misto

Questo può essere anche il momento di esercitare l’opzione per chi ha un mutuo a tasso misto, il cui piano di ammortamento offre la possibilità di modificare il tasso di interesse, passando dal variabile al fisso e viceversa, secondo determinate scadenze temporali stabilite per contratto. In questo modo si mette al riparo la rata da possibili, ulteriori aumenti, che la Banca Centrale Europea (Bce) ha già in programma per la prima parte dell’estate 2023.

5. Legge 2023

Il passaggio al tasso fisso può essere richiesto anche per legge, grazie a una normativa del 2012 tornata in vigore nel 2023. Prevede la possibilità di rinegoziare il mutuo, passando dal tasso variabile al fisso, se si possiedono determinati requisiti: il finanziamento non deve superare i 200mila euro, il mutuatario non deve avere un Isee maggiore di 35mila euro e non devono esserci ritardi nei pagamenti.

6. Posticipo rata

Se proprio ci si trova in difficoltà con i pagamenti, si può verificare se nel contratto di mutuo è prevista l’opzione di flessibilità o “salta rata”, che spesso viene proposta (a pagamento) in sede di stipula: si potranno così posticipare alcune rate, in accordo quindi con lo stesso istituto di credito.

7. Fondo Gasparrini

Un’alternativa è quella di fare ricorso al Fondo Gasparrini, il Fondo di solidarietà per la sospensione delle rate mutui prima casa, attraverso il quale possono chiedere di sospendere il pagamento delle rate del mutuo alcune specifiche categorie di persone, come i lavoratori in cassa integrazione o che hanno perso il lavoro, i liberi professionisti o le partite Iva con difficoltà economiche, le cooperative edilizie.

 

8. Vendere l’immobile

Se i rimedi fin qui proposti non dovessero essere sufficienti a migliorare la propria situazione, si possono percorrere altre strade, come quella di vendere l’immobile per evitare di vederlo andare all’asta. Con la somma ottenuta si può acquistare un’abitazione che abbia un valore di mercato inferiore, accendendo un nuovo mutuo, commisurato  alle nuove esigenze. Una decisione forte, che comporta la necessità di traslocare, ma bisogna considerare che, se l’immobile venisse pignorato, si subirebbe comunque uno sfratto.

9. Saldo e stralcio

Un’altra soluzione, quando ci si trova in evidenti difficoltà, è quella di proporre alla banca un saldo e stralcio, ovvero un accordo con cui il debitore versa al creditore una somma inferiore rispetto a quella dovuta, stralciandone quindi una parte. In questo modo, il primo riesce a rimborsare la cifra pattuita, mentre il secondo può evitare di fare ricorso a procedure esecutive per ottenere quanto gli spetterebbe.

10. Legge salva suicidi

Se il creditore non dovesse accettare la proposta di saldo e stralcio, non essendoci alcun obbligo da parte sua, l’ultimo strumento è la legge 3/2012, detta anche “salva suicidi”: introdotta dal governo Monti, è pensata per cittadini privati e piccoli imprenditori, che non dispongono di un patrimonio prontamente liquidabile. Facendovi ricorso, i soggetti sovraindebitati possono attivare un procedimento in Tribunale e concordare con il giudice un piano di rientro sostenibile in base alla situazione finanziaria personale.

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