Conti pubblici: ecco perché si deve evitare uno scostamento di bilancio

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L’attuale crisi energetica internazionale, connessa con l’aumento generalizzato dei prezzi, sta mettendo in luce il fatto che manovre di finanza ordinarie risulterebbero insufficienti per far fronte all’attuale situazione economica dell’Italia.

Pertanto, alcuni esponenti politici -impegnati negli ultimi giorni di campagna elettorale- stanno chiedendo a gran voce di effettuare politiche economiche volte a scostamenti di bilancio pubblico per salvare il sistema produttivo del paese insieme a scelte di alleggerimento della pressione fiscale.

Se da una parte il leader della Lega propone almeno l’utilizzo di una Flat Tax che ha alla base un fondamento teorico, quello del Movimento 5 Stelle consiglia un helicopter money che graverebbe inesorabilmente sui conti pubblici italiani (vd. quanto fatto dal Reddito di Cittadinanza). Eppure, il ricorso incontrollato al deficit di bilancio poteva aver senso in una condizione di pandemia internazionale dove le imprese e in generale le catene del valore, risultavano impotenti di fronte ad un lockdown generalizzato mondiale.

Attualmente, tuttavia, un ulteriore indebitamento potrebbe rivelarsi fatale per il prossimo governo dal momento che esso non garantirebbe un processo di ripresa economica.

Proff. Marco Mele e Cosimo Magazzino, Associati di Politica Economica per Unicusano e Roma Tre, sono convinti invece che un quadro di crescita economica verrebbe garantito da una sostenibile disciplina fiscale.

Rispetto a quanto emerso ed affermato in passato dalla letteratura economica, il ruolo dello Stato risulta di fondamentale importanza sia per le politiche del bilancio pubblico, sia per quelle politiche di intervento per la crescita. In altre parole, esiste un livello di “ottimo” per la quota di spesa pubblica in relazione alla massimizzazione della crescita del PIL e pertanto, una riduzione del deficit comporterebbe un miglioramento della crescita economica in un contesto di sostenibilità del debito pubblico.

Se da una parte la spesa pubblica è necessaria per una economia di mercato in grado di agire correttamente, l’eccessiva espansione della stessa non sarebbe coerente con una crescita economica di lungo periodo.

Quanto affermato dai due studiosi trova riscontro anche nella cosiddetta “Curva di Armey” la quale mostra il legame tra spesa pubblica e benessere della collettività. Secondo tale approccio, empiricamente dimostrato su numerosi paesi, livelli di spesa pubblica eccessivi determinerebbe scarsi incentivi ad investire e produrre generando un rallentamento dell’attività economica.

“Esistendo, quindi, un livello ottimo del rapporto tra spesa pubblica e PIL tale da massimizzare la crescita del reddito aggregato consigliamo vivamente di evitare ulteriori misure di indebitamento pubblico che graverebbero inesorabilmente sulle nostre generazioni future”, spiegano i professori.

Al contrario, i due economisti, propongono politiche economiche volte verso una spesa pubblica produttiva attraverso l’attuazione di una spending review la quale potrebbe, in questo caso, essere affiancata da una riduzione del cuneo fiscale specialmente del settore produttivo del nostro paese.

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