“I dati ISTAT diffusi sui permessi per costruire indicano per il terzo trimestre un calo dello 0.9% rispetto allo stesso periodo del 2022 ma se si osserva la variazione acquisita per l’intero anno rispetto al 2022 la diminuzione è di circa il 30%. D’altronde il settore edile risulta tra i più penalizzati dall’attuale contesto economico come evidenziato dalle principali organizzazioni imprenditoriali come Ance, Confindustria e Confapi.”
Lo dichiara Giovanni Pelazzi, Presidente di Argenta SOA, una delle principali società organismo di attestazione che certifica le aziende per la partecipazione alle gare pubbliche, nel presentare l’analisi fatta dal Centro Studi di Argenta SOA sui dati ISTAT di oggi sulla produzione nelle costruzioni a settembre.
“Dopo aver trainato la ripresa post-pandemica- sostiene Giovanni Pelazzi – nel 2021 e nel 2022 gli investimenti in costruzione sono cresciuti del 29,5% e del 12,1% medio annuo – il 2023 secondo molti previsori si chiuderà con una flessione degli investimenti intorno al 3,0%; anche per il 2024 è prevista una ulteriore contrazione”.
“Il settore delle costruzioni chiude il 2023 con una dinamica negativa, che in parte è fisiologica – sostiene Giovanni Pelazzi, presidente di Argenta SOA – vista la straordinaria performance nei due anni precedenti, ma in parte è dovuta anche alle incertezze e ai cambiamenti che si sono susseguiti nella definizione e rimodulazione degli incentivi fiscali per il comparto, che continueranno ad avere effetti negativi anche nel 2024.
In particolare, nel settore della riqualificazione residenziale, il non collocamento presso terzi dei crediti fiscali comporterà significativi rischi di tenuta delle imprese meno solide, crisi di liquidità con effetti sulla catena delle forniture e la sospensione di molti lavori”.
Pelazzi analizza nei dettaglio i dati presentati oggi dall’Istat: “Avremmo voluto commentare dati diversi ma dobbiamo fare i conti con le statistiche ufficiali: la produzione nelle costruzioni dopo due anni di crescita intensa (+38%), nel 2023 è attesa in calo di circa il 2%. Sulla diminuzione dell’attività nel settore immobiliare italiano hanno influito diversi fattori: in primo luogo, la strategia di politica monetaria da parte della BCE che ha determinato, oltre a un rapido aumento del costo dei credito, anche una maggiore selettività nella concessione dei mutui, fattori che hanno scoraggiato gli investimenti in nuove costruzioni e nell’acquisto di abitazioni da parte dei privati.
Gli indicatori relativi al mercato immobiliare, disponibili ancora fino al 1° trimestre del 2023, mostrano un forte calo delle compravendite residenziali, diminuite dell’11% in un anno, e secondo i dati preliminari dell’Agenzia delle Entrate il calo dovrebbe essere proseguito anche tra la primavera e l’estate e, verosimilmente, non si interromperà nemmeno nei prossimi trimestri”.
Per l’amministratore delegato di Argenta SOA: “in secondo luogo ha agito l’incertezza sulla proroga delle misure di incentivazione fiscale che avevano avviato un importante processo di efficientamento del patrimonio immobiliare estremamente energivoro e vetusto. L’esaurimento della spinta proveniente dagli incentivi fiscali e il rapido rialzo dei tassi, sono fattori che continueranno a pesare sull’edilizia residenziale, mentre gli investimenti infrastrutturali previsti dal PNRR potrebbero innescare una ripartenza del settore ma solo nella seconda metà del 2024, secondo i previsori”.
Pelazzi analizza poi le prospettive del settore delle costruzioni nel 2024 partendo dal report del Cresme.
“Sono dati- spiega Pelazzi- molto negativi: nel 2024 e nel 2025 l’attività per manutenzione del settore residenziale si ridurrà in maniera robusta (dai 120 miliardi di euro del 2022 ai 60 miliardi stimati nel 2026); l’eccezionale spinta delle opere pubbliche non sarà in grado di garantire la tenuta dell’intero mercato, ma solo di attenuarne la caduta.
Secondo il Cresme il comparto delle opere pubbliche è entrato in una complessa fase esecutiva ed è chiamato alla sfida delle realizzazioni: tra gennaio 2019 e agosto 2023 sono stati messi in gara 267 miliardi di euro di lavori pubblici, dei quali 74 afferenti al PNRR, e ne sono stati aggiudicati 204, dei quali 48 dal PNRR. Vi è dunque una sfida importante per il comparto delle opere pubbliche relativa alla capacità di realizzazione, che potrebbe continuare a dare un contributo positivo almeno per il prossimo triennio”.
“Su questo scenario,- continua Pelazzi – nonostante i timori espressi da molti previsori, ritengo che si possano aprire nuove possibilità per il settore delle costruzioni, grazie a una diminuzione dei tassi da parte della BCE che alleggerirebbe il costo del credito per imprese e famiglie e potrebbe fare ripartire gli investimenti privati. Il cambio di rotta della politica monetaria in Europa potrebbe avvenire già nella prossima primavera, grazie all’effetto congiunto di due fattori: la forte decelerazione della dinamica dell’inflazione e il contestuale peggioramento del contesto macroeconomico europeo, specie in Germania, che determinerà forti pressioni politiche verso la BCE affinchè riveda le proprie strategie. Inoltre, le famiglie italiane stanno gradualmente ricostituendo il proprio risparmio, e il recupero del potere d’acquisto favorito dalla ripresa della crescita delle retribuzioni a un ritmo più forte rispetto alla dinamica dei prezzi, potrà favorire una parziale ripartenza della domanda nel settore”.
Per Pelazzi sono fondamentali incentivi fiscali certi e che permettano la pianificazione a lungo termine per le imprese.
“E’ indispensabile- dichiara Pelazzi- che a livello politico si lavori a nuovi incentivi fiscali la cui portata sarà obbligatoriamente molto limitata a causa delle ristrettezze del bilancio italiano che verrà ulteriormente messo sotto pressione dalle nuove regole del patto di stabilità europeo. Finita l’epoca dell’utilizzo “spensierato” delle risorse pubbliche, sarà quindi necessario pensare a forme diverse di finanziamento degli investimenti che coinvolgano anche i privati, per esempio attraverso PPP (Partenariato Pubblico e Privato); inoltre, sarà cruciale guardare alla rigenerazione urbana come motore della trasformazione dei territori”.
“Naturalmente – conclude Pelazzi – bisogna auspicare che non vi siano recrudescenze delle tensioni internazionali, poiché in caso contrario si avrebbe un impatto sui prezzi (soprattutto energetici) tale da potere determinare una nuova fiammata inflazionistica che rappresenterebbe un forte vincolo sulle prospettive economiche del nostro Paese”.