Rapporto Censis

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Nemmeno un po’ di interesse per la descrizione del gioco attraverso i “numeri” che sviluppa nel territorio italiano, i volumi di giocato, le scelte di prodotto che sono particolarmente differenziate lungo la penisola. Così il Censis ha pensato bene di analizzare la situazione, fotografando l’esistente in un rapporto che esamina gli ultimi dieci anni, i fenomeni, i cambiamenti, le innovazioni. Nel 1999, ad esempio, l’offerta era rappresentata da pochi giochi dai grandi volumi: lotto, scommesse ippiche, concorsi a pronostici. Il mercato all’epoca valeva 17,7 miliardi di euro e l’85% delle giocate erano concentrate sui prodotti leader già espressi. Insomma i consumatori mostravano una nettissima propensione per la componente fortuna (su 100 euro giocati le poste si distribuivano per il 77% del valore sulla componente fortuna e per il 23 % verso l’abilità). Già nel ’99 una propensione al gioco molto elevata e i volumi di giocato che sfruttavano le favorevoli congiunture dei numeri ritardari del lotto, ad esempio che consentirono di raccogliere circa il 60% degli introiti. Un primo fondamentale passaggio avviene tra il 2000 e il 2004, perché per contrastare il gioco illegale (come i videopoker) si generano nuovi giochi pubblici e si procede con una rivitalizzazione dei giochi in crisi, fuori ormai dei gusti del pubblico (Totocalcio e Totogol su tutti). La tradizione lascia spazio alla modernità e i consumatori mostrano di gradire se è vero che nel 2004 i volumi di giocato crescono a 24 miliardi, sempre con una preponderanza di scelte verso giochi di fortuna (79,9%). La situazione va a maturazione nel periodo dal 2004 al 2008: si definiscono meglio i gusti dei giocatori – consumatori e si espandono le reti di raccolta (e il gioco sbarca su Internet, ad esempio il poker, previa iscrizione ad appositi siti). Si sviluppa fortemente la raccolta dalle scommesse sportive (+300%) e dalle apparecchiature elettroniche (+580%) che rappresentano insieme il 55% del giocato complessivo. Con questa ulteriore precisazione, il numero dei giocatori in Italia si attesta sul 60% della popolazione e i volumi di gioco arrivano a toccare punte anche di 47 miliardi di euro, con il segmento luck (fortuna) che giunge a rappresentare l’87% del totale. La crescita del gioco nel decennio preso in esame dal Censis è pari al 268%, mentre quella dei consumi del 136%. Contrariamente a quanto si possa credere, la propensione verso il gioco non è correlata alla ricchezza, anzi semmai, dove il reddito è minore, più bassa è la propensione a giocare a qualsiasi iniziativa. Infatti le regioni dove la media del giocato supera quella nazionale sono proprio quelle dove anche i livelli del consumo sono in genere superiori alla media. Due sole regioni del Mezzogiorno hanno indici di giocato superiori alla media nazionale: la Campania e l’Abruzzo.
Analizzando bene la situazione, la spinta delle tecnologie, l’ampliamento della gamma di prodotti e la crescita del gioco telematico hanno nascosto agli occhi dei più un sistema robusto in termini di valore aggiunto e occupazione, oltretutto con un forte impegno dal punto di vista della ricerca e dello sviluppo. Secondo dati Confindustria, la filiera del gioco per la produzione (e quindi costruzione di apparecchi per l’intrattenimento, produzione di gratta e vinci, ecc.) e di servizi avanzati (informatica, sicurezza on line, ecc.) raggruppa 1.600 imprese circa, per 4,1 milioni di euro di fatturato per azienda e un valore aggiunto di 1,2 milioni ciascuna. Anche l’occupazione in questo settore conta, nella sola filiera industriale, tra 1 13 mila e i 15 mila addetti, mentre analizzando i bilanci si desume che l’investimento in ricerca e sviluppo è pari allo 0.6% del fatturato: praticamente il doppio di quanto avviene nelle aziende che si occupano di servizi innovativi.
Allargando la valutazione ad altri segmenti della filiera (esercizi pubblici e tabaccherie), l’occupazione può raggiungere anche le 80 mila unità (distribuite tra i 60 mila bar, 14 mila punti vendita specializzati tra agenzie e corner, i 4 mila circoli privati, i 2.200 ristoranti, le 1.500 sale giochi, le 220 sale bingo, 70 stabilimenti balneari, 450 alberghi e 500 banchi lotto).
Curioso il fatto che dall’indagine del Censis si rileva anche che il 20% degli occupati nel comparto nazionale “giochi” è in possesso di un titolo di studio molto elevato (laurea e/o master).
Ovvio che pur se con il consenso dello Stato, non si può trascurare che la voglia di giocare dei consumatori può avere un “aspetto malato” con chiaro riferimento al gioco compulsivo (in lieve ma costante crescita, con un giocatore tipo che è di sesso maschile, tra i 35 e i 54 anni, di medio-basso livello culturale) e al gioco illegale (nonostante gli sforzi dello Stato, per la criminalità organizzata si tratta sempre di un’area di business forte.
Dall’analisi del Censis si evidenzia che nuovi linguaggi entreranno a far parte del mercato giochi, ovviamente legati alle moderne tecnologie che investiranno nuovamente le tecnologie da utilizzare per il segmento. Il dinamismo degli ultimi anni dovrebbe fornire indicazioni per il futuro: le lotterie istantanee hanno trovato una formula di successo e hanno aumentato di sei volte il proprio volume tra il 2005 e il 2008; il Lotto è sostanzialmente in stallo, ma non lo è il Superenalotto che ha determinato il triplicarsi dei giorni di estrazione, rispetto all’originario sabato; il Bingo è stabile; i giochi on line, primo fra tutti il poker, lasciano intravedere un futuro di successo. Ma come gioca l’Italia? Per la verità di può parlare di diverse Italie che giocano e che lasciano e prendono primati a seconda delle situazioni. Per volume di giocato la provincia di Milano ha la leadership che dieci anni fa toccava a Roma (oggi al 2° posto).
Napoli e Torino si confermano al terzo e al quarto posto, mentre Bari ha scalzato Palermo dalla quinta posizione. Ma se i volumi di gioco ovviamente privilegiano le province più popolose, interessante diventa il rapporto tra volume di gioco e popolazione. Il giocato medio pro capite vede in testa Pavia (1.364 euro) che scalza Roma, prima nel ’98 e ora al 22° posto. Pescara, Rimini, Lodi e Teramo fanno parte della top five, mentre Milano dal 3° posto del ’98 è ora al 14°, Ascoli dal 4° è al 19° e Pistoia dal 5° è al 26° posto.

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