Il rapporto uomo-macchina tra transistor e terapie elettriche

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Mercoledì 17 marzo alle 17 un incontro al Tartini della “Settimana del cervello”: interventi musicali ispirati dall’opera pionieristica di Alvin Lucier Prosegue la “Settimana del Cervello”, organizzata dal Centro Brain dell’Università di Trieste con un incontro dedicato al “Cervello bionico” presso il Conservatorio “G. Tartini” (via Gheha 12/1). L’appuntamento è fissato per mercoledì 17 marzo alle 17. Interverranno il prof. Vincent Torre della Sissa che tratterà il tema “Cosa si può fare, interfacciando neuroni e transistor?”, il prof. Giuseppe O. Longo, teorico dell’informazione, che parlerà delle “Prove di umanità futura” e il prof. Gilberto Pizzolato del Centro Brain che si soffermerà sull’argomento “Quando la terapia è elettrica: la stimolazione cerebrale profonda”. “Da tempo abbiamo scoperto che il cervello è un organo elettrico e elettrizzabile – spiega il prof. Piero Paolo Battaglini del Brain -. Se il cervello è un organo elettrico, allora dobbiamo poter interagire davvero bene, con lui. Sappiamo fare un sacco di cose, con l’elettricità. Abbiamo perfino inventato i computer, che sono apparecchi elettrici, dopo tutto. Si può interfacciare un cervello con un computer? Possiamo mettervi dentro dei transistor o stimolarlo selettivamente là dove non funziona? Questi i temi affrontati nell’incontro di mercoledì”.

Nell’ospitare questo appuntamento della “Settimana del cervello”, il “Tartini” ha deciso di proporre inoltre alcuni interventi musicali curati dalla Scuola di Musica e Nuove Tecnologie, innovativo riferimento nella proposta didattica del Conservatorio triestino: le esecuzioni saranno incentrate sul rapporto uomo/macchina, e trarranno ispirazione dalla figura e dall’opera pionieristica di Alvin Lucier. Curati dai docenti Nicola Buso, Paolo Pachini, Pietro Polotti, verranno in particolare proposti due allestimenti di un’opera di Lucier che indaga il rapporto tra soggetto e ambiente, nella mediazione di un apparato tecnologico. Seguirà un rinfresco, prima del successivo evento musicale nell’ambito dei “Mercoledì del Conservatorio”.

SCHEDA SU ALVIN LUCIER
È il 1965 quando Alvin Lucier licenzia “Music for solo performer, for enormously amplified brain waves and percussion”: l’attività cerebrale del performer è un segnale elettrico che viene opportunamente amplificato ed utilizzato per far suonare un set di percussioni; ma se il soggetto, di cui monitoriamo l’attività elettrica cerebrale, è in relazione con l’ambiente, lo stesso Lucier ci può aiutare ad indagare la relazione tra suono e ambiente grazie a “I am sitting in a room”, realizza 1970. Si tratta di un lavoro in cui un performer in un primo momento recita un testo e lo registra; in un secondo momento diffonde la registrazione nella sala e la registra: la voce registrata in origine si carica così delle risonanze e del colore proprio dell’acustica della sala in cui viene riprodotta; in un terzo momento il performer diffonde la registrazione della registrazione, che verrà a sua volta registrata e successivamente ancora diffusa in sala; il testo recitato descrive le operazioni svolte dal performer: «I am sitting in a room different from the one you are in now. I am recording the sound of my speaking voice and I am going to play it back into the room again and again until the resonant frequencies of the room reinforce themselves so that any semblance of my speech, with perhaps the exception of rhythm, is destroyed. What you will hear, then, are the natural resonant frequencies of the room articulated by speech. I regard this activity not so much as a demonstration of a physical fact, but more as a way to s-s-smooth out any irregularities my speech might have».

Si costruisce un sistema con retroazione, in cui l’output rientra nell’input, anche a livello semantico; passo dopo passo emergerà in modo sempre più evidente l’impronta sonora dell’ambiente in cui si svolge la performance: l’interazione uomo-macchina-ambiente converge nella costruzione di un’esperienza musicale che valorizza le risonanze di un’acustica naturale in funzione della morfologia del linguaggio.
Nell’allestimento proposto in questa occasione, al performer si sostituisce la voce stessa di Alvin Lucier, riprodotta da una registrazione in vinile –con le caratteristiche specifiche sia della voce dell’autore, sia del supporto in cui essa è memorizzata. La memorizzazione analogica, inoltre, verrà uilizzata in un ambiente di riproduzione e registrazione digitale, stratificando ulteriormente la stratificazione degli ambienti d’ascolto che caratterizza l’opera, attraverso la ri-mediazione del documento originale, riposizionato dalla memorizzazione nel dominio continuo (analogico) del vinile alla memorizzazione nel dominio discreto del mezzo digitale. La memoria d’ascolto dell’ambiente dialoga con gli ambienti della memoria tecnologica.

Si prospetta allora la possibilità di intraprendere una linea di ricerca sulla retroazione tra soggetto e ambiente, mediata dall’esperienza d’ascolto vista come attività elettrica del cervello. L’ambiente acustico naturale, il paesaggio sonoro, in simbiosi con lo sfondo tecnologico dell’apparato elettroacustico, entra in relazione con il soggetto, relazione descritta appunto monitorando l’attività elettrica cerebrale in funzione dell’esperienza d’ascolto; se poi il monitoraggio dell’attività cerebrale conseguente all’esperienza d’ascolto viene utilizzato per la trasformazione del paesaggio sonoro in cui il soggetto osservato è immerso, delineeremo un sistema retroattivo, per cui il paesaggio sonoro influenza l’attività cerebrale del soggetto e al tempo stesso viene da essa modificato, conferendo impalpabile consistenza sonora alla relazione che l’uomo intrattiene con l’ambiente.

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