Clienti e carte fedeltà: due su tre vogliono interagire con l’azienda

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Il secondo step della ricerca Css lab e Affinion mostra che il consumatore vuole essere coinvolto dalla comunicazione. Ma i modi devono essere giusti: meglio la mail della telefonata. Quando un cliente partecipa a un programma fedeltà, vuole essere coinvolto dall’azienda che lo promuove. Chi possiede almeno una carta fedeltà, in due casi su tre dimostra infatti di avere un’attitudine positiva ad interagire con il marchio. Una voglia di coinvolgimento che in quasi il 30% dei casi è “alta”. È quanto emerge dal secondo step della ricerca sul “customer engagement and loyalty programs” elaborata dal Customer&service science lab della Bocconi in collaborazione con Affinion International, multinazionale specializzata nello sviluppo di soluzioni di marketing relazionale e programmi loyalty. I risultati di questa seconda parte dello studio sono stati presentati oggi in Bocconi durante il convegno “Come coinvolgere il consumatore che partecipa a un programma fedeltà?”.

Per analizzare la propensione dei possessori di carte fedeltà a essere contattati e coinvolti dalle aziende, la ricerca ha preso in considerazione un totale di 582 carte, 168 di programmi fedeltà del settore finance e 414 genericamente del settore retail (come catene di elettronica, negozi di abbigliamento, profumerie e librerie). Quale contenuto preferisce ricevere il cliente di un programma fedeltà? “Le più gettonate sono le promozioni, sia indistinte (47,6%) che personalizzate (44,7%)”, spiega Alessandro Arbore, ricercatore del Css lab. “Seguono le newsletter (40,6%), soprattutto nel settore finance, e i sondaggi”. Bassa, in media, è invece la propensione a essere coinvolti attraverso le community online (22,6%). Tuttavia, scomponendo quest’ultimo dato, emerge una disponibilità a interagire via internet fino al 50% tra gli uomini nella fascia 18-55 anni e tra le giovani donne (18-35 anni), s! egno che, in realtà, persiste un digital divide tra nuove e vecchie generazioni.

Per quanto riguarda invece i canali attraverso cui il cliente vuole essere contattato spicca nettamente l’email, in particolare nei programmi fedeltà di banche o carte di credito. Nel settore finance, infatti, l’80% di chi vuole ricevere promozioni preferisce averle per posta elettronica, mentre la posta cartacea si piazza al secondo posto delle preferenze ma con il 41% (l’indagine prevedeva risposte multiple), seguita dagli sms col 14%. Ultima invece la classica telefonata (12%), segno che il contatto diretto proprio non piace al consumatore. “Solitamente questa è considerata dalle aziende il metodo più incisivo per entrare in contatto col cliente, in realtà è il meno gradito quindi non rappresenta la scelta strategica migliore”, commenta Arbore. “Da questa analisi emerge come i consumatori”, aggiunge Andrea Ordanini, vicedirettore del Css lab, “vogliano essere coinvolti più! ; di quanto le aziende stesse pensano. Il problema è che non vogliono che sia fatto nelle modalità che l’azienda mediamente propone, come appunto la telefonata”. La classifica è sostanzialmente confermata anche per i loyalty programs del retail, nel quale, però, posta elettronica e ordinaria sono testa a testa. La prima viaggia su percentuali dal 58% al 45% (i ricercatori hanno sdoppiato i dati tra uno scenario migliore e uno peggiore, a seconda che la promozione arrivi da un’azienda che il cliente apprezza oppure da una alla quale non è particolarmente interessato); la seconda, il cartaceo, fa segnare il 57% nel migliore e il 59% nel peggiore dei casi (anche in questo caso, l’intervistato poteva dare più risposte). I due tipi di posta si confermano, inoltre, i mezzi preferiti anche per ricevere sondaggi.
I ricercatori hanno poi valutato le condizioni che favoriscono la disponibilità a interagire con l’azienda. Per quanto riguarda le promozioni indistinte, il principale fattore che orienta il cliente al volerle ricevere è la fiducia mentale verso l’azienda, “ossia il valore che il consumatore percepisce nella relazione con il brand”, spiega Ordanini. Nel caso delle offerte personalizzate, invece, diventa centrale l’importanza che il cliente assegna alla categoria di prodotti che l’azienda promuove. Più che al marchio, dunque, l’utente è interessato al prodotto. Per quanto riguarda la propensione ad essere coinvolti attraverso sondaggi, “la dimensione chiave diventa la fiducia: non bastano la soddisfazione nella relazione e la forza del brand, ma serve fiducia sia verso l’azienda, sia verso il loyalty program stesso”.

Più in generale, la ricerca evidenzia come, “là dove non c’è interesse da parte dei clienti per una certa categoria di prodotti, la loro marca (anche se molto nota) non influisce sulla scelta di interagire con l’azienda”, spiegano i ricercatori. In questo caso, invece, ciò che fa la differenza è la cosidetta self brand connection: “Il cliente non particolarmente interessato alla categoria di prodotto è più disposto a farsi coinvolgere se si ritrova nei valori che quel marchio esprime”, commenta Arbore.

In conclusione, dall’analisi delle risposte del consumatore alle strategie di coinvolgimento delle aziende, “emerge un potenziale di fedeltà, che avrebbe positivi effetti sul brand, che a tutt’oggi forse non viene adeguatamente sfruttato dalle aziende”, conclude Ordanini. “Il cliente è molto più disposto a essere coinvolto di quanto si pensi, ma le imprese devono rivedere gli strumenti e le occasioni di comunicazione”.
“I dati di questa seconda parte della ricerca confermano la tendenza evidenziata dalla fase iniziale del progetto, nonché l’esperienza che riscontriamo quotidianamente nell’interazione con il mercato”, dichiara Carlo Sirtori, general manager di Affinion International. “Risulta sempre più strategica la capacità di costruire un ‘customer engagement’, quindi una relazione profonda e solida con il cliente, che è disposto a essere coinvolto, ma solo se lo si conosce bene, attraverso la proposta di strumenti e canali personalizzati, giusti per lui”

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