Agricoltori vs porto di Ancona

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“Occorre fermare il continuo furto di identità e proprio per questo motivo abbiamo scelto di effettuare un blitz nel luogo dove ogni giorno transitano tonnellate e tonnellate di prodotti spacciati per made in Italy”. Il presidente di Coldiretti Marche, Giannalberto Luzi, è sul piede di guerra e ha guidato la protesta degli agricoltori del 3 giugno scorso, con un migliaio di partecipanti giunti da tutta la regione con 150 tra trattori, mietitrebbie e veicoli agricoli per manifestare contro l’ingresso giornaliero nel porto di Ancona di navi che scaricano granaglie (grano, soia, girasole e mais) provenienti dall’estero e in alcuni casi anche OGM e che vengono poi spacciate per prodotti italiani, allo scopo di far crollare i prezzi del mercato, ingannando i consumatori, sia per la provenienza, sia per i prezzi al consumo in costante aumento. Non è un caso, infatti, che i mezzi agricoli si sono radunati per manifestare intorno ai silos dell’area portuale dorica, dove vengono immagazzinati i grani importati. Lo scalo dorico è uno dei principali porti dove ogni giorno vengono scaricate tonnellate di prodotti che poi vengono trasformati in “made in Italy”. Tra i dati forniti dalla Coldiretti, infatti, ogni ora entrano al porto di Ancona navi che scaricano 10 mila chili di grano straniero che poi diventerà marchigiano per effetto della “bacchetta magica” nascosta nei silos. Allo stesso modo hanno dimostrato che un pacco di pasta su tre è prodotto con grano straniero, ma questo non viene dichiarato sull’etichetta.
Un’occasione, quella della protesta degli agricoltori, che non poteva essere persa dal movimento Dedalus che ha subito sottolineato, attraverso il suo portavoce Giovanni Mauro, come non solo l’aria del porto sia irrespirabile anche per il contributo di tali granaglie, ma anche come si aggiunga ai già gravi danni l’ulteriore beffa delle granaglie che vengono “ripulite” e spacciate per marchigiane… Ovvio che da questo punto di vista è stata data ampia solidarietà agli agricoltori marchigiani, facendo fronte comune su una battaglia che alla fine può essere raccolta sotto una sola bandiera che è quella che vuole lo smantellamento di pezzi di archeologia industriale come i silos del porto, datati 1966 per quanto riguarda la realizzazione e ormai obsoleti e che determinano la fuoriuscita in atmosfera di polveri inquinanti e degradanti.
“Il problema della valorizzazione dei prodotti locali – ha aggiunto il presidente di Coldiretti Luzi – non è solo degli agricoltori, ma dell’intera società marchigiana, poiché se le merci straniere continueranno a poter essere vendute e pagate come italiane, la nostra agricoltura rischierà di scomparire, con danni economici, sociali e ambientali pesantissimi».
E’ stato spiegato che, nelle Marche, otto chili di grano costano come un caffè, cento quanto una pizza al piatto e mille chili di grano hanno lo stesso costo di un paio di scarpe. Il grano nel giro di pochissimi anni si è deprezzato da 50 a 13 centesimi di euro, un calo che però non è visibile sui prezzi al consumo che invece sono sempre più alti. La soluzione? I manifestanti hanno richiesto di introdurre l’obbligo di indicazione, in etichetta, dell’origine degli alimenti: solo così sarà possibile salvare i prodotti italiani. “Chiediamo qualità e trasparenza – ha aggiunto il presidente Luzi – con una filiera tutta italiana e il controllo dei procedimenti non soltanto nella lavorazione delle aziende, ma fin quando si mette il seme nella terra. E il problema non è soltanto per il grano, perché al porto di Ancona arrivano anche tonnellate di pomodori dalla Cina che poi finiscono nelle bottiglie di passata italiana, o aglio che poi viene lavorato nel nostro Paese, diventando un prodotto made in Italy, quando in realtà non lo è affatto”.
Hanno promesso una sorveglianza continua del porto di Ancona e simbolicamente hanno presidiato anche le acque dello scalo con un peschereccio allestito da Coldiretti Impresa Pesca e con un gommone, al fine di intercettare le navi cariche di prodotti alimentari stranieri e soprattutto scoprire dove tali tonnellate di prodotto vanno a finire, per denunciare poi chi li spaccia come prodotti marchigiani.
“Il movimento Dedalus – ha aggiunto Giovanni Mauro – nei prossimi giorni presenterà una segnalazione per porre i sigilli ai silos del porto di Ancona, al fine di smetterla definitivamente con le lavorazioni nocive e ponendo fine a un doppio danno, sia per l’economia agricola delle Marche, sia per l’inquinamento dell’aria a causa della pericolosità delle polveri sottili che si sviluppano anche da carbone, caolino, cereali e cemento, stoccati nei silos. Inutile dire che i silos verticali sono superati e cosiffatti pure illegali! Sono, infatti, a rischio di “spontaneous combustion”, rischiando di esplodere, proprio per la loro totale mancanza di accorgimenti atti alla sicurezza. Si potrebbero sostituire con quegli strumenti che al porto di Ravenna chiamano “sacconi”, ovvero sacchi a tenuta stagna, a forma di dirigibile con un aspiratore da una parte e un erogatore dall’altra, a più vie per carichi contemporanei e su mezzi diversi. Sono assolutamente sicuri e anche poco ingombranti, visto che una volta vuoti possono essere richiusi e piegati su se stessi e immagazzinati altrove. Ma, ovvio, non si parla solo di cereali e granaglie.
C’è anche la pericolosità del carbone, perché se è vero che in Umbria le miniere di Pietrafitta e Bastardo sono state chiuse, ad Ancona, pur con i suoi impianti obsoleti, resta sempre tutto operativo!”.

Farmers towards the port of Ancona
“It is necessary to stop the theft of identity and for this reason we have chosen to go in the place where every day transit tons and tons of products spread as made in Italy”. The president of Coldiretti Marche, Giannalberto Luzi, is on the war footing and he has taken the lead of the agriculturists protest of the last 3th June against the daily income in the port of Ancona of ships that load up oat grass that come from abroad (wheat, soya, sunflower and maize), and sometimes GMO also that are diffused as Italian product, in order to go down the prices of the market, cheating the consumers, both for the origin, and for the consumption prices always increasing.
An occasion that could not be lost from Dedalus a movement that has quickly emphasized, through its spokesman Giovanni Mauro, as not only the air of the port is irrespirable also for the contribution of such oat grass, but also it joins at the already serious damages the ulterior hoax of the oat grass, that are cleaned and sell off as marches products…
“The Dedalus movement – Mauro said – will introduce a signalling to the public prosecutor’s office in order to put the seals to the silos of the seaport of Ancona, in order to stop the harmful workings that cause a double damage, for Marches agricultural economy and for the air pollution because of the dangerousness of the thin powders that are developed also from coal, kaolin, cereals and cement.
Useless to say that the vertical silos are old and they are illegal also! They could be replaced with “big sacks” like that used to the port of Ravenna, that is watertight sacks, with an extractor on one side and a distributor from the other side, absolutely sure and not bulky, in fact after emptied they can be refold and stored elsewhere.
There is also the dangerousness of the coal, because if is true that in the Umbria region the mines of Pietrafitta and Bastardo have been closed, in the city of Ancona, also with its obsolete systems, remains always operational”.

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