In due geni la prognosi delle malattie cardiovascolari

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Sembra esistere una predisposizione genica allo sviluppo di un particolare tipo di placca aterosclerotica coronarica carotidea, strutturalmente più fragile, che poi scatena eventi vascolari gravi o mortali come l’angina instabile, l’infarto miocardio o l’ictus. L’Università degli Studi di Trieste ha contribuito alla definizione di questa predisposizione genetica con un lavoro recentemente pubblicato su una importante rivista scientifica del settore (http://dx.doi.org/10.1016/j.atherosclerosis.2010.12.010).

L’ipotesi di lavoro dei ricercatori delle Unità Cliniche di Clinica Medica, Anatomia Patologica e di Chirurgia Vascolare era che questa predisposizione risiedesse nei geni di una classe di proteine, le metalloproteasi, che presiedono al continuo rimodellamento di organi e apparati, sia sani sia affetti da patologie, come appunto le arterie colpite da aterosclerosi. Il lavoro ha fornito evidenze che piccole varianti della sequenza del DNA (definite in termine tecnico polimorfismi), regolando la quantità di queste proteine nei tessuti, influenzano le dimensioni, la struttura e la fragilità della placca e, di conseguenza, la prognosi di un infarto o di un ictus.
“Lo studio ha in sostanza dimostrato ”, spiega il dott. Fiotti, principale ricercatore dello studio, “che due polimorfismi nei geni che codificano per le metalloproteasi 1 e 9, facilitano sia la rottura delle placche – assottigliando il cappuccio protettivo e incrementando la porzione necrotica centrale della placca- sia una peggiore prognosi degli eventi vascolari acuti quali angina instabile, infarto e icuts”.

Lo studio ha fornito due dati inattesi, che avranno un grosso impatto sul futuro della ricerca in quest’ambito. Il primo è che la MMP-1, proteina col maggior potenziale per degradare la placca e renderla quindi predisposta alla rottura, è in realtà un agente protettivo per l’aterosclerosi con meccanismi che sono ora oggetto di studio, il secondo che la presenza di ognuno dei due polimorfismi che aggravano la prognosi rende le placche di vent’anni più vecchie, rispetto a quelle di chi è portatore delle varianti protettive: portatori di entrambi i polimorfismi più critici avevano un aumento di 16 volte del rischio di complicanze dopo un primo evento cardiaco, durante il ricovero ospedaliero. Le ricadute cliniche dello studio sono molteplici, spiegano i ricercatori, dallo sviluppo di analoghi della MMP-1 per la prevenzione degli eventi vascolari, a quello di inibitori specifici della MMP-9, il vero effettore della crescita della placca, alla possibilità di predire precocemente e con grande precisione il rischio vascolare individuale, visto che il test utilizzato può essere effettuato in qualsiasi momento della vita di un individuo.
Gli autori concludono sottolineando che la soddisfazione per il risultato è accompagnata dalla speranza di trovare adeguati finanziamenti per tradurre sul piano clinico, e quindi a vantaggio della collettività, questo capitolo della ricerca cardiovascolare.

Per informazioni:
Prof. FIOTTI Nicola
Clinica Medica Generale
Tel: 0403996226
Cellulare: 3409169316
Mail: fiotti@units.it

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