Il Piano del Sud frena l’Abruzzo

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«Nei prossimi giorni incontrerò, con i delegati del Patto per l\’Abruzzo, i rappresentanti del Governo nazionale, pronto a sbloccare i circa 600 milioni di euro di fondi Fas». Il presidente della Regione Gianni Chiodi conferma l'imminenza dell'incontro sollecitato a più riprese in questi giorni dai componenti del Patto (Confindustria e Pd in testa, pronti ad abbandonare il tavolo se non ci saranno risposte immediate). Il governatore starebbe cercando di concordare la data del vertice tra giovedì e venerdì. L'incertezza è legata alla situazione nazionale per nulla tranquilla. Intanto l'Ugl Abruzzo con il segretario generale Piero Peretti invita i membri del Patto ad abbandonare le polemiche che «non giovano certo alla complessa e difficile situazione abruzzese».

«I sottoscrittori del Patto», dice Peretti, «sin dal momento della stipula si sono prefissi l'obiettivo di creare un nuovo metodo nell'affrontare le varie criticità che affliggono il nostro territorio. Le tensioni di questi ultimi giorni rischiano di compromettere lo spirito del Patto che, è bene ricordarlo, resterà come modello operativo anche con le amministrazioni che saranno impegnate, in futuro, a governare la Regione. Sbaglia chi minaccia di abbandonare il Patto», incalza Peretti, «ma sbaglia altresì chi ritiene di poter portare avanti il progetto con l'assenza di componenti importanti».

Per la Regione l'appuntamento romano è centrale. Perché i 612 milioni dei Fas sono vitali per ridare fiducia, oltre che risorse, al sistema produttivo abruzzese. E perché il contemporaneo Piano per il Sud varato dal Cipe a favore delle otto Regioni del Mezzogiorno ha aperto un nuovo fronte nel quadro della competitività tra territori. Da quando l'Abruzzo è uscito dall'Obiettivo 1 dell'Unione europea, cioè da quando gli indici economici lo hanno portato fuori dal Sud (Pil regionale superiore al 75% della media Ue), l'Abruzzo ha perso terreno rispetto al Mezzogiorno. Si è cioè ristretto il divario tra le rispettive economie. Basti un dato per tutti: il Pil procapite dell'Abruzzo era nel 2000 il 128,1% rispetto al Pil procapite del Mezzogiorno; nel 2009 questo rapporto si è ridotto al 120,5%. Se, insomma, l'Obiettivo Convergenza (il nuovo Obiettivo 1) ha funzionato per il Mezzogiorno, l'Obiettivo Competitività (il nuovo Obiettivo 2) non pare abbia funzionato per l'Abruzzo, che ha registrato un arretramento che i 7,5 miliardi del Piano nazionale per il Sud rischiano di accentuare.

Sta qui il nodo della discussione che si è accessa in queste settimane tra chi (l'opposizione) attacca la Regione per il mancato inserimento nel Piano e chi, come il governatore Gianni Chiodi, difende la scelta del governo (accettata dalla Regione), sottolineando l'importanza dei due strumenti specifici per l'Abruzzo sottoscritti da Regione e governo: il Masterplan (1,8 miliardi di euro) e l'Intesa generale quadro infrastrutture (6 miliardi), oltre ai 612 milioni del Fas Abruzzo. È questo, dice Chiodi, e dice il centrodestra, il vero Piano per l'Abruzzo. Al momento però il Cipe ha deliberato solo i soldi del Piano per il Sud (anche se sulla disponibilità vera di questi fondi il Sole24 Ore ha sollevato qualche dubbio), mentre le risorse per l'Abruzzo sono o bloccate (Fas) o virtuali (Masterplan e Intesa quadro).

Ma che cosa c'è dentro il Piano per il Sud? Tutto quello che occorrerebbe all'Abruzzo. È per questo che se il Piano parte, mentre Masterplan e Intesa restano sulla carta, l'Abruzzo rischierebbe di non entrare mai in gara nella sfida per la competitività e lo sviluppo.

Il Piano per il Sud parte dalla constatazione del divario «immutato da oltre 40 anni» tra il Mezzogiorno e il resto del paese. Fino a oggi, sottolinea il documento, lo stato era intervenuto quasi in funzione risarcitoria, in una «logica di supplenza dello sviluppo e della crescita, piuttosto che di promozione dello sviluppo». Il Piano rovescia questo assunto e mette al primo posto la promozione della crescita, introducendo, nelle intenzioni, una «discontinuità dell'azione pubblica che ne innalzi l'efficacia», superando la pericolosa inerzia nell'utilizzo dei fondi pubblici documentata dal Piano (38% di utilizzo dei Fas 2000-2006; 6 miliardi di risorse non programmate; 7% di impegno di spesa dei programmi comunitari 2007-2013).

Per raggiungere questo obiettivo, il Piano sceglie di concentrare le risorse su otto grandi priorità, tre infrastrutturali, cinque legate a questioni «ambientali» come l'efficienza della pubblica amministrazione, la giustizia, il credito. Su questo secondo punto l'Abruzzo ha carte proprie da giocare, ma sulle infrastrutture il divario col Sud rischia di aggravarsi, soprattutto riguardo al trasporto su ferro. Il primo obiettivo del Piano è infatti la creazione entro il prossimo decennio di un sistema ferroviario ad Alta capacità su tre linee: Napoli-Bari-Lecce-Taranto, Salerno-Reggio Calabria, Catania Palermo. Con il completamento di queste opere, il contemporaneo rafforzamento del sistema portuale e con la realizzazione del Ponte sullo Stretto, il Sud potrà contare su «un moderno sistema di collegamento verso il Nord Italia e il Centro e Nord Europa», garantendo «l'interconnesione fra i corridoi transeuropei Ten, collegando il Corridoio I (Berlino-Palermo) con il Corridoio VIII (Bari-Sofia)». Il trasporto stradale prevede la realizzazione della Olbia-Sassari, il completamento della Salerno-Reggio Calabria e l'autostrada Catania-Siracusa-Gela-Trapani. Forte rilevanza assumeranno anche le infrastrutture e la logistica delle aree urbane. Su tutto questo dovrà confrontarsi l'Abruzzo. Sempre che il Piano non resti un libro dei sogni.

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