Il rispetto per la tragedia che è avvenuta a Genova costata la vita a 9 persone sul proprio posto di lavoro, impone un’immediata riflessione su come evitare nei nostri porti il ripetersi di queste tragedie.
Non è sciacallaggio ma atto di responsabilità chiedere proprio adesso che l’attenzione dei decisori
verso i porti è massima, di prendere delle decisioni nella direzione dell’interesse comune,
innanzitutto del sistema produttivo italiano che attraverso i porti hanno il loro elemento logistico
principale di internazionalizzazione e sviluppo.
Dire ad un porto che non è sufficientemente dimensionato non è un’offesa, mentre riconoscerlo
da parte dei rappresentanti del primo porto italiano, che, spesso da generazioni, vivono di
economia portuale è un atto di responsabilità nei confronti di tutta la comunità portuale
nazionale. Sono più che mai urgenti, adesso anche per questioni di sicurezza infrastrutturale – da
anni sotto gli occhi di tutti ma adesso tristemente rimbalzate con l’inevitabile – scelte
programmatiche con un Piano nazionale di logistica, in termini di nuova geografia economica che
rivalutando il territori come integratori delle attività delle imprese, integri le infrastrutture
logistiche marittime, terrestri e aeroportuali tra loro. Le risorse all’osso di cui dispone il Paese
impongono scelte verso la crescita infrastrutturale di quei pochissimi porti in cui vi sono le
maggiori potenzialità internazionali richieste dal mercato, mantenendo gli altri nella loro funzione
territoriale regionale.