Le imprese con un amministratore delegato donna e altre donne nel consiglio di amministrazione ottengono risultati migliori delle altre, secondo una ricerca di Alessandro Minichilli e Mario Daniele Amore con Orsola Garofalo Consiglieri d’amministrazione o amministratori delegati donne non migliorano necessariamente la performance delle imprese familiari, ma quando un’amministratrice delegata può interagire con altre donne nel consiglio di amministrazione, si crea un’alchimia che porta a incrementi dei profitti che possono raggiungere il 18%, evidenziano Alessandro Minichilli e Mario Daniele Amore (Università Bocconi) in Gender Interactions within the Family Firm (con Orsola Garofalo, Universitat Autonoma de Barcelona), di prossima pubblicazione in Management Science.
Quando l’amministratore delegato è donna, le imprese con un consiglio di amministrazione a prevalenza femminile registrano in media un incremento dei profitti del 18%, mentre un aumento della presenza femminile dal 25° al 75° percentile si traduce in una crescita dei profitti del 12%.
Minichilli, Amore e Garofalo avanzano due possibili spiegazioni: “Primo, la presenza di consiglieri donne può far crescere l’autostima delle amministratrici delegate, in un ambito come quello della leadership aziendale, che è considerato tipicamente maschile. Secondo, la cultura aziendale più attenta alle specificità femminili che deriva da una maggiore presenza delle donne nel consiglio di amministrazione può incoraggiare la cooperazione e lo scambio di informazioni al più alto livello, migliorando così la qualità della consulenza fornita dal consiglio di amministrazione”.
L’effetto è molto eterogeneo e gli studiosi rilevano che è più forte nelle piccole imprese (forse perché è più facile lasciare un segno personale), in quelle localizzate in aree con idee più progressiste del ruolo delle donne nella società e quando i consiglieri d’amministrazione donna non provengono dalla famiglia controllante (perché in questo caso è più probabile che le nomine siano dovute al merito).
Per testare il loro modello, gli autori utilizzano un database che comprende tutte le imprese italiane controllate da una famiglia con fatturato superiore ai 50 milioni di euro, sviluppato dalla Cattedra AIdAF-Alberto Falck di strategia delle aziende familiari per l’Osservatorio AUB (AIdAF-Unicredit-Bocconi, insieme alla Camera di commercio di Milano). Ai loro fini, identificano 2.400 imprese a controllo familiare per anno nel periodo 2000-2010 e misurano la performance operativa in termini di redditività del capitale investito (ROA – Return on assets).