Divennero famose, nel mondo, realizzando le borse in pelle per le first ladies presenti al G8 dell’Aquila. Ma siccome la Regione ha chiuso i rubinetti dei finanziamenti, adesso due consorzi di imprese del Teramano nati per aggredire con più successo i mercati esteri, si vedono costretti a rompere le righe. La denuncia arriva da Giovanni Di Michele, presidente regionale di Cna Federmoda e imprenditore fortemente impegnato nella costruzione di reti d’impresa, intervenuto questa mattina a Pescara, con il direttore regionale della Cna, Graziano Di Costanzo, alla presentazione dei dati relativi all’andamento delle esportazioni nel primo semestre del 2013. «Purtroppo, i finanziamenti individuati per il 2010 e il 2011 sul fondo unico per le attività produttive della Regione, appena 200mila euro l’anno per il sostegno alle attività dei due consorzi, “TerModa” e “Get export” – dice – sono stati cancellati. Certo, non per volontà della politica, ma il risultato è lo stesso; e così ora dovremo spiegare ai nostri associati, una quarantina di imprese in gran parte espressione proprio del settore della moda e con centinaia di dipendenti, gente che aveva creduto nella possibilità di promuovere assieme le vie dell’export, che dovranno mettere mano al portafogli per chiudere le attività dei due consorzi». Insomma, nonostante l’encomio solenne del presidente della Regione, Gianni Chiodi («Il dono che abbiamo fatto alle first ladies sono prova dell'elevata qualità della produzione manifatturiera abruzzese che vanta un'antica tradizione» disse all’indomani del vertice aquilano), alla prova dei fatti il sostegno alle piccole imprese che esportano nel settore della moda (ai due consorzi aderiscono anche imprese di altri comparti produttivi, ndr) si rivela fragile. Come fragile è anche la struttura delle piccole imprese abruzzesi, a cominciare proprio dal comparto della moda: «La situazione non è migliore rispetto al resto d’Italia, ed anzi su diversi fronti siamo tornati a performance tipiche del Mezzogiorno: il settore, infatti, incide solo per il 6,8% sul totale delle esportazioni, contro l’11% a livello nazionale» spiega ancora Di Michele. «Il made in Italy – aggiunge – è apprezzato ovunque e da sempre: abbiamo imprese in grado di realizzare elevate performance qualitative, eppure non siamo ancora stati capaci di incrementare queste percentuali. Dovrebbe essere questa la sfida dell’intero tessuto produttivo ma anche della politica nei prossimi anni». E a certificare lo stato di salute non eccelso del comparto contribuiscono i dati relativi all’andamento delle imprese: nel secondo trimestre del 2013, infatti, sono 2.398 le aziende censite, con la perdita di 64 unità rispetto al secondo trimestre del 2011 e la perdita stimata di oltre 1.800 posti di lavoro. Di pari passo, sempre nello stesso comparto, l’impennata della Cassa integrazione: nei primi sei mesi dell’anno sono state concesse 548 milioni di ore di “Cig” (+ 4,6 rispetto al 2012).
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