Nuovo nanomateriale per la produzione di acqua ossigenata

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In base alla formula chimica, H2O2 è un composto che poco dice a una grande percentuale della popolazione mondiale. Nella sua denominazione chimica comune, “perossido di idrogeno”, forse questo numero di ignari scende di un bel po’. Ma nella sua denominazione gergale, acqua ossigenata, quasi tutti esclamerebbero un “Ah!” di comprensione. Ed in effetti l’acqua ossigenata è un prodotto molto comune. La somiglianza della formula chimica con quella dell’acqua (H2O) è però ingannevole. Le due specie hanno proprietà profondamente diverse, che si riflettono negli usi che si fanno dell’acqua ossigenata rispetto all’acqua. L’acqua
ossigenata è un noto disinfettante per ferite ed è caro soprattutto al genere femminile come
prodotto di cosmesi, per rendere i capelli biondi. A parte questi usi, forse molti non sanno che il perossido di idrogeno è una molecola cruciale anche in altri ambiti, tra cui quello industriale,
dove viene impiegato dall’industria della carta per lo sbiancamento di cellulosa, dall’industria
tessile per lo sbiancamento di indumenti, e come ingrediente in vari detergenti.
In un recentissimo articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Chem, i gruppi di ricerca dei Prof
Maurizio Prato dell’Università di Trieste, del CIC BiomaGUNE di San Sebastian e del Consorzio
INSTM, Prof. Paolo Fornasiero dell’Università di Trieste, dell’Istituto ICCOM-CNR e di INSTM,
della Dr.ssa Silvia Marchesan dell’Università di Trieste in collaborazione con il gruppo del Dr.
Francesca Vizza dell’Istituto ICCOM-CNR di Firenze e la Dr.ssa Lucia Nasi dell’Istituto IMEMCNR di Parma hanno messo a punto un catalizzatore a base di carbonio in grado di produrre selettivamente ed in maniera efficiente H2O2 a partire da ossigeno e acqua attraverso un processo elettrochimico.
La molteplicità di applicazioni dell’acqua ossigenata implica una produzione annuale di acqua
ossigenata molto consistente, che si aggira intorno ai due milioni di tonnellate, muovendo
così considerevoli capitali economici. Il prof Prato presenta una visione di più ampio respiro per l’utilizzo di H2O2: «effettivamente bisogna pensare che l’acqua ossigenata è un disinfettante molto efficace, non solo per le ferite da taglio, ma anche per la rimozione di agenti inquinanti delle acque. Dal momento che l’H2O2 è, rispetto ad altri disinfettanti usati soprattutto nei Paesi Sviluppati, un prodotto meno costoso, si può immaginare un importante utilizzo in paesi con difficoltà economiche elevate, come i paesi del Terzo Mondo. Qui, l’acqua ossigenata può essere un prodotto sostitutivo in grado di garantire acque più pulite e nello stesso tempo essere il disinfettante di riferimento per cliniche ed ospedali».
Questa visione in un certo qual modo rivoluzionaria è però al momento compromessa da un
problema. Infatti, a dispetto del largo uso di questo prodotto chimico molto noto, la sua
preparazione (in termini più scientifici “la sua sintesi”) su larga scala si basa su un processo
piuttosto complicato. Come spiega il prof Fornasiero «in effetti al giorno d’oggi l’acqua
ossigenata è prodotta industrialmente attraverso il cosiddetto “processo all’antrachinone”, che oltre a essere inquinante, si basa anche sull’uso di un catalizzatore al palladio, metallo piuttosto costoso. Quindi, se davvero vogliamo incrementare la produzione sostenibile di H2O2, diventa di notevole interesse sociale, economico ed ambientale lo sviluppo di un processo più pulito e meno costoso».
«Teams di ricercatori sparsi nel mondo si sono concentrati negli ultimi anni sulla sintesi di H2O2 a partire da idrogeno e ossigeno, cioè i due costituenti atomici della molecola» afferma il Dr. Vizza aggiungendo che «la sintesi diretta da H2 e O2 è sicuramente un processo molto pulito, anche se il problema più grosso riguarda il fattore sicurezza, dal momento che le miscele di idrogeno e ossigeno sono potenzialmente esplosive.» Recentemente, l’interesse si è focalizzato su un processo alternativo, che sfrutta l’ossigeno e l’acqua come reagenti per la formazione di acqua ossigenata. L’energia richiesta per far avvenire questa reazione può essere fornita sia fotochimicamente, tramite radiazione solare, sia elettrochimicamente, sfruttando una differenza di potenziale elettrico. «A patto però che ci sia un catalizzatore che renda possibile un processo selettivo ed efficiente», spiega il prof. Fornasiero. «Si stanno sviluppando diversi catalizzatori a base di metalli che sono in grado di innescare la reazione, ma sarebbe ancora più appetibile un  catalizzatore che sia “metal-free”, cioè senza alcun metallo». Come spiega il Dr. Melchionna «il nostro materiale catalitico si basa su una componente carboniosa nanostrutturata appropriamente modificata. A differenza di altri materiali carboniosi già riportati, questo catalizzatore è altamente selettivo ed efficiente per la produzione di acqua ossigenata e richiede solo piccole quantità di energia per poter innescare la reazione.» Conclude la Dr.ssa Nasi aggiungendo che «un’altra peculiarità è che non essendoci componente metalliche, si evita la reazione parallela ed indesiderata di decomposizione, che in pratica è la reazione inversa a quella di sintesi. Questo determina un efficace accumulo di acqua ossigenata nel tempo».
Lo studio pone quindi importanti fondamenta per sviluppare processi efficienti e alternativi
all’attuale metodo di preparazione, richiamando un concetto essenziale per la chimica al giorno d’oggi, cioè la sostenibilità. Si può allora cominciare a sviluppare una visione più globale
dell’uso dell’acqua ossigenata, maggiormente versata alla riduzione dell’ineguaglianza degli
standard di vita tra Paesi Sviluppati e Terzo Mondo.
Lo studio congiunto è stato finanziato dal progetto Europeo SACS (EU Seventh Framework
Programme, numero 310651) e dal progetto MIUR-PRIN Giovani 2015 (numero 2015TWP83Z).

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