Micro impresa, la crisi è di lungo periodo

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Nel ringraziare il consigliere politico del presidente D’Alfonso, Andrea Catena, per i suggerimenti che nelle vesti di “cultore dei dati” ci ha voluto impartire per una corretta lettura dello stato dell’impresa abruzzese, nel prendere atto come anche per lui «ci siano problemi da risolvere», vogliamo precisare che:
1. La nostra analisi si è riferita agli ultimi cinque anni, incluso il 2017, e non a un trimestre. Ammesso che ci possa essere contraddizione tra un fenomeno di lunga durata e una rilevazione recente, circoscritta e di breve periodo, abbiamo inteso mettere a fuoco il problema non dell’economia abruzzese, ma di un suo specifico comparto: l’artigianato;
2. Vero è invece che – se solo Catena si fosse preso la briga di leggere con più attenzione quanto abbiamo affermato ieri e in passato – la crisi dell’artigianato contrasta e stride con la ripresa dell’economia e con il buon andamento della grande industria, dell’export e dell’occupazione;
3. Si tratta di un settore in affanno da anni, ed è difficile che ciò possa essere confutato. Basta incrociare i dati sulla vita delle micro imprese con quelli sulle esportazioni e sul credito concesso dal sistema bancario in costante contrazione: vanno bene le grandi imprese, male le micro. E le banche concedono prestiti solo ai grandi gruppi;
4. A fronte di questa crisi, e delle richieste ragionevoli rivolte alla Regione dall’insieme delle sigle che rappresentano il comparto, con il sostegno pure dei sindacati dei lavoratori, nessuna risorsa è stata prevista nel bilancio di previsione 2018 per dare concretezza a misure di sostegno all’artigianato che la maggioranza delle Regioni italiane utilizzano;
5. L’idea secondo cui «il numero di imprese diminuisce nei settori tradizionali, meno competitivi, e aumenta in quelli che rappresentano l’economia avanzata dei servizi alle imprese e alle persone» sembra far pensare che sarebbe il diverso profilo giuridico delle imprese abruzzesi ad aver determinato l’emorragia dell’artigianato. Se questa fosse la linea scelta, ci troveremmo di fronte all’affermazione di una volontà politica che suona come abbandono definitivo dei piccoli imprenditori al proprio gramo destino. Ma non vogliamo credere che questo sia davvero il pensiero dell’organo politico.

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