“Mentre il nuovo concessionario che gestirà le autostrade piemontesi, pressoché un monopolista, annuncia di voler eliminare le barriere e i pedaggi all’ingresso e all’uscita della città e dalla tangenziale di Torino, di certo i nuovi assetti dei controllori della rete non possono lasciare tranquillo il sistema pubblico. Che viene ancora una volta superato e tagliato fuori dal privato che può sborsare milioni e milioni di euro e che può di fatto definire la governance a suo piacimento. Il modello della tangenziale di Torino con la Provincia, oggi Città Metropolitana, socio dei privati, rischia di essere una soluzione altrove inapplicabile senza un intervento normativo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per ridefinire il modello delle opere in concessione in primis autostrade e cave. Per gli Enti locali attraversati dalle lingue di asfalto autostradali è remoto poter ragionare con soggetti concessionari attorno, ad esempio, a valorizzazione della rete secondaria di adduzione, a opere per contenere impatto ambientale e a valorizzazione dei servizi ecosistemici. Il monopolista fa quel che vuole. Sta nel perimetro della concessione ma questo perimetro, come Uncem dice da troppo tempo, non è a favore dei territori. Li esclude e permette al privato ingenti utili. Peraltro, nei cambi di assetto piemontesi, non vi è più stata notizia dei lavori a Quincinetto per evitare il dissesto del versante e il rischio frana. Uncem ha sempre detto che quei 4-5 milioni di euro devono essere investiti dal concessionario, non certo alzando la spesa pubblica. Nella legge di bilancio 2020, occuparsi di concessioni e ritorni per i territori è imprescindibile per un Paese che guarda al futuro e a moderne reti infrastrutturali”.
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