È Ernesto Ottone Ramìrez, Assistant Director-General, Unesco for Culture, già Ministro della cultura, arte e patrimonio del Cile, l’ospite d’onore della conferenza internazionale su “Il patrimonio culturale come leva per lo sviluppo sostenibile delle città portuali”, che si è tenuta oggi, rigorosamente on line, a cura dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale.
L’evento, che ha visto una platea di circa 200 partecipanti, ha portato i primi risultati del progetto europeo Remember, finanziato dal Programma di cooperazione transfrontaliera Italia-Croazia, che vede l’impegno congiunto di otto città portuali delle due sponde dell’Adriatico per riscoprire e trasmettere i valori di un’identità culturale comune costruita proprio attraverso la condivisione dello stesso mare.
Ad introdurre e moderare i lavori, il geografo Franco Farinelli, già esperto della storia dell’Adriatico secondo cui un primo risultato del progetto è proprio l’impegno congiunto per la valorizzazione di una cultura identitaria che va al di là del proprio territorio e si fonda invece sulle relazioni con ciò prospettando già una risposta alla crisi dei modelli territoriali prevalenti fino ad ora.
“L’Adriatico è una vera e propria culla che nei millenni ha permesso lo sviluppo e il fiorire di molteplici popolazioni che qui, nel punto d’incontro tra le civiltà latina, germanica e slava, hanno prosperato facendo del mare il motore principale della propria economia – commenta Pino Musolino, Commissario Straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale – “A Venezia la fiorente economia mercantile permise, in epoca medioevale, rinascimentale e poi moderna, lo sviluppo della cultura, delle arti e dell’innovazione tecnologica, e consentì a un umile insediamento creato sull’acqua per sopravvivere allo sgretolarsi del mondo romano di divenire una metropoli capace di attrarre le élite di tutto il mondo. E quella medesima cultura marittimo-portuale che consentì la creazione dell’”Arzanà dei Viniziani”, ricordato con suggestione dallo stesso Dante, rivive oggi a Porto Marghera, fucina produttiva e di servizi alimentata dalle tante realtà imprenditoriali che continuano a scommettere sulla portualità. Per celebrare questo enorme patrimonio culturale stiamo lavorando per aprire a breve un “Museo Virtuale del Porto di Venezia”, un progetto ambizioso che, sfruttando le tecnologie della realtà aumentata, vuole far rivivere a un pubblico vasto l’antica tradizione della pesca nel porto di Chioggia, l’evoluzione delle rotte commerciali di Venezia nel Mediterraneo, nel lontano Oriente, ma anche nel Nord Europa, l’eccellenza dell’Arsenale e le realtà imprenditoriali che operano nel porto del xxi secolo”. Un video trailer del Museo Virtuale veneziano, cui hanno collaborato tra gli altri la Fondazione Musei Civici di Venezia e la Marina Militare – è stato lanciato in anteprima, offrendo un assaggio di ciò che sarà fruibile dall’estate 2021.
Il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale, Rodolfo Giampieri, capofila del progetto, ha voluto sottolineare, d’altro canto, che “il patrimonio culturale dei porti ha il grande vantaggio di essere immediatamente riconoscibile da chi vive una città portuale e da chi ci lavora. Porto e città possono trovare nella dimensione culturale la chiave per crescere ancora insieme, ciascuno operando nel proprio ambito di competenza, soprattutto oggi con la condivisione dei valori della sostenibilità non più percepiti come un costo aziendale ma come un elemento di competitività, che rafforza l’identificazione negli obiettivi comuni”. Un esempio di come la cultura, aggiunge Giampieri, “possa essere strumento di comprensione reciproca e sviluppo sostenibile è l’esperienza dell’apertura del Porto Antico di Ancona dopo lo spostamento delle attività operative in spazi più efficienti per le moderne esigenze della logistica. La voglia di vivere il porto, di proporre progetti imprenditoriali nuovi, un riconoscersi in questi spazi è il segno più evidente della presenza di questo patrimonio di identità e saperi e del forte legame fra la città e il suo porto”.
A chiudere gli interventi istituzionali il rappresentante della Regione del Veneto, Autorità di gestione del Programma Italia-Croazia, Federico Rosset – Policy officer, European Territorial Cooperation and Macrostrategies Unit, Joint Programming Department – che ha inquadrato il progetto nell’ambito della costruzione di nuovi modelli di turismo in Adriatico, ponendo in luce un ruolo chiave dei porti come osservatori privilegiati delle dinamiche turistiche, ma anche come attori delle stesse che se hanno potuto prendere coscienza delle criticità di quanto già sperimentato e possono anche impegnarsi per porvi mano.
Secondo il Keynote speaker dell’Unesco, il Vice Direttore Generale per la cultura, già Ministro cileno, Ernesto Ottone Ramirez, i temi della conferenza sono oggi tanto più attuali in quanto la pandemia (e prima ancora l’Agenda 2030 dell’Onu), da un lato, ha evidenziato che in generale dobbiamo dotare le città di maggiore resilienza e, dall’altro, riducendo del 65% il turismo nelle città storiche, ha resettato l’approccio sul tipo di turismo desiderabile: per questo, Unesco ha creato una vera e propria “Task force per il turismo resiliente” e una road map per le azioni da mettere in campo in tempi certi. Si è già quindi aperto uno spazio per poter costruire/ricostruire – comunità, decisori pubblici, operatori economici insieme – i modelli da perseguire per arrivare ad un equilibrio tra dimensioni sociale, economica, ambientale e culturale: sotto questo profilo, le città portuali storiche possono essere un caso di ricerca e sperimentazione eccezionale.
A questo intervento hanno fatto eco, prima, l’Università di TU-Delft con la professoressa Carola Hein che ha presentato diversi progetti di studio su questi temi, oltre che l’Action Plan dell’Unione per il Mediterraneo che di nuovo pone le città-porto al centro del processo di costruzione delle città sostenibili, passando per l’importanza della condivisione di un progetto di futuro con tutti gli attori coinvolti; poi il rappresentante dell’Associazione Internazionale delle città porto, José Sánchez, International Project Manager, che ha messo in luce la relazione tra sostenibilità e cultura attraverso un’applicazione dell’Agenda 2030 dell’Onu al caso delle città marinare e tracciando l’evoluzione dello strumento dei cd. “Port centers” per tenere vivo il dialogo tra l’anima portuale e urbana di tali realtà. I Musei virtuali prospettati da Remember si inseriscono nella terza generazione dei Port Centers, quella che punta sulle nuove tecnologie e su una fruizione spazio-temporale “diffusa”.
Entrando nel cuore del progetto, la conferenza ha dato voce al Domagoj Drazina, Project Manager e curatore Education del Museo Nazionale di Zara, secondo cui la sfida più ardua che si trovano a dover affrontare le realtà museali oggi è quella di coinvolgere il pubblico, facendone un fruitore attivo attraverso tecniche di interazione che consentano di “raccontare la storia insieme”, catturando i feed back degli utenti per riorientare la proposta dei contenuti.
Sotto il profilo delle nuove tecnologie da mettere in campo, è stato il professor Paolo Clini, dell’Università Politecnica delle Marche, a chiarire come la “copia virtuale”, come quelle prodotte nel passato, rende l’arte democratica, la rende bene comune, fruibile comunque e ovunque e con la dematerializzazione – che sostituisce il vecchio calco – porta i facsimili in molteplici realtà e dimensioni, aprendo opportunità prima inimmaginabili.
Il lancio del marchio della rete culturale degli otto porti adriatici “Adrijo” è stato affidato a Guido Vettorel, Responsabile Sviluppo, Promozione, Statistiche, Comunicazione e Progetti UE dell’Autorità Portuale dell’Adriatico Centrale, che ha illustrato le logiche di rete e di racconto comune che caratterizzeranno la piattaforma digitale che conterrà tutte le otto esperienze immersive.
A concludere i lavori l’intervento di Valeria Mancinelli, Sindaca di Ancona, delegata Anci per le città-porto, che tra i molti spunti ha evidenziato come il “core” del progetto Remember, ossia la ricostruzione di un’identità comune, sia di estrema urgenza oltre che di scottante attualità, dato che i repentini cambiamenti che stiamo vivendo uniti alla costante corsa delle innovazione tecnologiche, sono fattori destabilizzanti che rischiano di far perdere il legame con le proprie radici e generare crisi non solo economiche, ma anche sociali, cui va data risposta e il progetto di cui si è discusso è un forte tentativo di rispondere.