Abusivismo edilizio: fenomeno in crescita nonostante le crisi

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La terza edizione del Rapporto “Abbatti l’abuso”, il lavoro di ricerca e monitoraggio di Legambiente sull’abusivismo edilizio e sulle mancate demolizioni degli immobili costruiti abusivamente dopo l’ultimo condono (2003) emerge che il Paese non è ancora riuscito a fare i conti con il cemento illegale, tant’è che solo il 15,3% delle demolizioni pianificate è stato effettivamente eseguito nelle regioni a rischio

L’abusivismo edilizio è un’autentica piaga che tiene in ostaggio il territorio, la legalità e lo sviluppo del nostro Paese ormai da molti decenni. Nonostante la crisi edilizia e quella pandemica, si mantiene su livelli preoccupanti, addirittura in crescita come valori assoluti. Concentrato soprattutto al Sud e lungo le coste, resta una piaga difficile da curare. Il numero delle demolizioni eseguite è stato del 15,3% dei 70.751 immobili abusivi per i quali è stato stabilito l’abbattimento.

È la fotografia delle mancate demolizioni degli immobili costruiti abusivamente, dopo il l’ultimo condono edilizio (2003) della 3a edizione del Rapporto “Abbatti l’abuso 2023” di Legambiente , presentato il 17 ottobre 2023 nel corso di un evento trasmesso in streaming.

A fronte di un territorio sfregiato dal cemento illegale che non conosce crisi, nella Penisola si fa fatica a demolire mentre cresce il numero delle ordinanze. Dal 2004 a dicembre 2022 nelle regioni più a rischio – Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia – il numero delle demolizioni eseguite è stato del 15,3% dei 70.751 immobili abusivi per i quali è stato stabilito l’abbattimento da parte dei 485 Comuni che hanno risposto in maniera completa al monitoraggio civico promosso da Legambiente, pari al 24,5% del campione totale. Sommando anche le risposte parziali, il numero totale delle ordinanze emesse si attesta a 83.430 con una media di 1 ordinanza ogni 310 cittadini.

Rilevante l’incidenza del mattone illegale nei comuni costieri dove si arriva ad una media di 395,9 ordinanze di demolizione a Comune, cinque volte quella relativa ai Comuni dell’entroterra.  Anche nelle isole minori si registra un abuso ogni 12 abitanti, ma dove la risposta al problema attraverso le demolizioni è maggiore: è del 20,5% (contro una media nei comuni delle cinque regioni del 15,3%). Sotto la media nazionale, invece, gli abbattimenti eseguiti nei sette Municipi di Roma che hanno fornito i dati sull’abusivismo edilizio nei loro territori: a fronte di ben 2.676 ordinanze di demolizione emesse ne sono state eseguite solo 323, pari al 12,2%.

Sono 4 gli indicatori presi in considerazione dall’associazione ambientalista: trasparenza; ordinanze di demolizione e abbattimenti eseguiti; trascrizioni immobiliari nel patrimonio comunale; trasmissione alle prefetture delle ordinanze di demolizione non eseguite.

Trasparenza. La regione più virtuosa, relativamente al tasso di risposta, è la Sicilia: con 154 comuni su 391 che hanno risposto in modo esaustivo, sfiora il 40% (39,4%) del totale., con il 41,9%. Al secondo posto, la Puglia che “risponde” con il 26,8% dei Comuni, al terzo il Lazio con il 25,9%, che in rapporto alla popolazione residente ha la percentuale più virtuosa, al quarto la Campania con il 20% e all’ultimo la Calabria con il 13,4%. La provincia più “trasparente” è quella di Trapani, con il 52% dei Comuni che hanno risposto. La peggiore quella di Crotone, con nessuna risposta.

Ordinanze di demolizione e abbattimenti eseguiti. Dai comuni lungo la costa sono state emesse 43.278 ordinanze (corrispondenti al 61% del totale) ed eseguite 6.731 (62,2% del totale). Nei Comuni dell’entroterra, quelle emesse sono state 27.473 (39,1% del totale) e quelle eseguite 4.077 (pari al 38% del totale). La regione con il maggior numero di ordinanze emesse è la Campania (23.635), quella con il migliore rapporto tra ordinanze emesse e quelle eseguite è la Sicilia, con il 19,2%, seguita da Lazio 17,2%, Campania 13,1% e Puglia 10,2%. In fondo alla classifica figura la Calabria, con il 9,6%.  La provincia con il migliore rapporto tra ordinanze emesse ed eseguite dai Comuni del suo territorio è quella di Rieti (41,8%), la peggiore è quella di Catanzaro, con appena il 2,7% di abbattimenti eseguiti. Tra i comuni capoluogo, spicca Avellino, con il 39,4%, quelli peggiori sono di nuovo Catanzaro (0,7%), Brindisi (0,2%) e Benevento (0). Nelle isole minori, il Comune di Lipari (Me) ha il maggior numero di abusi (1.793 abusi) e di demolizioni (538), seguono quello di Capri (681 ordinanze e 198 abbattimenti), e quello di Ischia, con 1.274 ordinanze di demolizione e 175 esecuzioni.

Trascrizione degli immobili abusivi nel patrimonio del Comune. La media nelle cinque regioni è del 5,6%. Solo la Sicilia fa un po’ meglio, con il 12,5%. Su scala provinciale, la percentuale maggiore di immobili trascritti è quella dei comuni della provincia di Siracusa (56,5%), segue, con notevole distacco, Ragusa(25,3%) e Trapani (18,8%). Per quanto riguarda le città capoluogo, prima è Catanzaro, con il 9,7%, seconda Ragusa, con il 7,2%, e terza Benevento, con il 6,7%. Roma supera di poco il 5%, le altre sono a zero.

Trasmissione delle pratiche di demolizione non eseguite da parte dei Comuni ai prefetti competenti per territorio. Solo il 2,1% delle ordinanze emesse è stato inviato ai prefetti, in base all’art.10bis della legge 120/2020. Nel Lazio e in Sicilia il dato supera di poco il 3%, in Campania il record negativo con lo 0,5%. Limitando l’analisi ai soli Comuni costieri, con solo 617 ordinanze trasmesse il dato percentuale scende all’1,4%.

A frenare il processo di risanamento delle aree massacrate da decenni di anarchia urbanistica e illegalità è quella politica, locale e nazionale, che, a dispetto della consapevolezza maturata tra i cittadini, rimane ostaggio di interessi a breve e brevissimo termine – ha commentato Laura Biffi, Coordinatrice dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente – Tra tentativi di condono, più o meno espliciti, proclami a favore di un falso ‘abusivismo di necessità’ e disinteresse al tema, nei fatti si continua ad avallare il ‘mattone illegale’. Nell’ultimo Rapporto sul BES dell’Istat, realizzato in collaborazione con il CRESME, l’abusivismo edilizio è stimato in crescita del 9,1%. E la situazione nelle regioni del Sud viene definita come ‘insostenibile’, con 42,1 abitazioni costruite illegalmente ogni 100 realizzate nel rispetto delle regole”.

Di fronte a questo quadro, Legambiente ribadisce la necessità di dare corso a 6 specifici interventi, nell’ambito di una vera e propria strategia nazionale di lotta all’abusivismo edilizio:

– Ruolo e responsabilità dei Prefetti. Restituire il senso originario all’art. 10bis della Legge 120/2020, se necessario, anche con un nuovo intervento legislativo. La norma era stata approvata dal Parlamento per fare fronte alle mancate demolizioni da parte dei Comuni, in particolare quelle riferite ai vecchi abusi, con un’assunzione dell’onere allo Stato. Oggi, la legge è disapplicata. I dati sulle trasmissioni delle ordinanze inevase alle Prefetture, dopo una prima impennata sul finire del 2020, restituiscono una situazione di stallo. Pochi mesi dopo l’entrata in vigore della norma, un’improvvida circolare del ministero dell’Interno, ne ha di fatto bloccato l’applicazione, restringendola solo agli abusi edilizi accertati dopo l’entrata in vigore della legge e “salvando” così decine di migliaia di manufatti illegali.

– Danno erariale. Il ruolo della Corte dei conti è decisivo, per verificare, quantificare e imputare in maniera sistematica l’eventuale danno erariale causato dalle mancate entrate nelle casse comunali del corrispettivo economico dovuto per l’occupazione da parte degli abusivi di immobili non demoliti e diventati di proprietà comunale.

– Prescrizione e demolizione. Per quanto riguarda le demolizioni per via giudiziaria, alla base degli interventi deve essere posta la sentenza che accerta il reato e non, invece, quella di condanna del reo.

– Ricorsi al TAR. È necessario prevedere lo stop all’iter di demolizione solo in presenza di un provvedimento di sospensione da parte di un tribunale, altrimenti non c’è motivo per bloccare le procedure.

– Chiusura delle pratiche inevase di condono. Legambiente propone di istituire un fondo di rotazione con uno stanziamento pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026.

– Emersione degli immobili non accatastati. L’Agenzia delle entrate rende disponibili le informazioni relative ai fabbricati non accatastati acquisite sulla base delle immagini aeree e delle verifiche di cui al DL 78/2010, ai Ministeri dell’Ambiente e Sicurezza Energetica (MASE) e delle Infrastrutture e Trasporti (MIT), ai Comuni e ai Prefetti per la verifica della regolarità edilizia e non solo fiscale.

“L’abusivismo edilizio è un’autentica piaga che tiene in ostaggio il territorio, la legalità e lo sviluppo del nostro Paese ormai da molti decenni – ha dichiarato Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente – Parliamo di un fenomeno che, anche negli ultimi anni, nonostante la crisi edilizia e quella pandemica, si mantiene su livelli preoccupanti, addirittura in crescita nel 2022 come valori assoluti. Il Governo Meloni invece di annunciare nuovi possibili condoni, potenzi l’attività di demolizione delle case abusive e dia più ruoli e responsabilità ai prefetti. Da anni, Legambiente sostiene la necessità di non procrastinare un intervento nazionale e risolutivo”.

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