La Green Revolution è rosa

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«Già negli Anni Sessanta del secolo scorso erano le donne a guidare le prime proteste ecologiche» osserva Niccolò Sovico, ceo, ideatore e co-fondatore di Ener2Crowd.com.

Dopo Brigitte Bardot, impegnata anche sul fronte della difesa degli animali, tantissime celebrity femminili hanno continuato a sposare la causa dell’ecologia e della difesa dell’ambiente, fino ad arrivare più recentemente alle grandi stelle di Hollywood —da Cameron Diaz a Drew Barrymore— passando per le supermodelle come Gisele Bundchen che è perfino diventata protagonista di un cartone animato ecologista (Gisele & The Green Team) nonché testimonial di importanti campagne di sensibilizzazione.

«Già negli Anni Sessanta del secolo scorso erano le donne a guidare le prime proteste ecologiche» osserva Niccolò Sovico, ceo, ideatore e co-fondatore di Ener2Crowd.com, la prima piattaforma italiana di lending crowdfunding ambientale ed energetico, che questo mese ha commissionato all’ICSR un sondaggio per valutare la partecipazione delle donne nell’ambito della Green Economy e della finanza alternativa verde.

«Insomma le donne sono le protagoniste —da oltre 60 anni— della Green Revolution. Ma è anche vero che sono proprio le donne a pagare in misura maggiore il costo del cambiamento climatico» spiega Giorgio Mottironi, cso e co-fondatore di Ener2Crowd nonché chief analyst del GreenVestingForum.it, il forum della finanza alternativa verde.

Secondo quanto rilevato dall’International Center for Social Research (ICSR) in collaborazione con la World Organization for International Relations<> (WOIR) per conto della piattaforma Ener2Crowd.com, sono donne l’82% degli sfollati a livello globale causati da disastri ambientali e guerre e risultano esse —molto più spesso degli uomini— vittime delle calamità naturali (63%).

Ma sono proprio le donne a non tirarsi indietro di fronte ad una scelta importante come quella di investire le proprie risorse nella Green Economy.

Tutti ricorderanno Vandana Shiva, che rese celebri in tutto il mondo i tree huggers (gli “abbracciatori di alberi”), un movimento femminile che nacque per proteggere le foreste subtropicali dell’Himalaya che si estendono attraverso le colline del Nepal centrale, andando a ricoprire anche molte zone del Darjeeling, del Bhutan e dello stato indiano dell’Uttar Pradesh, fonte di vita per le collettività indigene.

Oppure —più recentemente— Txai Suruì, l’attivista venticinquenne brasiliana che si batte contro la deforestazione amazzonica, o l’ugandese anch’essa venticinquenne Vanessa Nakate, il cui impegno a favore dell’intera Africa iniziò nel 2018 quando —studentessa alla facoltà di Economia di Kampala— si rese conto della gravità del cambiamento climatico, a partire dalle inondazioni che colpirono in quegli anni la parte orientale dell’Uganda.

O ancora la diciannovenne Howey Ou (Ou Hongyi), nativa della città di Guilin, nella parte meridionale della Cina, il Paese che oggi inquina di più al mondo, senza dimenticare la ventiquattrenne Disha Ravi che dopo essere finita in carcere dopo un tweet ambientalista è diventata l’attivista più carismatica e importante dell’intera India.

Ebbene l’economia verde si tinge di rosa. Anche nell’ambito dell’imprenditoria, le donne dimostrano una maggiore responsabilità ambientale e si muovono velocemente in più direzioni, dimostrano grande capacità di coniugare le sfide del mercato e la salvaguardia dell’ambiente.

E se oggi la maggior parte dei settori produttivi sono alle prese con la crisi economica post-pandemica, fa eccezione quello della Green Economy che, secondo quanto rilevato per conto di Ener2Crowd.com dall’International Center for Social Research, vede impegnati in ruoli dirigenziali —o comunque in attività di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi organizzazionali— quadri e dirigenti che nel 58% dei casi sono donne.

«Nel comparto tecnologico, poi, le aziende guidate dalle donne rendono ai loro investitori il 35% in più rispetto a quelle guidate dagli uomini» osservano gli analisti di Ener2Crowd.com.

Secondo quanto rilevato in un sondaggio realizzato durante la prima settimana di agosto 2022 dall’International Center for Social Research, il 53% degli investimenti nella finanza alternativa verde proviene dalle donne. E se consideriamo lo specifico comparto dell’energia sostenibile, le donne rappresentano il 55% del totale degli investitori.

Secondo i dati, le donne sono più orientate alla riduzione delle emissioni inquinanti (68%) ed al risparmio energetico (65%) e le imprese con una leadership femminile mostrano una maggiore attenzione ai temi della sostenibilità ambientale ed energetica: un’azienda rosa su 3 investe in prodotti e tecnologie green contro un’azienda su 4 di quelle guidate dagli uomini.

Ma la questione ambientale non dipende solo dalle aziende o dai governi: sono le piccole azioni che si compiono ogni giorno che possono migliorare il mondo in cui viviamo.

Quando lasciamo l’auto e andiamo al lavoro in bicicicletta, quando ci portiamo dietro un sacchetto di tela per evitare di acquistarne uno in plastica nei negozi, quando spegnamo la luce uscendo da una stanza e —soprattutto— quando decidiamo di investire nella finanza alternativa, stiamo compiendo un passo fondamentale per salvare il pianeta.

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