La 14 esima giornata dell’economia

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In Italia il PIL torna positivo ma al di sotto della media europea; inversione di tendenza anche per il valore aggiunto in provincia di Ancona (addirittura superiore alla media italiana) nonostante le difficoltà permanenti del manifatturiero e delle esportazioni. Nel 2015 l'economia italiana è tornata a crescere dopo un triennio caratterizzato da variazioni esclusivamente negative. Il tasso di crescita non è particolarmente elevato, +0,8%, ma per trovarne uno migliore occorre tornare fino al 2010 (+1,7%). Da allora si sono susseguiti un anno caratterizzato da una crescita declinante quale il 2011 (+0,6%) e un triennio segnato da un rallentamento molto forte che si è progressivamente attenuato (la flessione nel 2012 era stata del 2,8%).
Il segno positivo riavvicina l'Italia al resto dei paesi europei, ma la limitata entità della crescita non consente un pieno aggancio alle macro tendenze che caratterizzano il resto del continente. La zona euro è cresciuta nel corso del 2015 dell'1,7%, l'Unione europea a 28 del 2%, mentre l'economia mondiale ha mostrato una vitalità ancora maggiore, +3%, sebbene non sostenuta come accaduto nel passato. Le previsioni elaborate dalla Commissione europea suggeriscono una ulteriore e progressiva limatura del gap che separa il nostro paese dal resto del continente: nel 2016 la crescita dovrebbe attestarsi all'1,1% e nel 2017 all'1,3% mentre nel resto d'Europa dovrebbe rimanere attorno ai livelli del 2015.
L'inversione di tendenza dell'ultimo anno è stata determinata in larga parte dalla ripresa dei consumi interni mentre qualche fonte di preoccupazione viene dal dato relativo alla domanda estera netta che, per la prima volta da anni, ha costituito un freno alla crescita.
I fattori strutturali che limitano l'ampliamento della produzione di ricchezza in Italia sono noti e sono stati analizzati a lungo. Il debito pubblico continua nel suo ampliamento e, nonostante la crescita del PIL, ha raggiunto una cifra pari al 132,6% della ricchezza prodotta, lo 0,1% in più rispetto all'anno precedente; il deficit, al contrario, è stato contenuto al 2,6%, in calo rispetto al 3% del 2014. La pressione fiscale si mantiene sostanzialmente in linea con il dato degli ultimi anni e si attesta sul 43,3% del PIL, in calo di 0,3 punti percentuali.
In questa situazione è stato difficile anche sfruttare alcuni fattori macroeconomici che avrebbero potuto facilitare una ripresa più sostenuta di quella verificatasi negli ultimi mesi. Si fa riferimento, innanzitutto, all'euro ancora piuttosto debole rispetto al dollaro: dopo la discesa al punto più basso nell'aprile 2015, di poco superiore alla parità, la divisa europea non ha mai superato la soglia di 1,15 dollari, mantenendosi nettamente al di sotto dei valori antecedenti il 2015.
Non si può nemmeno trascurare l'effetto che ha avuto sui prezzi l'andamento del costo del petrolio, che solo nelle ultime settimane ha ripreso a crescere pur mantenendosi lontanissimo dai valori di qualche anno fa.
Gli stimoli alla ripresa provenienti dall'esterno ci sono stati, ma i meccanismi di trasmissione interna hanno funzionato in modo poco efficace e ancora oggi l'Italia si colloca in fondo alla graduatoria della crescita in Europa.
Le Marche continuano a vivere un ciclo congiunturale poco dinamico e sembrano maggiormente in difficoltà rispetto ad altre regioni italiane con un'elevata diffusione di imprese manifatturiere esportatrici. Qualche segnale positivo emerge dall'analisi dei dati del 2015, in particolare l'andamento del valore aggiunto (da non confondere con quello del PIL) che cresce dell'1,3%, in linea con il dato nazionale, e la provincia di Ancona riesce a fare ancora meglio (+1,8% rispetto al 2014).

IL MERCATO DEL LAVORO

Rispetto allo scorso anno nel territorio cresce l’occupazione e cala la disoccupazione, ma la situazione è ancora preoccupante

Il 2015 porta con sé alcuni segnali di miglioramento del mercato del lavoro, a livello nazionale e a livello provinciale. Ad entrambi i livelli territoriali aumenta infatti il numero degli occupati e a tale crescita si accompagna una non scontata diminuzione dei disoccupati. I tassi caratteristici del mercato del lavoro mostrano andamenti favorevoli: nella provincia di Ancona il tasso di disoccupazione infatti scende al 9,4% (era il 10,4% l’anno prima), mentre il tasso di occupazione sale al 65,3% (era del 64,2% nel 2014). I valori locali si confermano migliori di quelli medi nazionali, che, sebbene anch’essi in miglioramento, risentono comunque della problematica situazione del Mezzogiorno.
Nel complesso tuttavia restano motivi di preoccupazione anche con riferimento alla provincia di Ancona, motivi legati a valori del tasso di disoccupazione attestati su livelli ben superiori a quelli di pochi anni fa, e in particolare rispetto alla categoria dei giovani tra i 15-24 anni, per i quali, il tasso di disoccupazione nella media del 2015, pur in discesa su base annua, è pari al 35,7%, contro una media riferita all’Unione europea del 20,4%. È doveroso segnalare inoltre che continua ad essere piuttosto elevato il tasso di mancata partecipazione al mercato del lavoro (16,0%), indicatore, riferito alla popolazione tra 15 e 74 anni, che pone al numeratore i disoccupati e gli inattivi che non cercano lavoro ma sarebbero disponibili a lavorare e al denominatore questi ultimi più le forze lavoro (insieme di occupati e disoccupati).


DINAMICA DEL TESSUTO IMPRENDITORIALE

Più imprese turistiche e commerciali, meno quelle di costruzioni e le aziende agricole. La rilevazione statistica non mostra ancora un segno positivo per le imprese della provincia di Ancona, come pure delle Marche. Tengono duro le società di capitali

Il quadro generale
La dinamica complessiva del tessuto imprenditoriale mostra negli ultimi anni una progressiva contrazione del numero delle imprese registrate nel Paese, nelle Marche e nella provincia di Ancona. Il 2015 conferma tale trend a livello locale, mentre per l’Italia lo scorso anno fa rilevare un’inversione di tendenza. Al 31 dicembre 2015 la rilevazione Movimprese condotta da Unioncamere–Infocamere sui dati dei Registri Imprese camerali conta nella provincia di Ancona 46.712 imprese, di cui 41.020 attive.
Tale andamento, per la provincia di Ancona è il risultato di un trend sfavorevole per le iscrizioni: costantemente superiori alle tremila unità tra il 2004 e il 2011, sono poi scese per giungere nel 2015 a 2.653 unità. A fronte di ciò, le cessazioni non d’ufficio mostrano una maggiore variabilità, salendo e scendendo rispetto a quota tremila. Tuttavia negli ultimi quattro anni esse sono state costantemente superiori numericamente alle iscrizioni, producendo saldi, e quindi tassi di crescita, caratterizzati dal segno meno, benché di entità variabile. A livello nazionale, al contrario, i saldi e i tassi di crescita sono stati negli anni recenti sempre positivi.
Il tasso di crescita del tessuto imprenditoriale del 2015 nelle Marche (-0,07%), e nella provincia di Ancona (-0,19%), sebbene in miglioramento a confronto con quello del 2014, resta in controtendenza rispetto all’andamento nazionale (+0,75%), che mostra un’accelerazione rispetto all’anno precedente.

Le forme giuridiche

Il tasso di sviluppo negativo riscontrato nel 2015 per il tessuto imprenditoriale dorico cela andamenti differenziati per le diverse tipologie di forma giuridica d'impresa. In particolare, è positivo l'andamento delle società di capitale (+2,73%), mentre sono negativi quelli delle società di persone (-1,69%) e delle imprese individuali (-0,96%). Andamenti concordi nel segno si riscontrano anche a livello nazionale.
Tale andamento non rappresenta una novità. Nella provincia di Ancona esso si è ripetuto negli ultimi cinque anni, in cui sono stati costantemente positivi i tassi annuali di crescita delle società di capitale e generalmente delle "altre forme giuridiche" (cooperative, consorzi, altre forme), a fronte di tassi negativi sia per le società di persone sia per le imprese individuali. L'incremento numerico delle società di capitale, nella provincia, ma anche in Italia, si lega in misura importante anche alla crescente diffusione delle nuove tipologie introdotte, in particolare le società a responsabilità limitata semplificata.
Malgrado gli andamenti precedentemente esposti, l'attuale distribuzione delle imprese per classe di forma giuridica continua a presentare una prevalenza consistente di imprese individuali (ben oltre il 50%), sebbene meno decisa che in passato. Le società di capitale, in crescita progressiva, superano ad ogni modo la soglia del 20% di un paio di punti percentuali, mentre le società di persone sono ormai diventate la terza forma per diffusione. Resta di gran lunga minoritaria la quota delle altre forme giuridiche, malgrado i tassi di crescita annuali generalmente positivi.

I settori economici
Il tessuto imprenditoriale delle provincia si è progressivamente trasformato confermando la tendenza alla terziarizzazione che caratterizza le economie più avanzate. Nel corso del 2015 è proseguita la contrazione di alcuni settori di rilievo: agricoltura, silvicoltura e pesca (scesa sotto le 7 mila unità); costruzioni, attività manifatturiere. Tra i settori tradizionali, solamente il commercio è tornato al segno positivo. I medesimi andamenti si riscontrano anche a livello nazionale, dove peraltro il commercio era positivo già nel 2014.
I settori con i numeri assoluti di imprese registrate più elevati, ad eccezione del commercio, sono anche quelli con i saldi negativi dello stock di entità assoluta maggiore e che incidono quindi sul segno del risultato complessivo. L’agricoltura silvicoltura e pesca con 6.907 imprese a fine 2015 da sola chiude l’anno con un saldo annuale dello stock di -176 unità. Ad essa si aggiungono le attività manifatturiere (5.144 imprese registrate al 31.12.2015) che perdono 34 imprese e le costruzioni (6.289 imprese registrate) che diminuiscono di 93 unità. Saldi negativi dello stock si rinvengono anche nel caso di trasporto e magazzinaggio (-7), attività finanziarie e assicurative (-13), nonché attività professionali scientifiche e tecniche (-7), settori che si collocano indicativamente, come livello numerico, tra le mille e le millesettecento imprese registrate a fine 2015.
Tutti gli altri settori mostrano invece andamenti positivi. In primo luogo, come si è accennato, il commercio con un saldo annuale dello stock netto di +39. Si tratta del primo settore in assoluto in termini numerici dato che conta 11.720 imprese (si tenga presente che esso raduna commercio all’ingrosso, intermediari del commercio, commercio al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli). Bisogna inoltre citare almeno le attività dei servizi di alloggio e ristorazione il cui saldo è di +67 (le imprese registrate sono poco meno di tremila); nonché il noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese (+56, 1.172 imprese) e le altre attività di servizi (+21, 1.976 imprese).
A fine 2015 il tessuto imprenditoriale della provincia di Ancona è costituito in larga prevalenza da imprese del settore terziario (commercio compreso), che rappresentano il 55,9% delle imprese registrate totali, le attività industriali sono invece il 25%, mentre l’agricoltura, silvicoltura e pesca si ferma al 14,8%.

L’INTERNAZIONALIZZAZIONE

Per l’export non è stata una buona annata. Sul risultato negativo pesa in particolare la flessione dei settori della nautica e dei prodotti petroliferi oltre a quella del comparto della moda. Segno positivo per la meccanica, che rappresenta il settore prioritario del nostro commercio con l'estero.

Le esportazioni
Nel 2015 le esportazioni della provincia di Ancona, pari a circa 3,7 miliardi di euro, hanno subìto una consistente diminuzione (- 6,0%) rispetto al valore dell’anno precedente. Il trend dorico del 2015 è condiviso dalle Marche, ma in misura meno pesante (-2,3%), l’Italia, al contrario, risulta in crescita (+3,8%).
Lo sfavorevole risultato del 2015 allontana maggiormente la provincia di Ancona dal raggiungimento dei livelli di esportazione che aveva prima della crisi internazionale del 2009, alla quale si sono aggiunte a livello locale anche le difficoltà del settore di punta dell’export, nonché principale specializzazione manifatturiera provinciale: gli apparecchi per uso domestico. L’Italia ha invece da tempo colmato il divario e oltrepassato il pieno recupero del valore delle esportazioni che aveva nel 2007, mentre le Marche hanno conseguito il medesimo risultato solo nel 2014, per poi far rilevare una lieve diminuzione l'anno successivo.
Sul recente andamento delle esportazioni manifatturiere della provincia di Ancona, che determinano in maniera praticamente esclusiva quello delle esportazioni provinciali complessive, hanno influito in misura decisiva le importanti contrazioni delle vendite all’estero di due comparti in particolare: i mezzi di trasporto (principalmente navi e imbarcazioni), scesi da 273,3 milioni di euro del 2014 a 81,2 milioni di euro del 2015, con una perdita di valore del -70,3% e coke e prodotti petroliferi raffinati, passati da 246,2 milioni di euro a 136,1 milioni di euro (-44,7%).
Ad essi si aggiungono gli andamenti negativi di prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-9,5%), prodotti alimentari bevande e tabacco (-8,1%), legno e prodotti in legno; carta e stampa (-2,0%), e articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (-0,5%).
Tutti gli altri comparti manifatturieri hanno invece accresciuto il valore delle proprie vendite all’estero. Le esportazioni di macchinari e apparecchi non altrimenti classificati, il comparto maggiore in termini di valore, sono state pari a 919,4 milioni di euro (+1,4%), mentre quello relativo agli apparecchi elettrici, con 848,0 milioni di euro è cresciuto del +1,1%.
Tuttavia i maggiori contributi a contenere la contrazione delle esportazioni provinciali, sono giunti dai comparti dei metalli di base e prodotti in metallo (esclusi macchine e impianti), +7,3%, dei prodotti delle altre attività manifatturiere (+14,9%), e dei computer, apparecchi elettronici e ottici (+11,5%). Meno rilevanti gli apporti di articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (+2,3%) e di sostanze e prodotti chimici.

Il 2015 è caratterizzato dalla debole crescita delle esportazioni provinciali verso i paesi dell’Unione europea, mentre tutte le altre aree risultano in decremento, salvo l’eccezione dell’Oceania e altri territori, tuttavia scarsamente influente.
I principali acquirenti delle esportazioni doriche si confermano essere i due maggiori paesi dell’Unione europea, la Germania e la Francia, che assieme considerati hanno assorbito nel 2015 un quinto circa delle esportazioni doriche, in parti pressoché uguali. Mentre le esportazioni verso la Germania sono rimaste praticamente stabili, quelle verso la Francia risultano in calo. La forte diminuzione delle esportazioni verso la Gran Bretagna (-21,5%) legata essenzialmente alla contrazione delle esportazioni di navi e imbarcazioni (-50 milioni di euro) che avevano avuto un picco verso quel paese nel 2014, ha invece favorito il terzo posto degli Stati Uniti, grande mercato d’oltreoceano verso il quale tuttavia si riscontra una moderata contrazione delle vendite provinciali. Decisamente di grande rilievo anche la contrazione verso il mercato russo (-41,2%), che riflette principalmente la contrazione delle vendite di apparecchi per uso domestico e quello delle macchine di impiego generale, cui si aggiungono diffusi andamenti negativi per numerosi altri prodotti.

Le importazioni
In controtendenza con l’andamento delle importazioni nazionali (+3,3%) e marchigiane (+5,3%), le importazioni della provincia di Ancona nel 2015 sono scese a poco meno di 3 miliardi di euro, rispetto ai circa 3,3 del 2014 (-8,9%). Tale contrazione succede all’incremento del 2014 (+9,2%), riportando le importazioni doriche grosso modo al valore del 2013.
Negli ultimi anni le oscillazioni delle importazioni provinciali sono state fortemente influenzate dalle variazioni del valore delle importazioni del settore petrolifero, la voce principale o quasi esclusiva all'interno del settore dei prodotti dell'estrazione di minerali da cave e miniere.
Il valore degli approvvigionamenti di prodotti dell’estrazione di minerali da cave e miniere è diminuito del 32,1% scendendo da 1.692,3 milioni di euro del 2014 a 1.149,4 milioni di euro del 2015. Al contrario si rileva un incremento del 15,6% per gli acquisiti dall’estero dei prodotti delle attività manifatturiere: 1.764,8 milioni di euro nel 2015 (erano 1.527,2 milioni di euro l’anno precedente). Nel 2015 mentre i prodotti dell’estrazione di minerali da cave e miniere costituiscono il 38,5% del valore complessivo delle importazioni doriche, quello dei prodotti delle attività manifatturiere ne rappresenta il 59,1%.

INNOVAZIONE E NUOVE IMPRESE

In regione e provincia si deve fare ancora molto: forte il digital divide e scarsa la cultura dell’innovazione e della digitalizzazione.
Nondimeno le Marche sono seconde in Italia per numero di start up innovative rispetto al totale delle società di capitale e Ancona è la terza provincia sul podio.

Il quadro relativo al tema dell’innovazione presenta più ombre che luci: la spesa per ricerca e sviluppo, in Italia e ancor di più nelle Marche, sulla base dei dati al 2013 resta lontana dall’obiettivo del 3% del PIL posto da Europa 2020; rispetto al 2013 nelle Marche e nella provincia di Ancona risultano in calo i valori dell’indicatore del numero di domande di brevetto europeo (EPO) per milione di abitanti. Con riferimento alla provincia di Ancona tuttavia il dato è di 96,3 nel 2014, il valore più basso a partire dal 2011, ma superiore alla media regionale e a quella nazionale.
Un’incidenza superiore alla media nazionale si riscontra anche per le startup innovative in rapporto alle società di capitale del territorio: nelle Marche i dati più recenti indicano che ci sono 7,2 startup innovative ogni mille società di capitale, dato che colloca la regione al secondo posto nella graduatoria nazionale dietro il Trentino-Alto Adige. Se si scende nel dettaglio provinciale Ancona è la terza provincia (10,3‰) alle spalle di Trento (13,3‰) e di Trieste (12,3‰), ben al di sopra della media nazionale del 3,7‰.
Se il valore di tale indicatore fa ben sperare, occorre nondimeno considerare che nei pochi casi in cui i dati sono disponibili si tratta di imprese di piccole dimensioni in termini di addetti e di valore della produzione e tale considerazione riguarda in linea di massima il mondo delle startup innovative in generale, non solo locale, segnalando la necessità di un attento monitoraggio e sostegno.
Anche in tema di digitalizzazione si riscontrano divari che devono essere colmati: con riferimento alle imprese dell’industria e dei servizi con più di dieci addetti, se è vero che la quasi totalità delle imprese dispone di personal computer, 98,9% nelle Marche e 98,3% in Italia, la quota di quelle che hanno un sito web scende rispettivamente al 78,4% e al 70,7%. Le Marche si collocano invece sotto la media nazionale per grado di utilizzo di Internet (34,1%) e per indice di diffusione della banda larga (92,5%).

IL CREDITO

Nonostante la lievissima ripresa nel 2015, gli impieghi complessivamente forniti al territorio sono comunque diminuiti dell'8,8% tra il 2010 e il 2015 (mediamente del 6% in Italia) mentre le sofferenze bancarie, al contrario, continuano ad aumentare.

Tra i fattori di competitività delle imprese, un posto di rilievo spetta sicuramente al credito. I dati indicano una crescita della raccolta bancaria e postale negli ultimi anni, che accomuna la provincia di Ancona e le Marche alla tendenza in atto nel complesso del Paese. A fronte della crescita della risorse liquide del sistema, risultano tuttavia in contrazione rispetto ai valori di pochi anni fa gli impieghi bancari, sebbene i dati dell’ultimo biennio mostrino qualche cenno di stabilizzazione, o di modesta di ripresa come pare almeno a livello locale. A completare un quadro non molto favorevole, interviene il contestuale incremento delle sofferenze bancarie, caratteristica che di nuovo viene condivisa a tutti e tre i livelli territoriali esaminati.
Le ripercussioni sul tessuto imprenditoriale di questi anni di difficile congiuntura economica appaiono evidenti se si considera che nella provincia di Ancona con riferimento al 2015 oltre tre quarti delle sofferenze fanno capo ad attività produttive. In particolare negli ultimi anni le difficoltà appaiono in considerevole crescita nell’ambito del settore delle costruzioni.

L'intervento del presidente della Camera di Commercio di Ancona Giorgio Cataldi

"Negli scorsi dodici mesi le imprese della nostra provincia (46.712 a fine 2015: è su questo numero che si concentra il rapporto che oggi presentiamo) , nonostante le buone performance di servizi turistici e commercio e la crescita delle società di capitale, sono calate di 90 unità.

Purtroppo la rilevazione statistica non mostra ancora un segno positivo per le imprese della provincia di Ancona, come pure delle Marche: nascono meno imprese che in passato, siamo in controtendenza rispetto al lieve miglioramento registrato a livello nazionale. Certo è una perdita che è spalmata in dodici mesi, ma comunque si tratta di una flessione che dura da 4 anni e che colpisce ancora costruzioni, agricoltura e manifatturiero, pure a fronte di alcuni buoni segnali negli altri settori. Tutti gli altri settori infatti mostrano andamenti positivi, in primo luogo il commercio. Si tratta del primo settore in assoluto in termini numerici dato che conta 11.720 imprese.
Mi piace inoltre ricordare che la nostra provincia si distingue per l’ alta percentuale d’imprese femminili che sono il 23,5% del totale, percentuale più alta sia delle Marche che del Paese.
Le imprese più strutturate tengono duro, le società di capitale imprimono un impulso positivo al tessuto imprenditoriale locale.
Occorre analizzare le caratteristiche delle imprese che resistono, quali sono i fattori di competitività strategici su cui investire per poi attuare politiche adeguate.
Soprattutto bisogna tenere sempre presente le caratteristiche del nostro sistema imprenditoriale che nella provincia di Ancona per il 93,2% è composto da imprese con meno di 9 addetti percentuale che raggiunge il 99,2% con le imprese sotto 50 addetti.
Inoltre il 56% sono imprese individuali.
A qualcuno questi dati possono non piacere ma sono la realtà e di questa realtà bisogna tenere conto quando si progettano e decidono interventi di politica industriale. (ad esempio diffondendo la cultura delle reti d’impresa visto che solo 125 imprese della nostra provincia aderiscono ad un contratto di rete)
Interventi che vanno costruiti insieme da un sistema coeso e dialogante ( sicuramente non a dimensione provinciale) perché ognuno deve fare la sua parte per rendere competitivo l’intero sistema locale che non può chiedere alle sole imprese di essere sempre più efficienti.
Istituzioni locali, Regione, mondo camerale e mondo del credito devono agire insieme innanzi tutto per migliorare le proprie prestazioni poi per rendere più agevole il fare impresa che soffre, anche nelle Marche, dei vincoli del nostro sistema Paese (eccesso di burocrazia e di tassazione locale e nazionale, alti oneri sul costo del lavoro, carenza di liquidità per le difficoltà ad accedere ai finanziamenti bancari e per i tempi di pagamento)

A proposito di banche oggi sono mutati in modo rilevante i rapporti con le imprese e i nuovi parametri di valutazione
rendono più difficoltoso investire sulle imprese pertanto, nonostante la grande liquidità disponibile (depositi e risparmi sono in costante aumento anche nella provincia di Ancona), gli impieghi bancari fanno fatica a riprendere dopo la forte contrazione degli ultimi anni.
I dati della Banca d'Italia segnalano che, pur con una lievissima ripresa nel 2015, complessivamente gli impieghi sul territorio sono diminuiti dell'8,8% tra il 2010 e il 2015 (mediamente del 6% in Italia) e che le sofferenze, al contrario, continuano ad aumentare. Solo nel 2015 nella nostra provincia il loro valore è cresciuto dell'8% ma se portiamo il confronto al 2010, allora ci accorgiamo che l’aumento dei crediti deteriorati è davvero preoccupante, essendo più che raddoppiato.

Sarà il professor Gregori ad evidenziare in particolate i fattori su cui scommettere. E’ comunque certo che innovazione e internazionalizzazione sono le principali leve per il rilancio del nostro sistema produttivo.

Per quanto riguarda i parametri legati all’innovazione non brilliamo per percentuale di spesa in ricerche e sviluppo (ma in questo versante va sempre tenuta presente la ricerca incrementale fatta da tanti piccoli e validi subfornitori che sfugge ad una precisa contabilizzazione) ma siamo sopra la media italiana per domande di brevetti europei e soprattutto per numero di star up innovative (110) che vedono Ancona al terzo posto in Italia dopo Trento e Trieste. Discreta è la percentuale di imprese che hanno investito in green economy (3240 pari al 24,6% del totale imprese di industria e servizi) ma carente è l’utilizzo delle potenzialità del Web (internet ed ecommerce in particolare) anche a causa del ritardo per la diffusione della banda larga nella Regione.

Il dato sul commercio estero, dopo anni di crescita, ha subito nel 2015 una battuta d’arresto: le esportazioni della provincia ammontano a 3.748 milioni di euro e sono in diminuzione del 6% rispetto all’anno precedente.
Sul risultato negativo complessivo pesa in particolare la flessione dei settori della nautica e dei prodotti petroliferi (entrambi fortemente soggetti alle fluttuazioni del mercato), oltre a quella del comparto della moda.
Da segnalare tuttavia il segno positivo per la meccanica, che rappresenta il settore prioritario del commercio con l'estero della nostra provincia.

Rispetto alle destinazioni c’è da tenere presente che il 57% delle esportazioni doriche è rivolto all’Unione Europea (Germania, Francia, Spagna nell’ordine) e registra un incremento del 2,2%. Sommando l’export negli altri Paesi europei non UE si registra una percentuale complessiva di circa il 70%. E’ questa la macro area a cui le imprese della provincia guardano ancora con maggiore interesse ed è pertanto sui mercati vicini che occorre insistere per sviluppare i rapporti di business delle PMI.
Per farlo, anche su questo fronte, c'è bisogno di grande coesione ed unità d’intenti. In tal senso può essere molto utile il progetto dell'azienda speciale unica per l'internazionalizzazione (per il quale è stato già predisposto il progetto di fusione e lo statuto), preludio dell'unificazione regionale delle Camere di commercio del territorio, da noi sempre caldeggiata e che ora ha ricevuto l'adesione del Consiglio regionale.
La Costituzione di un'unica Camera di Commercio per le Marche è infatti la soluzione che abbiamo sempre ritenuto la più adatta alla nostra regione tenuto conto del numero delle imprese, della conformazione geo-economica del territorio, delle dimensioni delle strutture camerali esistenti, della costante riduzione delle risorse finanziarie a disposizione (il nostro progetto di razionalizzazione prende avvio dal taglio del diritto annuale inflitto al sistema camerale dal Governo) e del raffronto con il panorama nazionale e con le altre regioni….tenendo a mente come primo obbiettivo la salvaguardia delle importanti funzioni di promozione delle economie locali e quelle amministrative di regolazione del mercato svolte dal sistema camerale.
Diventare Camera unica vorrà dire essere più forti ed avere maggiore peso anche a livello nazionale: con quasi 210.000 imprese e unità locali iscritte al Registro Imprese saremo la quinta realtà camerale in Italia, senza perdere le peculiarità territoriali che saranno preservate grazie al mantenimento di presidi locali che riteniamo di fondamentale importanza per non far venir meno quel necessario collegamento con le imprese dei territori provinciali.
Questo prevede il nostro progetto ed è molto positivo che anche altre Camere marchigiane, a quanto pare, si orientino in questa direzione: ora è il momento di andare avanti e concretizzare questo percorso. Per questo la Regione dovrà chiaramente esprimersi riguardo le competenze di ciascun ente e le risorse con cui si potrà lavorare nell'esclusivo interesse delle imprese dell'intero regione.

Concludo raccomandando di continuare a tenere alta la guardia perchè l’uscita dalla crisi procede a rilento, con le Marche in affanno anche rispetto al quadro nazionale, e proprio in un momento come questo le imprese hanno bisogno di tutto il supporto delle Istituzioni, in particolare del sistema camerale, che la riforma deve mantenere in grado di sostenere un sistema composto soprattutto di piccole imprese che vivono sul territorio e hanno bisogno di puntuali ed efficienti riferimenti locali".

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