La crisi della democrazia capitalista

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Dopo un\’attenta narrazione e analisi della crisi finanziaria, Richard Posner si sofferma sull\’inadeguatezza delle istituzioni democratiche nell\’affrontarla e propone dieci riforme regolatorie per affrontare meglio il futuro. A due anni dall’inizio della grande crisi finanziaria, secondo Richard A. Posner, giudice della Corte d’Appello degli Stati Uniti e lecturer alla University of Chicago Law School, i tempi sono maturi per una prima valutazione di come le democrazie, e in particolare l’amministrazione statunitense, hanno reagito alla crisi e per giudicare le proposte di riforme della regolamentazione finanziaria. E i giudizi nel suo nuovo volume ‘La crisi della democrazia capitalista’ (Università Bocconi editore, 2010, 391 pagg., 29,50 euro) non sono teneri. Secondo Posner la crisi ha travolto anche la politica e le sue istituzioni che invece dovrebbero intervenire con determinate riforme regolatorie che mancano, e che lui suggerisce, per riequilibrare i mercati.
“Le sfide economiche che abbiamo di fronte non sono impossibili, ma forse non abbiamo le strutture governative e la cultura politica che occorrono per riuscire a vincerle,” sostiene Posner. In particolare, gli Usa sanno “reagire prontamente ed efficacemente a una vera emergenza. Quando invece le sfide sono immense ma non c’è un’emergenza, il nostro sistema politico tende a rivelarsi inefficace.”
La prima parte del volume è dedicata a narrare le ragioni che hanno portato a quella che Posner sottolinea sia una depressione, e non recessione, e ad analizzare le contromisure prese successivamente. Posner rintraccia le radici della crisi della democrazia capitalistica di tipo americano in elementi come una politica basata troppo su gruppi d’interesse, nell’enorme debito pubblico e nell’assenza di regolamentazione e trasparenza nei mercati. E nello specifico sul programma di riforma della regolamentazione finanziaria dell’amministrazione Obama il giudizio è che appaia “affrettato, eccessivamente ambizioso, troppo politico e troppo interventista.”
Un’attenta analisi contenuta in un volume che secondo Guido Rossi nella sua prefazione “costituisce la più accurata descrizione della crisi finanziaria e della depressione sia per la dovizia dei dati frutto di un’impeccabile indagine sia per l’impianto teorico che rende le spiegazioni evidenti e accettabili”.
Nel suo intervento Rossi si trova d’accordo sulla conclusione di Posner che i regimi democratici siano incapaci di affrontare le gravi instabilità dell’economia capitalista e che la crisi prima ancora che economica sia politica. Auspicando poi che venga coltivata la proposta di “democratizzare l’economia di mercato”. “La globalizzazione del capitalismo finanziario ha superato i confini e le regole dei singoli stati lasciando i mercati privi di regole,” sostiene Rossi. “Il capitalismo si è dunque distaccato dalle democrazie, creando inaccettabili diseguaglianze. La politica ha ceduto all’economia.”
Il volume procede poi con l’analisi delle lezioni imparate, dalla fragilità della finanza alla necessità di una riflessione nuova sul ciclo economico che si ricolleghi alle idee originarie di Keynes, dal ruolo degli Usa oggi nell’economia mondiale all’impreparazione degli studi macroeconomici.
Per concludere, Posner propone una decine di riforme, diverse da quelle proposte dall’amministrazione Obama, in ambito di regolamentazione finanziaria, partendo da una commissione che faccia un’indagine approfondita sulle cause della crisi. Posner passa poi dall’introduzione di politiche di rotazione del personale tra le diverse authority a modifiche dei finanziamenti alle stesse authority. Si prosegue con l’idea di una riforma del sistema dei rating all’istituzione di un’agenzia di intelligence finanziaria, per arrivare alle riforme che Posner ritiene più complesse ma anche più indispensabili, come la separazione del credito commerciale dal resto dell’intermediazione finanziaria, soprattutto dalle attività ad alto rischio.

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