Veneto area strategica per il Monte dei Paschi

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«La rotta impostata dal nuovo consiglio di amministrazione è ben ferma e guarda alla valorizzazione dei punti di forza del Monte dei Paschi. Altrettanto chiaro è che vogliamo continuare a presidiare quest’area del Paese». A pochi giorni dalla sua nomina a presidente del Montepaschi e dall’esplosione dell’inchiesta sull’acquisizione di Antonveneta, Alessandro Profumo usa toni rassicuranti sul futuro dell’istituto padovano. «Non ci sarà alcun rallentamento né riflesso sull’operatività della banca a causa dell’indagine».
Presidente, nell’ambito del nuovo piano industriale che ruolo avrà Antonveneta?

«Il piano lo stiamo ancora predisponendo. Sono in corso delle valutazioni che, come noto, devono tenere conto anche delle richieste European Banking Authority».

Antonveneta potrebbe finire tra gli asset in vendita?

«Io credo che, volendo guardare alle preoccupazioni del territorio, il tema non sia tanto Antonveneta sì o no. Il nuovo Cda vuole valorizzare i punti di forza di Mps, che ci sono. Il Monte è una banca con una qualità del personale eccellente e con sei milioni di clienti retail, tra famiglie e imprese, con i quali abbiamo un rapporto forte. Vale anche per questo territorio: al di là del marchio, vogliamo continuare a presidiare il Nordest».

Con quale tipo di radicamento?

«Il radicamento non è una questione di marchio, ma è frutto del rapporto con i clienti e della qualità delle risposte alle esigenze del territorio. Essere radicati non vuol dire solo esserci».

Ma l’indagine in corso non rischia di determinare un periodo di incertezza?

«Guardi, semmai il contrario. Accelereremo il nostro lavoro perché siamo ancora più determinati a dimostrare che Mps è una grande banca».

Guardando ad altri aspetti dell’attualità, teme anche lei che sia a rischio la tenuta sociale del Paese?

«La disoccupazione è a livelli importanti e i problemi aperti sono molti. Ma la crisi ci offre anche delle opportunità, fondamentale, però, è capire e delineare una prospettiva».

Cosa intende?

«I consumi interni, ad esempio, sono scesi in modo più rilevante rispetto al calo del reddito disponibile. È evidente, quindi, che c’è anche un elemento di incertezza che aggrava il periodo che stiamo vivendo. Per questo è importante ricreare una prospettiva».

Anche le banche, in questo, sono chiamate a un ruolo importante. La stretta creditizia è realtà.

«Il rapporto tra impieghi e depositi del sistema è del 120%, in Mps è del 118%. Significa che ogni 100 euro depositati noi ne impieghiamo 118. Il problema è che i 18 euro di differenza che i mercati istituzionali e internazionali ci garantivano, per il timore dei rischio Italia, oggi riesce molto difficile trovarli».

Però ci sono stati due interventi della Bce per risolvere questo problema, e sui tassi d’interesse non si è visto?

«Il costo della raccolta risente, comunque, il rischio Italia. Il denaro avuto dalla Bce al 2% viene impiegato al 4-5% perché l’Italia sconta 400 punti base in più».

Qual è la soluzione?

«Con serenità, attenzione e nel tempo dobbiamo disintermediare le banche. Con attenzione e nel tempo, ripeto, perché altrimenti si determina un credit crunch. Dobbiamo trovare insieme delle soluzioni, che devono passare attraverso il fatto di avere più Europa di quanto non abbiamo oggi. È necessario ricreare un mercato della liquidità a livello europeo e ricreare fiducia nel nostro paese».

Quanto al rapporto banche-imprese?

«Spararsi reciprocamente addosso non serve a nulla. Deve cambiare il tipo di rapporto. I clienti lavoreranno con meno banche e queste avranno meno imprese come clienti. Da una maggiore fedeltà ci guadagneranno entrambe le parti».

Matteo Marian

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