Rapporto PMI: con la guerra in Ucraina e crisi energetica a rischio la ripresa nel 2022-23

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L’analisi del presidente di Confindustria Abruzzo, Marco Fracassi

 

Il Rapporto Regionale PMI 2022, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con Unicredit e Gruppo 24 Ore, analizza gli andamenti e le prospettive delle 160 mila piccole e medie imprese italiane che generano un valore aggiunto complessivo pari a 204 miliardi di euro. Lo studio tiene conto del conflitto russo-ucraino e della persistenza dei rincari sul mercato delle materie prime e analizza l’esposizione delle PMI ai rischi climatici, ambientali e di transizione nelle diverse regioni.

 

Il sistema delle PMI, 2007-2020
  2007 2008 2009 2017 2018 2019 2020 Var.

2020/2019

Var. 2020/2007
Italia 149.932 154.893 157.894 156.754 158.688 159.925 153.627 -3,9% 2,5%
Nord-Est 38.736 39.812 39.998 39.924 40.372 40.628 39.306 -3,3% 1,5%
Nord-Ovest 50.407 51.981 52.370 53.455 53.907 54.481 52.991 -2,7% 5,1%
Centro 32.037 32.797 33.953 32.344 32.838 32.917 30.736 -6,6% -4,1%
Mezzogiorno 28.751 30.303 31.574 31.031 31.571 31.899 30.594 -4,1% 6,4%
Abruzzo 2.672 2.797 2.841 2.703 2.699 2.764 2.524 -8,7% -5,5%

 

La diffusione della pandemia ha interrotto la lenta ripresa delle PMI italiane che nel 2020 hanno visto calare i loro fatturati dell’8,6%. La diversa intensità degli impatti della pandemia riflette la profonda eterogeneità del nostro tessuto produttivo e le differenti esposizioni delle economie locali. La macroarea più colpita è stata il Centro Italia, penalizzata dalla specializzazione in settori fortemente colpiti dalle restrizioni sanitarie, fermi o con forti perdite nel corso dell’anno (turismo, alberghi, ristorazione, sistema moda, concessionari autoveicoli). L’area geografica che fa registrare il calo più marcato di PMI è sempre il Centro (-6,6%), Il calo di numerosità di PMI si estende a tutte le regioni eccetto il Molise (+0,6%). Gli impatti più severi si verificano in Abruzzo (-8,7%).

Score economico-finanziario delle PMI attive sul mercato nell’anno
Per area di rischio, in valori assoluti e in percentuale
2007 2019 2020
Solv. Vuln. Rischio totale PMI Solv. Vuln. Rischio totale PMI Solv. Vuln. Rischio totale PMI
Italia 39,8% 35,5% 24,7%     149.932 59,5% 30,3% 10,2%     159.925 53,9% 31,6% 14,4%     153.627
Nord-Est 43,7% 33,3% 23,0%       38.736 64,8% 27,1% 8,1%       40.628 59,1% 29,3% 11,6%       39.306
Nord-Ovest 43,9% 33,5% 22,6%       50.407 61,4% 28,8% 9,8%       54.481 55,5% 30,6% 13,9%       52.991
Centro 35,3% 36,3% 28,5%       32.037 54,9% 32,8% 12,3%       32.917 47,7% 33,6% 18,7%       30.736
Mezzogiorno 31,4% 41,1% 27,5%       28.751   54,3% 34,2% 11,5%       31.899   50,7% 34,5% 14,8%       30.594  
Abruzzo 32,8% 36,6% 30,6%          2.672   55,5% 32,1% 12,4%          2.764   54,0% 31,6% 14,4%          2.524  

 

 

I rischi fisici e di transizione delle PMI italiane. Cerved ha definito uno score che misura il grado di esposizione delle imprese italiane al processo di transizione. A livello complessivo, le PMI che operano in settori a rischio di transizione alto o molto alto sono poco più di 16 mila (il 10,6% del totale), impiegano 478 mila addetti (l’11,0%) e presentano un’esposizione verso il sistema creditizio di oltre 44 miliardi (il 17,1%). I dati sull’incidenza territoriale delle attività a rischio di transizione riflettono la diversa specializzazione produttiva delle economie locali. Il Sud Italia è l’area geografica più esposta, con circa 127 mila addetti coinvolti (14,7%), seguita dal Centro (10,9%) e Nord-Est (10,1%), mentre il Nord-Ovest è l’area che evidenzia le incidenze più basse (9,6%). Un’analisi di dettaglio sui bilanci delle circa 16 mila PMI a rischio transizione evidenzia che quasi i due terzi di queste (10.588) non possiedono una struttura finanziaria adeguata ad affrontare eventuali investimenti di riconversione in condizioni di equilibrio finanziario.

La distribuzione geografica delle tre diverse componenti del rischio fisico riflette l’eterogeneità del territorio italiano, con forti differenze a livello regionale dove è evidente l’alto il rischio sismico nella Regione Abruzzo.

 

Esposizione alle tre componenti del rischio fisico per regione
PMI a rischio alto e molto alto nelle macroaree
  Totale Rischio alluvioni Rischio frane Rischio terremoti
  Sedi locali Addetti % sedi locali % addetti % sedi locali % addetti % sedi locali % addetti
Italia    359.544    4.350.727 11,8% 11,5% 1,8% 1,5% 6,4% 6,6%
Nord-Est      92.619    1.159.710 22,2% 21,9% 0,4% 0,3% 10,4% 10,1%
Nord-Ovest    118.468    1.477.863 5,3% 4,9% 2,5% 2,0% 0,0% 0,0%
Centro      72.839       844.791 16,9% 16,1% 2,2% 1,8% 3,7% 3,8%
Mezzogiorno      75.618       868.363 2,9% 3,0% 2,6% 2,7% 13,7% 14,6%
Abruzzo         6.512          81.329 10,1% 9,5% 0,7% 0,6% 18,6% 18,9%

 

Il miglioramento delle prospettive economiche seguito al superamento della fase più acuta della pandemia si è riflesso nel 2021 anche sugli indicatori congiunturali dello stato di salute delle PMI, come i tassi di natalità, le chiusure di impresa, le abitudini di pagamento e gli score creditizi. A livello territoriale, tra 2020 e 2021 il miglioramento più marcato si osserva nel Mezzogiorno (dal 18,7% al 14,6% di PMI a rischio), con la minor distanza rispetto ai livelli del 2019 (+1,7 punti percentuali).

In Abruzzo la diminuzione del rischio passa dal 18,2 al 12,8%.

Impatto del Covid sul rischio di default delle PMI
Distribuzione delle imprese per Cerved Group Score
  SICURE

 

SOLVIBILI

 

VULNERABILI

 

RISCHIOSE

 

  2019 2020 2021 2019 2020 2021 2019 2020 2021 2019 2020 2021
Italia 32,6% 17,4% 21,0% 37,8% 39,3% 37,1% 21,2% 30,1% 30,5% 8,4% 13,2% 11,4%
Nord-Est 42,6% 21,8% 28,0% 36,2% 42,5% 38,2% 15,4% 25,8% 25,7% 5,8% 9,9% 8,1%
Nord-Ovest 41,3% 20,8% 25,7% 36,0% 40,7% 36,6% 16,3% 27,2% 27,9% 6,4% 11,3% 9,8%
Centro 23,0% 13,8% 14,3% 40,5% 37,6% 36,2% 26,1% 33,5% 34,5% 10,4% 15,1% 15,0%
Mezzogiorno 14,6% 9,5% 11,0% 40,3% 34,7% 37,3% 32,1% 37,1% 37,1% 12,9% 18,7% 14,6%
Abruzzo 16,4% 9,9% 12,7% 40,5% 33,7% 38,4% 30,7% 38,2% 36,2% 12,4% 18,2% 12,8%

 

Nel 2021 le stime sui conti economici delle piccole e medie imprese fanno emergere i primi segnali di ripresa, certificati anche dalla tenuta complessiva degli indicatori di stabilità finanziaria. Sulla base delle stime, il fatturato delle PMI italiane è previsto in crescita dell’8,1% su base annua. L’incremento dei ricavi, seppur significativo, non basta però a colmare il gap accumulato rispetto al periodo pre-Covid (-1,2% rispetto ai livelli del 2019). A dare impulso al forte recupero dei margini sono, da un lato, le ottime performance in termini di crescita del valore aggiunto registrate soprattutto nelle costruzioni e nell’industria e, dall’altro, la dinamica di contenimento dei costi del personale e dei servizi seguita alla fase recessiva.

Gli effetti del nuovo scenario geopolitico sulle PMI: previsioni sui conti economici e sul rischio. Le tensioni geopolitiche, economiche e commerciali associate al conflitto in Ucraina (sanzioni, incertezza dei traffici, restrizioni al commercio ecc.) si stanno trasmettendo al nostro sistema produttivo attraverso una serie di effetti.  In base alle previsioni, il processo di recupero delle PMI italiane potrebbe subire un rallentamento nel prossimo biennio. Nello scenario “base”, i livelli pre-Covid saranno recuperati in tutte le aree già a partire dal 2022, nonostante una decelerazione su base annua del tasso di crescita dei ricavi (+2,4% nel 2022 e +2,0% nel 2023). Al termine del periodo di previsione, l’area che crescerà maggiormente rispetto ai livelli pre-Covid è il Mezzogiorno (+3,8%), mentre il Nord-Ovest farà registrare il rimbalzo più contenuto (+2,4%). Nello scenario “worst” la dinamica di ripresa dei ricavi delle PMI potrebbe subire invece un netto arresto, per effetto di una scarsa crescita nel 2022 (+0,6%) e di una contrazione nel 2023 (-0,5%), che allontanerebbero il recupero dei valori persi durante la pandemia (-1,5% rispetto al 2019). Il Centro ritornerebbe ad essere l’area della Penisola più colpita (-1,9%). In entrambi gli scenari, dopo il calo della rischiosità osservato nel 2021, la quota di PMI a rischio torna a risalire. Il Centro Italia si conferma l’area più esposta.

 

Il Presidente di Confindustria Abruzzo, Marco Fracassi, a commento del Rapporto appena presentato: “I dati da una parte dimostrano, ancora una volta, come le Piccole e Medie Imprese Abruzzesi abbiano una specifica vitalità e capacità di resilienza agli scenari più gravi, dall’altra evidenziano la perdurante fragilità del sistema produttivo regionale, anche in relazione alle altre regioni italiane, che sconta gravi e antichi deficit strutturali e infrastrutturali. In questo quadro Confindustria sottolinea come sia necessario agire con interventi diversificati -sia a livello europeo e nazionale che regionale- volti al sostegno della competitività delle imprese, in particolare quelle abruzzesi. Sono indispensabili strumenti per potenziare la struttura finanziaria e la patrimonializzazione delle imprese e rilanciarne gli investimenti, per favorire un percorso di crescita e di innovazione che coinvolga anche il capitale umano nell’adeguare le competenze alla forte accelerazione nell’utilizzo delle nuove tecnologie digitali.

Anche nella nostra regione, inoltre, è sempre più determinante l’efficienza della pubblica amministrazione. Aspetto cruciale, questo, in particolare per l’attuazione del PNRR, di cui la nostra Regione non può fare a meno. Con riferimento alle esigenze energetiche, i maggiori costi energetici subiti dalle imprese stanno producendo effetti preoccupanti sulla loro tenuta e sulla loro capacità di continuare a produrre. E’ un problema che assume dimensioni ancor più preoccupanti per le PMI, rispetto al quale sono necessarie misure straordinarie e strutturali, nell’ambito della politica di coesione territoriale 2021-2027 della Regione Abruzzo, che le accompagnino nella transizione energetica e ambientale.  

 

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