Imprese, Livolsi: “Le aziende vogliono uno stato amico”

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“A pensare alle sfide che attendono l’economia italiana e alle decisioni che deve prendere il Governo presieduto da Giorgia Meloni nel breve periodo, tremano vene e polsi.

Ci sono fattori incerti, come il gettito dell’Iva, quello dell’Irpef e i contributi della stagione turistica. A Bruxelles si rinegoziano i vincoli del Patto di stabilità e gli stanziamenti del Pnrr saranno assegnati alla luce dei nuovi accordi che Roma è tenuta a rispettare. Il tempo stringe”. Così Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A., nel nuovo appuntamento con la sua rubrica ‘Crea valore’ con l’agenzia Dire, curata da Angelica Bianco.

“La Nadef- spiega- andrà presentata a fine settembre. Quel che è certo è che nella prossima Legge di Bilancio ‘andranno fatte delle rinunce’, come ha ricordato il ministro del Mef Giancarlo Giorgetti. Gli elementi di conflitto, dentro e fuori la maggioranza che sostiene l’Esecutivo, sono tanti. Il Superbonus peserà a lungo sulle casse dello Stato. Inizialmente prevista in 35 miliardi di euro, la spesa collegata al Superbonus è passata a 67,12 miliardi. Anche il bonus facciate, inizialmente previsto con un costo di 5,9 miliardi, ha avuto una spesa effettiva di 19 miliardi. Il divario complessivo tra le stime iniziali e le spese aggiornate per il periodo 2020-2035 è di 45,2 miliardi di euro, di cui 32 miliardi attribuibili al solo 110%. Bisogna tenere in considerazione anche gli attriti tra Governo e banche a seguito delle tasse sugli extraprofitti, provvedimento molto criticato dal ministro degli Esteri e vicepresidente del consiglio Antonio Tajani, nonché ‘traghettatore’ di Forza Italia, orfana di Silvio Berlusconi, verso il congresso del febbraio 2024″.

“Perplessità- scrive ancora Livolsi- anche sui criteri dell’imposta straordinaria, che viene calcolata con un’aliquota del 40% sul maggior valore del margine di interesse dell’anno 2022, che superi di almeno il 5% il margine del 2021, e sul margine dell’anno 2023, che superi di almeno il 10% il margine del 2021. Unicredit e Mediobanca le banche meno impattate. Mediolanum e Bper quelle che ne risentiranno maggiormente. Tuttavia, non si può contare per il rilancio del Paese solamente sull’aumento delle imposte, bisogna fare crescere il Pil sviluppando l’economia”. “Molti, come il sottoscritto- prosegue- sono convinti che il vero volano dell’economia siano le imprese, che possono oggi utilizzare forme di rafforzamento patrimoniale e finanziario alternative all’indebitamento bancario: per esempio, dai processi di M&A (Mergers and Acquisitions) ai fondi di Private Equity, a tutti quegli strumenti come mini-bond, Private Debt e, in prima istanza, alla quotazione in Borsa. Anche i comuni cittadini dovrebbero essere spinti a investire nel capitale delle imprese, tramite lo sviluppo o l’istituzione di nuovi strumenti come i Piani individuali di risparmio (Pir)”.

“Il dibattito si è concentrato sul tema del salario minimo- continua Livolsi- L’Italia rientra – insieme ad Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia – tra i Paesi europei che non lo hanno stabilito per legge. Il nostro Paese non è obbligato ad implementare il salario minimo poiché ha un tasso di copertura della contrattazione collettiva superiore all’80%. Già oggi molte categorie prendono salari superiori ai nove euro all’ora e ci sono fasce di lavoratori che preferiscono ricevere i loro compensi in nero. È evidente che si tratta di una situazione ambivalente, che mostra come ci sia tanta confusione in Italia sull’argomento. È fondamentale non solo agire sulla leva fiscale, ma sulla produttività, sulla capacità di creare sviluppo strutturale”.

“La scommessa è puntare sull’efficienza, l’ottimizzazione degli investimenti e l’internazionalizzazione. L’innovazione, la rivoluzione digitale e la transizione ecologica – come indicato dall’Europa e come perseguito nelle principali economie occidentali – sono i criteri alla base della competitività. È necessario scegliere manager capaci e indipendenti. Bisogna liberare l’Italia dai privilegi e dalle lobbies. Anch’essi vanno a pesare negativamente sull’inflazione (scesa al 5,5% in agosto), una tassa ingiusta che pesa in misura maggiore sulle categorie meno agiate. La burocrazia e la giustizia (secondo il ministro Carlo Nordio le inefficienze di quest’ultima valgono il -2% di Pil) continuano a essere percepite come nemiche, non solo dai cittadini ma anche dagli imprenditori. Le imprese hanno bisogno di uno Stato amico” conclude Livolsi.

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