Lo spreco alimentare aumenta in Italia dell’8%

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In occasione della XI Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare (5 febbraio 2024), la filiera agroalimentare si è confrontata con i dati del nuovo Rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher International con i dati del “Caso Italia” 2024, che evidenziano come il nostro Paese è tornato improvvisamente più sprecone, a tu per tu con il cibo

“Make the difference. Stop #foodwaste” è il tema scelto per la XI Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare (5 febbraio 2024), con un chiaro riferimento alle azioni e ai comportamenti concreti per contribuire al conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU al 2030, in particolare dell’Obiettivo 12.3: “Dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030”.

Nel corso dell’evento celebrativo principale, svoltosi a Roma presso la sede dell’Ufficio del Parlamento Europeo in Italia e della Rappresentanza della Commissione Europea, dal titolo “Food Waste Italy: dai campi alle case. Lo spreco del cibo nella filiera agroalimentare italiana”, promosso dalla campagna Spreco Zero di Last Minute Market con il patrocinio del MASE e trasmesso in streaming sul canale youtube di Spreco zero , è stato presentato il nuovo Rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher International con i dati del “Caso Italia” 2024.

L’indagine, promossa dalla Campagna Spreco Zero di Last Minute Market, in sinergia con l’Università di Bologna-DISTAL e IPSOS, denuncia che l’Italia, dopo che nei precedenti due anni aveva mostrato un’inversione di tendenza, nell’ultimo anno è diventata improvvisamente più sprecona, a tu per tu con il cibo.

Si passa dai 75 ai quasi 81 grammi di cibo buttato ogni giorno pro capite nelle nostre case (80,9 grammi, per l’esattezza) e da 524,1 a 566,3 grammi settimanali. Si tratta dell’8,05% di spreco in più rispetto a un anno fa. Lo spreco alimentare costa circa 290 euro all’anno a famiglia, e circa 126 euro pro capite.

Si spreca di più nelle città e nei grandi Comuni (+ 8%) e meno nei piccoli centri; sprecano di più le famiglie senza figli (+ 3%) e molto di più i consumatori a basso potere d’acquisto (+ 17%).

Si spreca di più al sud (+ 4% rispetto alla media nazionale) e meno a nord (- 6% rispetto alla media). Lo spreco complessivo in Italia vale oltre 13 miliardi euro: un dato vertiginoso che include lo spreco a livello domestico (oltre 7miliardi e 445 milioni di euro)), quello nella distribuzione che vale circa la metà (quasi 4 miliardi euro), oltre allo spreco in campo e nell’industria, molto più contenuto.

Ma la questione più grave è legata all’allarme sociale che emerge da un quadro di forte incertezza generale: lo testimoniano i dati che per il primo anno Waste Watcher International analizza sul piano della sicurezza alimentare in Italia usando l’indice FIES (Food Insecurity Experience Scale), che misura il livello di accesso delle persone a cibo adeguato e nutriente.

Dal punto di vista socio-economico, il ceto che si autodefinisce “popolare” (“mi sento povero e fatico ad arrivare alla fine del mese”) e che in Italia conta oltre 5,7 milioni di persone (oltre il 10% della popolazione, secondo i dati Istat) presenta un allarmante aumento del 280% di insicurezza alimentare rispetto alla media italiana. Le disparità geografiche sono evidenti, con il Sud che registra un aumento del 26% di insicurezza alimentare rispetto alla media nazionale, mentre il Nord e il Centro mostrano scostamenti negativi del 14% e 7%, rispettivamente.

L’effetto inflazione comporta scelte eloquenti e l’acquisizione di nuove abitudini alimentari. Qualche esempio: un consumatore su 2 (49%) dichiara di potenziare l’acquisto di cibo online, oltre 1 consumatore su 3 (39%) si butta sugli alimenti in promozione, e oltre 1 consumatore su 3 decide di autoprodurre il cibo (38%). Nella hit delle nuove scelte di acquisto l’attenzione si rivolge con più determinazione verso l’acquisto del cibo a ridosso di scadenza (32%) e di rifornirsi di legumi e derivati vegetali, a scapito del consumo di carne (31%).

Perde terreno il cibo biologico, spesso troppo costoso per un ridotto potere d’acquisto (7%) e perdono terreno le grandi marche (11%). Si spreca soprattutto la frutta fresca, che svetta fra gli alimenti più gettati nell’ultima settimana media dei consumatori (25,4 grammi), seguono cipolle aglio e tuberi ma anche il pane fresco (20,1 grammi), le insalate (13,8 grammi) e le verdure (13,2 grammi).

“Sono dati che dobbiamo attenzionare con cura perché ci permettono di evidenziare la stretta connessione fra inflazione e insicurezza globale da un lato e ricaduta sociale dall’altro, fra potere d’acquisto in calo costante e conseguenti scelte dei consumatori che non vanno purtroppo in direzione della salute dell’ambiente, ma nemmeno di quella personale – ha rilevato il Direttore scientifico di Waste Watcher Andrea Segrè, Professore di Economia circolare e Politiche per lo sviluppo sostenibile all’Università di Bologna – Se in un primo momento l’effetto inflazione ha portato a misurare con decisione gli sprechi, prolungata nel tempo ha costretto i cittadini all’adozione di nuove abitudini ‘low cost’ per fronteggiare la crisi. Scegliere cibo scadente, meno salutare e spesso di facile deterioramento non comporta solo un aumento del cibo sprecato in pattumiera, ma anche un peggioramento nella propria dieta e nella sicurezza alimentare. Se la salute nasce a tavola, dal cibo scadente deriva l’aggravio dei costi sociali e ambientali. In definitiva: da poveri mangiamo e stiamo peggio, e sprechiamo persino di più. E questo circolo vizioso si riverbera sull’ambiente. Se vogliamo davvero ‘fare la differenza’, come chiede il claim dell’11ma Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, l’azione deve essere sinergica: ciascuno nel suo quotidiano, ma servono anche e soprattutto politiche pubbliche mirate a mitigare gli impatti dell’inflazione sulla sicurezza alimentare, con un focus particolare sulla tutela dei ceti sociali più vulnerabili. Affrontare la crisi alimentare emergente richiederà un approccio integrato che comprenda sia strategie di sostegno economico che iniziative educative per promuovere scelte alimentari sane, consapevoli e sostenibili”.

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