Italia a difesa dei fondi europei

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La crisi economica internazionale ha smascherato tutte le difficoltà della politica di coesione, ha messo in luce l\’efficacia limitata del sistema dei fondi distribuiti ai Paesi membri per ridurre gli squilibri territoriali. Un\’occasione in più per rimettere tutto in discussione e riformare. La Commissione europea è partita da qui per mettere a punto la quinta relazione sulla coesione economica presentata il 25 gennaio alla Camera dal commissario per la Politica regionale Johannes Hahn alla presenza del ministro per i Rapporti con le regioni, Raffaele Fitto. Gli Stati membri hanno avuto tempo fino al 31 gennaio per presentare il proprio parere: l'Italia, appena definito il testo, lo ha sottoposto alle osservazioni di Regioni, enti locali e del partenariato economicosociale.
Spicca il no alla proposta dell'Unione europea di cambiare, a partire dal prossimo ciclo di programmazione,
quindi dopo il 2013, l'attuale architettura finanziaria della politica di coesione. Attualmente il sostegno alle Regioni è differenziato in base al loro livello di sviluppo economico (misurato in PIL pro capite). Per attenuare la cesura tra queste due categorie, la Commissione propone di introdurne una terza intermedia in cui confluirebbero anche Regioni attualmente beneficiarie del programma in funzione dell'obiettivo "convergenza", ma il cui Pil
pro capite risulterebbe maggiore del 75% rispetto alla media comunitaria delle ultime statistiche. Per le Regioni dell'Italia meridionale l'impatto sarebbe solo indiretto, ma ugualmente pesante. In base alle proiezioni di diversi centri studi, infatti, le nostre Regioni resterebbero comunque sotto la soglia del 75% e quindi nell'obiettivo
"convergenza", ma la creazione di una nuova categoria, in cui potrebbero entrare Regioni di altri Stati (forse tedesche o spagnole), finirebbe per aumentare il numero di quote in cui dividere l'ammontare di risorse complessivo. Insomma, alla fine l'Italia potrebbe avere solo da rimetterci. Non a caso nel suo parere, preparato
dal Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (DPS), il governo scrive: “Le regole attuali di eleggibilità dei territori e di allocazione delle risorse, che assicurano la concentrazione delle risorse sulle Regioni più arretrate, vanno mantenute”. Solo “nelle dotazioni assegnate a ciascuno Stato membro a titolo di ciascuno
obiettivo – sottolinea l'Italia – ogni Paese potrà trovare le migliori chiavi di ripartizione delle risorse per assicurare
che le Regioni possano essere sostenute in modo adeguato rispetto alle diverse condizioni di contesto”.
Su quasi tutti gli altri punti della relazione, ispirati anche dal dibattito sulla revisione del bilancio dell'Unione europea, il parere dell'Italia è positivo. Il documento della Commissione, del resto, riprende in diversi
aspetti le proposte del rapporto preparato nel 2009 dall'esperto italiano Fabrizio Barca, tra i "padri" della politica di coesione e del DPS. Ci sono inoltre diverse convergenze con i principi inseriti nel piano
per il sud licenziato dal governo lo scorso novembre: orientamento alle priorità della Strategia Europa 2020 (a partire da inclusione sociale, ricerca, istruzione) e concentrazione su pochi grandi obiettivi;
maggiore definizione ex ante di target e indicatori misurabili. Il piano sud ha "importato" dalla relazione della
Commissione anche lo strumento del contratto di partnership sullo sviluppo e gli investimenti, in cui Bruxelles e gli Stati membri (ma le Regioni chiedono di essere incluse) stabiliscono le priorità di investimento,
l'allocazione delle risorse tra i settori e i programmi prioritari, le condizioni concordate e gli obiettivi da raggiungere.
Nel parere, l'Italia concorda poi sull'esigenza di introdurre specifiche condizionalità per l'utilizzo dei fondi strutturali: in sostanza bisognerebbe verificare ex ante che siano presenti una serie di “requisiti –
istituzionali, amministrativi, regolatori, pianificatori e progettuali – necessari a un'attuazione efficace dei programmi, per conseguire risultati tangibili”. Spendere tutto, nei tempi stabiliti, ma anche con efficacia: questa l'aspirazione. Al dibattito ora seguiranno le decisioni europee. Esaminati i pareri dei singoli Stati, nel primo semestre dovranno arrivare le proposte legislative.

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