La Casa Verde italiana

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Da Rio de Janeiro a Seoul. Da una parte all’altra del pianeta continua il successo del progetto “La casa verde Co2.0”: si tratta del più grande polo produttivo di bioedilizia tutto made in Italy, esempio unico di architettura sostenibile che utilizza oltre 400 tipologie di materiali prodotti a Km zero. Dopo aver partecipato come rappresentante dell’Italia in questo settore alla Conferenza mondiale in Brasile, si appresta a ritirare l’ennesimo premio i nella Capitale della Corea del Sud per il suo impegno verde. Le aziende che fanno parte di questa filiera green sono settantadue, di cui be 40 sono sarde. L’isola infatti, per le sue caratteristiche paesaggistiche, vanta il primato europeo per la più vasta e alta qualità di materie prime eccedenti naturali rinnovabili. È proprio qui, e più precisamente a Guspini, che nel 2008 è nato il primo nucleo del distretto che oggi coinvolge anche altre regioni del Belpaese, in un piano di collaborazione e di scambio.

Tutti gli scarti delle imprese coinvolte non vengono buttati via, ma utilizzati per la costruzione di edifici e per il loro arredo e interior design, per l’industria nautica ed aeronautica, per l’impiantistica industriale e l’agricoltura biologica. Terre crude, argille, lana di pecora sarda, cenere, gusci d’uova, paglia, sottolavorazioni di latte, olio, verdura e olio di mare, e sabbie selezionate sono alcune delle materie prime, tutte esenti dai derivati del petrolio e senza consumo di suolo e risorse idriche, usate per la lavorazione dei prodotti.

Tra le ultime novità c’è la formula di una fibra ecosostenibile, che permette la realizzazione di elementi semilavorati come mattoni, pennellature isolanti, pezzi per i manti e le impermealizzazioni dei tetti, ma anche per divani, lampade fino ad alcune applicazioni nautiche. Anche gli intonaci e le vernici sono naturali e derivanti dalle eccedenze del lavoro agricolo e lattiero-caseario, e senza acqua, il che permette notevoli risparmi anche per l’imballaggio e il trasporto.

“L’idea della “Casa verde Co2.0” è nata cinque anni fa dall’esperienza di alcune imprese innovative – racconta Daniela Ducato, coordinatrice del progetto . – Per entrare nella nostra filiera non basta avere un processo produttivo a Km zero. Ci sono delle regole da seguire anche dal punto di vista sociale ed economico. Noi, infatti, non riceviamo alcun finanziamento pubblico e lavoriamo affinchè venga rispettata la dignità dei luoghi e delle persone: non ammettiamo l’utilizzo di materie prime caratterizzate da abusività salariale e che mettano in pericolo la salute dei lavoratori”.

La carta vincente del polo produttivo di bioedilizia più grande d’Italia è dunque l’unione dell’eccellenza tecnica e dell’efficienza energetica con l’etica, a tutela del paesaggio e dell’uomo. “Non si tratta di una utopia. Così facendo abbiamo dimostrato che una sostenibilità a 360 gradi è possibile – racconta Ducato -. Per non parlare degli enormi vantaggi che un lavoro del genere ha anche per i consumatori, che risparmiano in bolletta e hanno una casa più sicura e che rispetta l’ecosistema mondo. Possiamo avere edifici efficienti energeticamente, ma se costruiti con materiali che sfruttano gli animali e le persone e danneggiano l’ambiente e le coltivazioni allora si tratta di sforzi inutili”.

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