Sei miliardi di euro da investire fino al 2020 per garantire alla popolazione italiana una vasta copertura della rete internet e avvicinare il nostro Paese all’avanguardia digitale del resto d’Europa. Questo il contenuto principale del Piano presentato dal Governo per lo sviluppo della banda ultra larga. Non si tratta di un vero e proprio decreto legge, ma di un documento programmatico con le linee guida per la crescita tecnologica. OBIETTIVO: CONNETTERE IL 50% DELLA POPOLAZIONE AL WEB
Tra gli obiettivi principali del Piano c’è la copertura fino al 50% della popolazione a 100 Megabyte per secondo entro il 2020. Gli investimenti pubblici per sei miliardi di euro arriveranno dai fondi europei Fesr e Feasr, circa 2,4 miliardi, dal Fondo di Sviluppo e coesione e da quelli collegati al Piano Juncker. Altri due miliardi saranno messi a disposizione delle aziende, le quali verranno a loro sollecitate a mettere sul piatto altri 4 miliardi per completare la loro definitiva conversione al digitale.
COSA CHIEDE BRUXELLES: GLI IMPEGNI ENTRO IL 2020
Verrebbero in questo modo soddisfatte anche le richieste europee di raggiungere proprio entro il 2020 la copertura fino all’85% della popolazione con una connettività al almeno 100 Mbs, valore che definisce la banda ultra larga secondo l’Agenda digitale comunitaria. Ci sarà in Italia una suddivisione in quattro cluster, che saranno sottoposte ad agevolazioni o strumenti di partnariato per intercettare i bisogni specifici. Come afferma il Ministro per lo Sviluppo economico Guidi, “spetterà agli operatori al scelta della tecnologia più efficace”.
Non ci sarà, dunque, uno switch-off obbligatorio alla fibra, né un servizio universale. Tutti gli aspetti tecnici verranno infatti lasciati alle imprese. Il documento prevede però anche altre misure, come la presenza di un fondo di garanzia, di un voucher di accompagnamento alla migrazione verso la fibra ottica e la convergenza di prezzo per i collegamenti in fibra ottica realizzati con sovvenzioni statali al prezzo dei collegamenti in rame.
ITALIA FANALINO DI CODE DELL’UE PER SVILUPPO DIGITALE
Il Piano si rende necessario in una realtà, come quella italiana, che è agli ultimi posti in Europa per innovazione e tecnologia. Resta infatti fanalino di coda nell’Ue per sviluppo digitale: secondo dati del sito Internet World Stats, soltanto il 58,6% della popolazione è stabilmente connesso. Ciò vuol dire che più di 22 milioni di italiani non sono nell’agenda digitale. Secondo la Commissione, poi, siamo messi ancora peggio: non solo poca connettività, ma anche competenze informatiche carenti e scarsa attività sul web. Insomma, il Belpaese è venticinquesimo sui 28 Stati membri in fatto di digitale, avanti solo a Grecia, Bulgaria e Romania.
ANCHE LE AZIENDE TRA LE MENO CONNESSE D’EUROPA
Non solo le famiglie. Anche le imprese nostrane risultano essere indietro al resto d’Europa. Secondo recenti dati diffusi dal Consorzio del commercio elettronico Netcomm, soltanto il 4% delle aziende italiane sono online, contro una media comunitaria del 15%. Di conseguenza, anche il fatturato delle vendite in rete è minore, basti pensare che mentre in Spagna questo ammonta a 17 miliardi di euro, nella Penisola si arriva soltanto a quota 14 miliardi.