L’inquinamento acustico si misura con lo smartphone

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Uno smartphone per misurare il rumore ambientale sul territorio nazionale e associarlo alla valutazione soggettiva del benessere acustico nel momento della misurazione. A progettare un protocollo sperimentale in grado di misurare il rumore in modo semplice e anonimo e di analizzare al contempo i dati raccolti, un team di ricercatori ed esperti di comunicazione della scienza dell’Istituto nanoscienze (Nano) e della (già) Unità comunicazione relazioni con il pubblico (Ucrp) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), degli Istituti clinici scientifici “Maugeri” e di Arpa Piemonte. I risultati dello studio sono stati recentemente pubblicati su PlosOne.

L’iniziativa, che costituisce il secondo esperimento di scienza partecipata dopo quello realizzato sulla misurazione della luce intrusiva, rientra nelle attività scientifiche legate al progetto curato dal Cnr #Scienzasulbalcone. Anche per questo studio sull’inquinamento da rumore ambientale, l’Unità comunicazione e relazioni con il pubblico del Cnr ha coordinato la campagna di comunicazione e la successiva fase di raccolta dei dati attraverso l’implementazione di un sito web dedicato (https://sites.google.com/view/scienzasulbalcone/suono), mentre una campagna di calibrazione di alcuni modelli era stata effettuata in precedenza presso i laboratori di Arpa Piemonte.

“Per questo progetto di Citizen Science abbiamo ricevuto in un mese 1258 misurazioni, effettuate dai partecipanti nelle proprie abitazioni e con i propri smartphone personali”, spiega il coordinatore della ricerca Carlo Andrea Rozzi del Cnr-Nano di Modena. “La procedura ha permesso di raccogliere i dati anonimamente e di introdurre elementi di verifica incrociata della qualità dei dati raccolti, come la “misura del silenzio” (cioè la misura del livello sonoro nel luogo e nel momento più silenzioso a finestre chiuse), in grado di calibrare, grazie al lavoro svolto in precedenza in laboratorio, le misure di rumore grezze per ogni modello di dispositivo”.

Il protocollo sperimentale ideato dai ricercatori è ripetibile. “Il protocollo si può adattare ad altri contesti ambientali e l’esperienza ci dice che può essere migliorato”, conclude Rozzi. “Il metodo può inoltre essere utilizzato per monitorare eventi potenzialmente rumorosi o con scopi didattici e di sensibilizzazione ai problemi ambientali”.

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