Assomarinas si oppone all’acciaieria nella Laguna di Marano

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Il Presidente di Assomarinas è intervenuto ieri a Udine, presso la sede della Piccola Industria, ad un incontro presieduto dal Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga e dall’Assessore regionale Sergio Bini, sul tema del controverso progetto del nuovo polo siderurgico nel cuore della laguna di Marano e Grado in corrispondenza della foce dell’Aussa Corno manifestando  ferma opposizione all’iniziativa e comunicando di aver affidato ad IMQ e Ambiente, primaria società di ingegneria ambientale italiana,l’incarico di svolgere un’ analisi preliminare ambientale sulle ipotesi di realizzazione del progetto che, se portato a termine, stravolgerebbe completamente la vocazione turistica della laguna e delle sue aree costiere rappresentando una concreta minaccia per il turismo nautico e la ricettività turistica del territorio compreso tra Lignano e Grado.
‘Abbiamo accettato questo incarico – commenta la CEO di IMQ eAmbiente- in un momento storico in cui l’impegno al cambiamento climatico è al centro delle scelte produttive; la proposta progettuale valutata invece di determinare ricchezza sostenibile, introduce una fonte di pressione fortemente negativa con conseguenze sotto il profilo economico e ambientale e rappresenta un attacco al sistema turistico in un habitat già di per sé delicatissimo”.
Anche il previsto dragaggio del canale Ausa-Mare di accesso al porto finalizzato a garantire la quota di pescaggio di circa 12 metri contro i 7.5 attuali e l’allungamento della banchina di attracco presentano delle potenzialità di rischio ambientale molto elevate.
Così come forti saranno gli impatti in termini di emissioni atmosferiche da traffico e da risollevamento di polveri nella fase di cantiere che interesseranno in particolare l’abitato  nella laguna di Marano e aumenteranno i traffici terrestri per la gestione dei rifiuti . Ma soprattutto  a preoccupare  è la stima che il polo potrebbe produrre annualmente 4 milioni di tonnellate di acciaio, corrispondenti grossomodo all’ attuale produzione dell’Ilva di Taranto, con conseguenti 80.000 tonnellate di polveri derivate.
Uno scenario che rappresenta una reale minaccia e che deve essere assolutamente scongiurata. Siamo chiamati  a riflettere sulle  ricadute che la costruzione dell’impianto,  se realizzato, produrrà su quest’area che si è sviluppata con tutt’altra vocazione e che comporterà un grave e irreversibile deterioramento del contesto paesaggistico  con notevoli ripercussioni sul comparto del turismo, della nautica e della pesca.

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