Cambia il modo di guardare gli italiani a tavola

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L’indagine promossa da Rimini Fiera e Fipe, realizzata dal Centro Studi Fipe-Confcommercio, è stata presentata oggi all’inaugurazione di Sapore Tasting Experience In occasione della giornata inaugurale di SAPORE TASTING EXPERIENCE (Rimini Fiera, 21-24 febbraio 2010), il grande polo espositivo dedicato a beverage, food e seafood per il canale Horeca, è stata presentata una ricerca promossa da Rimini Fiera e Fipe e condotta dal Centro Studi Fipe-Confcommercio dal titolo DAL CARRELLO DELLA SPESA AL RISTORANTE. Cambia il modo di guardare gli italiani a tavola. Dopo il saluto di Lorenzo Cagnoni, Presidente Rimini Fiera SpA, Luciano Sbraga, Direttore Centro Studi Fipe, ha illustrato la ricerca, con abbondanza di grafici e cifre. Al successivo dibattito sono poi intervenuti: Aldo Cursano, vice-presidente vicario Fipe; Edi Sommariva, Direttore Fipe; Giuseppe Cuzziol, Presidente Italgrob; Renato Bonaglia, Presidente di UnionAlimentari. Le conclusioni sono state tratte dal Sottosegretario alle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali On. Antonio Buonfiglio.
Per il vicepresidente della FIPE Aldo Cursano, “la crisi non ha condizionato i piaceri della tavola e l'attenzione alla qualità. Anzi, la difficile situazione economica ha portato il consumatore a essere più consapevole, magari mangiando meno, ma scegliendo meglio”.
“Si deve distinguere – ha aggiunto il direttore della FIPE Edi Sommariva – tra la ristorazione di necessità e quella di evasione. La prima, banale e impersonale, è terreno di caccia della grande distribuzione. Nella seconda, invece, si fa ricerca, innovazione, anche reinventando piatti della tradizione. Le piccole e medie imprese del settore hanno sofferto la crisi perché gli imprenditori operano isolati dal contesto di mercato: per aiutarli, è urgente intervenire sul fisco, sul costo del lavoro e sulla burocrazia”.
“A differenza di quanto avveniva nel passato – ha commentato Giuseppe Cuzziol, presidente di Italgrob, federazione italiana dei distributori di bevande – oggi è il pasto fuori casa a costituire la parte "sociale" del consumo. Per questo si deve pensare non solo a vendere il prodotto, ma a vendere tempo di qualità, unendo la serenità dell'ambiente alle relazioni sociali".
“Le piccole e medie imprese – ha affermato Renato Bonaglia, presidente di UnionAlimentari, che raggruppa circa duemila produttori alimentari – sono il tessuto forte della nostra economia. Il comparto del fuori casa non sta vivendo un momento negativo: in questo caso la polverizzazione del mercato è un punto di forza. Lo stesso, purtroppo, non si può dire della distribuzione alimentare, dove la piccola vendita al dettaglio sta sparendo”.
Richieste raccolte dal sottosegretario alle Politiche agricole e alimentari Antonio Buonfiglio. “Dobbiamo chiederci – ha affermato – se sia giusto acquistare il cibo a un prezzo basso. Il cibo si sta trasformando in una 'commodity', ma l'alimentazione a basso costo ha generato un'agricoltura industrializzata. Si deve poi tutelare la sovranità alimentare, ovvero il diritto di mangiare quello che si vuole secondo le proprie tradizioni, e non solo secondo le regole dell’Unione europea”.

Alcuni dati possono meglio aiutare ad incorniciare il contesto all’interno del quale ha scavato l’indagine. Nel 2009 il valore dei consumi nell’alimentare extradomestico è stato stimato da Fipe-Confcommercio in 70 miliardi di euro, il 33,5% dei consumi alimentari complessivi. Il volume d’affari ha registrato una lieve perdita (-1,2%), ma le stime per il 2010 prevedono una ripresa (+1%).

Il settore mette insieme 291.000 imprese con 310.000 lavoratori dipendenti e 670.000 indipendenti. La ristorazione ogni anno produce acquisti sulla filiera agroalimentare per 20 miliardi di euro e produce ben 10 milioni di pasti al giorno. Ma veniamo al cuore della ricerca.

IL PRANZO, CAPOSALDO IRRINUNCIABILE
Il “pranzo” continua ad essere per gli italiani il pasto principale della giornata. Lo afferma tre quarti del campione intervistato (73,5%) ed è particolarmente vero per le donne (77,5%) e per gli ultra 55enni.

Una percentuale marcatamente sopra la media per la “cena” è stata invece registrata tra i 25-34enni (41% contro il 26,5% medio) e tra i residenti al Centro Italia (30,5%).

Più di otto italiani su dieci (83,5%) “variano le proprie scelte alimentari” in funzione del pranzo o della cena e, approfondendo le differenze, si vede che si tratta prevalentemente di aspetti legati alla quantità di cibo più che alla varietà: il “primo piatto” viene consumato decisamente più a pranzo (70%) che non a cena (30%), con una differenza di 40 punti percentuali.

Al secondo posto, con una marcata differenza (24 punti percentuali) tra pranzo e cena in favore di quest’ultima, è il “tenersi leggero”. Al terzo posto, con una differenza di 21 punti, la consumazione di un “pasto completo”, preferito a pranzo piuttosto che a cena.

Gli italiani, dunque, sembrerebbero mettere in pratica i consigli dei nutrizionisti che invitano a consumare carboidrati (primo piatto) a pranzo e a tenersi più leggeri a cena.

GLI STILI ALIMENTARI IN CASA
Il tris dei piatti: primo, secondo, piatto unico
Al di là di chi fa scelte diverse tra pranzo e cena, vediamo che anche a livello generale vengono confermate delle differenze tra i due pasti principali: per il pranzo a casa si predilige “una” (44%) o “due” (46%) portate, che generalmente sono “primo” o “piatto unico” e “primo e secondo”, mentre a cena domina “una sola portata” (61,5%), che di solito è un “secondo” o un “piatto unico”. Dunque il pasto tra le mura domestiche è fortemente destrutturato.

Chi sceglie il pasto completo di almeno tre portate a pranzo, vicino a primo piatto e secondo piatto, inserisce l’antipasto, a cena il dessert.

Ma quali sono gli alimenti maggiormente consumati a casa propria? I “primi piatti”, la “frutta” e la “verdura/insalata”, consumati “tutti i giorni o quasi” da circa i due terzi degli intervistati. I “formaggi”, come prodotto di pronto consumo, hanno un buon gradimento, mentre il “pesce” è consumato “tutti i giorni o quasi” da un numero modesto di intervistati (13,5%). La cucina casalinga si conferma, dunque, per essere piuttosto sbrigativa.

Tra i piatti e gli alimenti più consumati:
– I giovanissimi tendono a consumare preferibilmente i primi e scarseggiano a frutta;
– Più salutiste le altre categorie: i 25-34 controllano il consumo dei primi piatti, forse per attenzione alla forma fisica, mentre dai 45 anni in su si potenzia il consumo di frutta e verdura.

Tra i piatti e gli alimenti meno consumati:
– Le donne hanno un consumo limitato di salumi e vino;
– Antipasti e dessert sono fortemente controllati tra gli over 55 anni.
– La categoria dei 45-54enni risulta essere quella più completa e “godereccia”, con consumi superiori alla media anche tra i prodotti e alimenti generalmente “no”.

GLI STILI ALIMENTARI AL RISTORANTE
Convivialità e buona cucina
Per gli italiani il ristorante[1][1] si caratterizza come luogo di convivialità, per “festeggiare ricorrenze particolari” (44%) o per “stare in mezzo alla gente” (38,5%).

Per le donne è anche l’occasione “per non dover cucinare” (23,5% contro il 19% medio), mentre per i maschi si registra un picco del 22,5% contro 18,5% per il ristorante come “luogo in cui mangiare bene”, forse a differenza di casa…

Quasi i tre quarti del campione (71%) al ristorante “cercano i piatti che a casa non trovano/preparano”, con un interessante 80% tra le giovani generazioni per le quali probabilmente la memoria della cucina si è piuttosto indebolita..

Antipasti e dessert i maggiori “sfizi”
A pranzo prevalgono i pasti completi con almeno tre portate, tipici degli appuntamenti conviviali al ristorante (percentuali superiori alla media, in questo senso, sono state registrate tra gli intervistati residenti al Sud e Isole, ma anche tra i maschi).

Quanto al tipo di portate consumate, balza subito all’occhio, rispetto al consumo domestico, l’impennata dell’antipasto: se infatti nelle due portate a casa aveva avuto citazioni trascurabili, qui si attesta al 43%, mentre nelle tre portate balza addirittura dal 15% di casa al 69,5% del ristorante.

Quanto alla cena, pur nel quadro di un bisogno di maggior leggerezza (il menù a pacchetto scende al 17,5%, mentre la “portata unica” sale al 9%), la tendenza a consumare pasti completi risulta ancora prevalente. Anche in questa occasione notiamo l’impennata del consumo di antipasti e dessert, sia rispetto a casa che rispetto al pranzo al ristorante, con un contenimento, invece, del primo piatto a vantaggio del secondo, indipendentemente dal numero delle portate.

Il pesce? meglio al ristorante
Le maggiori differenze tra consumo domestico e consumo extra-domestico riguardano proprio i consumi di “pesce”, ma anche, come abbiamo visto, “antipasti”, “salumi”, “dessert” e perfino “vino”.
Cala decisamente, rispetto a casa, il consumo di “frutta” a conferma del fatto che al ristorante il dessert, sia per ragioni psicologiche che economiche, è il vero antagonista della frutta.

Tra i piatti e gli alimenti più consumati:
– Il pesce risulta particolarmente apprezzato dagli appartenenti alle fasce centrali di età e dagli intervistati del Centro e Sud Italia; meno dai giovani;
– La fascia dei 45-54enni si conferma, anche al ristorante, quella più “aperta” e godereccia;
– Gli ultra 64 anni paiono invece limitare molto i consumi al ristorante, a parte le verdure, denotando attenzione alla propria salute;
– Curioso poi notare come le femmine non rinuncino al “dessert”.

Tra i piatti e gli alimenti meno consumati:
– Il “piatto unico” risulta particolarmente apprezzato dai giovani, probabilmente per velocità ed economicità;
– I formaggi hanno tra i massimi estimatori gli over 64 anni e i residenti al Sud/Isole.

CASA VS. RISTORANTE = SEMPLICITA’ VS. INNOVAZIONE
La casa è sinonimo di “semplicità”, “pasto veloce” e “piatto unico”. Il ristorante è saldamente associato, invece, a “innovazione/scoperta” ma anche a “abbondanza”,e “convivialità”
Da notare che proprio i giovani associano, con valori superiori alla media, la “semplicità” alla casa e “l’innovazione e scoperta” al ristorante.

INGREDIENTI DI QUALITA’ MEGLIO DI NUOVI SAPORI
Gli italiani, pur tra forti cambiamenti, si confermano gourmet. Restano attenti alla “ricerca di ingredienti di qualità” (91,5%), ritengono il cibo un “piacere” (91%) e utile ad una buona salute (87,5%).

Le donne intervistate hanno dimostrato maggior accordo proprio con il cibo come “piacere”, con la voglia di dedicare “tempo alla tavola” (84% contro il 78,5% medio), con il “cibo è salute” e con la “ricerca di nuovi sapori”. Non va trascurato, tuttavia, che per un intervistato su due, senza particolari differenze tra i sessi, il cibo è un soltanto un “dovere di sopravvivenza”.

Ma come vivono il ristorante gli italiani, oggi rispetto a ieri? Nove intervistati su dieci hanno dichiarato di essere “più attenti all’ambiente e alla cura del servizio”; otto su dieci guardano alla “qualità piuttosto che al prezzo”, e magari compensano ordinando meno piatti. Circa tre quarti cercano piatti che a casa di solito non cucinano.

CONCLUSIONI
In sintesi gli aspetti che caratterizzano il vissuto degli italiani con il consumo alimentare sono:

– la crisi non segna il ritorno del consumo alimentare tra le mura domestiche come si è erroneamente creduto in questi ultimi mesi

– in casa la crisi del modello alimentare italiano è sempre più evidente (prevale il piatto unico e si dedica sempre meno tempo alla cucina), mentre al ristorante gli italiani confermano la sensibilità ai piaceri della tavola (si comincia con l’antipasto e si chiude con il dessert seppure nel contesto di un pasto meno strutturato che in passato)

– in casa il perimetro del consumo è caratterizzato da prodotti di “pronto consumo” (insalate, formaggi, frutta, … ); al ristorante dal pesce, dalla verdura, dai salumi, dai dolci e, perfino, dal vino

– la casa diventa sempre di più luogo di semplicità e frugalità, il ristorante è vissuto, invece, come luogo di “innovazione e scoperta” ma anche di“convivialità” ed “abbondanza”

– al ristorante si va, tra l’altro, per mangiare le cose che in casa non si trovano o non si cucinano più

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