Presentata al Festival la 9a ricerca “Come si informano gli italiani”

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L’indagine, condotta su sette esperti e 1000 italiani, ha aperto l’edizione 2021. Domani altri quattro panel

Tra la realtà e come gli italiani la percepiscono c’è un enorme divario. Lo ha svelato la nona edizione della ricerca “Come si informano gli italiani”, condotta da Ipsos e dall’Osservatorio News-Italia e presentata oggi all’apertura del Festival del Giornalismo Culturale, nel Salone del trono del Palazzo ducale di Urbino. Strutturato in delle interviste in profondità, condotte dai ricercatori del LaRiCA su sette esperti, e un’indagine su un campione di 1000 persone, lo studio era incentrato sulla difesa della lingua e sul suo valore.

<Oltre al distacco dalla realtà, che ha creato delle nuove fratture nella società, come quelle tra persone connesse o disconnesse, novax e provax, e altre ancora, è emerso che percepiamo l’italiano come linguaggio più ricco, accessibile e vivo ma usato sempre più in modo scorretto – ha spiegato Andrea Fagnoni, responsabile di Ipsos -. Per altro, le persone credono che la scuola, i media e le pagine culturali non siano più in grado di istruire a dovere e che l’online abbia portato a un impoverimento del nostro modo di esprimerci e a una deriva verso un linguaggio sempre più maleducato: quasi il 60% si dichiara a favore di leggi per limitare la libertà di parola nel web. In generale, l’italiano è visto come una lingua in salute, dobbiamo solo fare attenzione a come la trattiamo>.

Tramite le interviste ai sette esperti, giornalisti, semiologi, linguisti e sociolinguisti, si scopre che non esiste un unico italiano, ma più italiani <ed è necessario che la lingua viva di questi contrasti tra diversi registri – ha affermato Lella Mazzoli, direttrice del Festival e dell’Osservatorio -. Gli esperti dicono che l’italiano non si impoverisce, ma cambia, vive in equilibrio dinamico che considera evoluzione di parole e società e gli attori principali sono i comunicatori, tuttavia è venuta meno la capacità di intermediazione dei media, i quali si adeguano a una comunicazione meno raffinata. Infine, c’è l’aspetto dei social network: con essi, molte persone si sono riabituati a scrivere, anche dopo tanto tempo, ma serve un educazione al confronto per arginare un imbarbarimento di lingua e comportamenti>.

Di social network ha parlato anche uno dei ricercatori del LaRiCA, Giovanni Boccia Artieri, evidenziando come <i nuovi mediatori del linguaggio siano gli influencer, nei confronti dei giovani, e gli algoritmi. Per esempio, la riproduzione automatica di YouTube, che suggerisce contenuti in base alle preferenze e prima o poi riconduce a qualcosa che contiene linguaggio d’odio, che è spesso privilegiato. Non credo che la soluzione iperregolativa che gli italiani chiedono sia positiva perché la censura, soprattutto da parte di privati, non è mai buona, ma la scuola può aiutarci a costruire comportamenti pragmatici del linguaggio che ci possono aiutare a stare nel contesto in cui viviamo, nel quale cerchiamo sempre più informazioni, ma con una ricerca banalizzata da algoritmi>.

All’apertura del Festival hanno partecipato le autorità civili, religiose e militari del territorio, compresi il prefetto di Pesaro e Urbino, Tommaso Ricciardi, e il presidente della Regione, Francesco Acquaroli, oltre alla Deputata del M5S Mirella Emiliozzi. Il direttore della Galleria Nazionale delle Marche, Luigi Gallo, ha anche annunciato una mostra a Palazzo Ducale sul Danteum, edificio progettato per Roma ma mai costruito, il cui schema architettonico era basato sulla Divina Commedia. A dare il via alla nona edizione è stata la scrittrice Stefania Auci, con una lectio magistralis incentrata proprio sulla difesa di una lingua: il siciliano. Auci, docente che ha scalato le classifiche con i romanzi storici I Leoni di Sicilia e L’inverno dei Leoni (Editrice Nord, 2019 e 2021), ha ripercorso la storia dell’utilizzo nella letteratura, da Giuseppe Pitrè ad Andrea Camilleri, di tale linguaggio, che ha <vissuto e assaporato senza pregiudizio>.

Poi è stata la volta delle “Parole del cibo”, raccontate dal giornalista ed enogastronomo Carlo Cambi, assieme allo chef Massimo Biagiali e a suo figlio Paolo, hotel manager. I tre hanno analizzato i lati positivi e negativi della sovraesposizione mediatica di cui l’enogastronomia ha goduto negli ultimi anni: <Perché occuparsi di cibo partendo dalla composizione del piatto? Quando indago una ricetta, non indago la perfezione tecnica. Un cuoco non può diventare professionista in 10 puntate di programma televisivo e la nostra sfida è quella di canalizzare nella giusta direzione l’interesse che si è creato. Ma serve professionalità, quindi la formazione è fondamentale. Non era mai stato difficile reperire personale formato come in questa stagione: ci siamo riscoperti deboli. Forse l’interesse che abbiamo dato a questo mondo non era profondo, ma qualcosa di effimero, e le mode, purtroppo, passano. Bisogna perciò preservare chi fa bene questo mestiere, perché attraverso esso si fa cultura>.

Domani la seconda giornata del Festival: si parte alle 10, sempre a Palazzo ducale, con le parole dell’architettura e quelle dei social. Alle 15.30 sarà la volta delle parole degli inserti e delle pagine culturali e dell’incontro tra linguisti e giornalisti. Chiusura alle 21.30, con lo spettacolo “Vocabolario politichese italiano 1946-2021. Un recital allegro e disperato sulle parole della politica”, a cura di Paolo Di Paolo, in scena a Teatro Sanzio.

Nel rispetto delle norme sul distanziamento e in base alle misure per il contenimento della diffusione del Covid-19, la partecipazione agli eventi del festival sarà libera e gratuita, ma a numero chiuso, con obbligo di prenotazione, di uso della mascherina e di possesso del Green Pass. Per riservare un posto basterà andare sul sito www.festivalgiornalismoculturale.it, dove si potrà consultare l’intero programma e rimanere aggiornati sulle conferme o aggiunte di ospiti.

Il Festival del giornalismo culturale è organizzato dall’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino e dall’Università degli studi di Urbino Carlo Bo, con il contributo della Regione Marche e di Sviluppo Marche Srl (Svim), in collaborazione con la Galleria Nazionale delle Marche e con il patrocinio del Parlamento europeo, della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Senato della Repubblica e della Regione Marche. Media partner sono Rai Cultura, Rai News 24, Rai Radio 3, TGR, Ansa, Consiglio nazionale delle ricerche e liveMED. Si ringraziano il LaRiCA, la Rete di scuole di Pesaro e Urbino, il Paese dei Balocchi, l’Eremo di Fonte Avellana, la Basilica di Santa Croce al Chienti e gli sponsor TVS e Cassa di risparmio di Pesaro.

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