Enzo Mari:il vero disign è morto. Tutto il resto è merce

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Schietto, polemico, attento osservatore e, per certi versi, piuttosto radicale, Enzo Mari quando parla di design non si nasconde dietro a vuota retorica. E a buona ragione. Artista, attivo esponente dell'arte programmata e cinetica, negli anni '60 si è dedicato alla grafica e al disegno, realizzando in pochi anni oggetti che hanno fatto la storia del design non solo italiano. Vincitore di tre Compassi d'Oro e presidente nazionale dell'ADI dal 1976 al 1979, Mari è "la coscienza critica del design", come afferma un altro grande maestro del disegno, Alessandro Mendini. Alla luce della sua esperienza decennale, chi meglio di lui può spiegare come si è evoluto il concetto di design e che cosa significa oggi? E la sua posizione è chiarissima.
"Siamo nel pieno dell'art pompier – esordisce Mari – e non si tratta di un complimento. Questo termine spregiativo si riferisce a una corrente artistica della Francia di fine Ottocento i cui oggetti erano un ripetersi incessante di forme, una sovrapposizione di stili per produzioni senza alcun significato. E la borghesia modaiola e totalmente ignorante alla quale l'art pompier era destinata, corrisponde perfettamente al pubblico di oggi che confonde l'oggetto di tendenza con l'oggetto perfetto. Se dovessi parlare in termini numerici, i veri oggetti di design sono pochissimi; non più di una decina in tutta la storia della progettazione e del disegno".
Che cosa intende per oggetto perfetto?
"Per rispondere a questa domanda bisogna fare un passo indietro. E' necessario capire che cosa c'è sotto la parola "design". Il design è nato come l'utopia di poter migliorare la vita degli uomini, ditutti gli uomini senza alcuna distinzione, attraverso degli oggetti perfetti. Oggetti utili, belli, che potessero durare nel tempo, fatti da e per le persone, soprattutto per quella nuova società che da sempre era stata esclusa dalla disponibilità dei beni. Realizzazioni che avevano un contenuto forte, oggetti cioè che, anche a distanza di anni, avrebbero mantenuto non solo un valore economico, ma anche sociale e culturale.Durante gli anni '50-60 esistevano ancora progettisti e imprenditori mossi da una sana passione per il lavoro, da una visione sociale del mondo produttivo.
L'artigiano/produttore partecipava alla decisione della forma insieme al designer che doveva essere promotore di valori etici e utopizzanti e tendere a ciò che è giusto. Con il moltiplicarsi delle imprese e l'avvento del mercato globale si sono perse, insieme alla cooperazione virtuosa tra progettista ed imprenditore, le implicazioni culturali della produzione di design. La logica della merce ha scalzato il design con i suoi obiettivi sociali, aprendo la strada alla produzione su larga scala dell'antitesi dell'oggetto perfetto: cose che devono apparire diverse e che sono nate per morire il più rapidamente possibile".
La produzione italiana si è sempre contraddistinta per la creatività dei suoi prodotti, il Made in Italy è diventato sinonimo di qualità in tutto il mondo…
"Stupidaggini, baggianate. La durevolezza, la qualità dei materiali, l'attenzione per i dettagli non esistono più e l'etichetta del Made in Italy rischia di rimanere solo una nomenclatura. Ciò è dovuto alla supremazia dei grandi numeri. Un'azienda, per poter sopravvivere, ha bisogno di produrre su grande scala, distribuire in tutto il mondo, fatturare a sei cifre, limitando i costi. In questo mercato vorticoso e vorace è proprio la ricerca di senso insita nello studio della forma a essere sacrificata. Immolata sull'altare della ripetizione e della riproduzione in serie. L'Italia, primissima nel design negli anni '50 e '60, non si è sottratta a questo meccanismo spaventoso; in poco tempo ha perso la sua genialità e le sue radici. In Italia, infatti, sono rimasti solo dei bravi terzisti che realizzano parti di un oggetto e non creano su un proprio progetto. E' inutile nascondersi dietro un dito: la crisi del settore del mobile – arre¬damento in Italia è decisamente marcata, dovuta dall'ingresso di Paesi come la Cina e l'India. Non è questa una previsione opinabile, ma un dato di fatto supportato da calcoli, anche piuttosto banali. Mi spiego: la creatività e l'innovazione sono il motore di sviluppo di un Paese. In termini relativi, la percentuale di creativi e innovatori si aggira per ogni Paese attorno a un 10%. In Italia vivono 60 milioni di persone, per cui abbiamo a disposizione poco più di 600 mila menti geniali. Possiamo davvero compere con la Cina o l'India che vantano oltre un miliardo di abitanti? La visione del futuro è tutt'altro che rosea, la crisi economica in Italia è solo all'inizio".

Mari: the authentic design is died. All the rest is only goods
Winner of three "Compasso d'oro" award and national president of ADI from 1976 to 1979, Mari is ""the critical design conscience", as Alessandro Mendini asserts. "We are in the mid art pompier – Mari said speaking about the concept of design but it isn't a praise. With this derogatory term he refers to objects that are a continues repetition of constant forms, an overlap of styles for creations without meaning. The public is an ignoring bourgeoisie that confuse the fashion object with the perfect object".
What means for perfect object?
"Useful, beautiful objects, that can last in the time, made by and for persons, especially for that new society that all along has been excluded from the availability of the goods. During the 50's-60's there were designers and entrepreneurs with an healthy passion for the job and from a social vision of the productive world. With the coming of the global market, the logic of the market has ousted the design, opening the way to the wide production of objects that must appear different and intended to die quickly". The Italian production has always been characterized by the creativity of its products, Made in Italy has become synonymous of quality all over the world… "
The materials that have quality and durability no more exist and the label of the Made in Italy risks to remain a nomenclature only. A company, in order to survive, has need to produce on a large-scale, to distribute all over the world, to invoice with 6 numbers, limiting the costs. In this whirling market is the search of sense, inborn in the study of the form, to being sacrificed. Italy has not been embezzled to this frightful mechanism. No companies, only good third supplier".

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